di GIANRAIMONDO FARINA
Un altro nodo centrale affrontato nelle “Grandi Utopie” sulla Sardegna è quello della questione demografica. Sanna Sanna vi si cimenta nell’analisi con tanto acume e con molta incisività, arrivando a constatazioni per nulla discostantesi da quelle degli storici moderni. In sostanza tutte le leggi di sviluppo economico legano indissolubilmente l’incremento demografico di un territorio alle particolari situazioni economiche, sociali, ambientali e politiche di un determinato contesto, soprattutto nei momenti di transizione o passaggio istituzionale. Ed è lo stesso caso della Sardegna per cui, però, il nostro aveva a disposizione, in merito, poca documentazione recente se non i lavori del Manno e del Casalis, a parte, ovviamente, i primi risultati ottenuti a seguito delle varie interpellanze parlamentari sulla Sardegna originate da quella “madre” del gennaio 1862 voluta proprio dall’ex deputato anelese. L’ indagine in merito alla questione demografica sarda partiva da un dato incontrovertibile: la Sardegna, terra più’ estesa della Lombardia, la più’ popolata allora come oggi fra le regioni italiane, era, per estensione, quasi come il Piemonte e la Sicilia. Regione fertile, ricca di prodotti ma con una popolazione di appena 600 mila abitanti e con una densità abitativa di 25 abitanti per kmq, contro i 90 del resto del Paese. Il perchè di quello stato delle cose si sarebbe dovuto riscontrare, stando alle constatazioni acute di Sanna Sanna, sia nelle varie circostanze ed epoche che aveva attraversato la Sardegna sia, soprattutto, nelle fasi di transizione da una dominazione ad un’altra. Ed in questo senso il primo periodo ad essere rivisto è quello romano, seguito da quello giudicale con la “Sardegna governata con sapienza e sentimenti di umanita’ “. Le osservazioni giuste e precise dell’ex deputato anelese, per il tempo in cui venivano formulate erano anche originali ed oggi trovano un preciso riscontro nella storiografia che sta contribuendo a riscrivere quei periodi. Tra VI secolo a.C. e VII d.C., infatti, primo arco di tempo considerato dall’ analisi demografica di Sanna Sanna, la Sardegna non era una terra demograficamente ed economicamente depressa. I pochi dati a disposizione, anche presi con beneficio d’inventario, lasciano supporre che da questi due punti di vista la distanza dalle altre terre “romanizzate” dovesse essere relativa. Le pianure erano state avviate alla produzione cerealicola già sotto i cartaginesi (VI-III sec. a.C.) e il loro livello produttivo sarebbe certamente cresciuto nei secoli di dipendenza da Roma (III a.C. – V d.C.). Le zone montane, per forza di cose a vocazione pastorale, soffrivano si l’espansione agricola indotta dai dominatori, ma (specie in epoca imperiale) beneficiavano anche della possibilità di scambi generata dalla cresciuta articolazione produttiva e commerciale. La stessa endemia della malaria non aveva impedito in epoca punica, e ancor più romana,il sorgere ed il prosperare sulle coste sarde, fatalmente esposte alla colonizzazione della zanzara anofele, di grandi città tra le più fiorenti del Mediterraneo occidentale. Alla luce di cio’, la densità di popolazione dell’isola tra età repubblicana e principato, veniva valutata da alcuni storici attorno ai 300.000 abitanti. Un dato che, senza dubbio faceva ancora riflettere Sanna Sanna visto che si trattava, quasi esattamente, dello stesso numero di abitanti che nel 1720 erediteranno i piemontesi dopo cinque secoli di dominio spagnolo.
Ritornando, quindi, ad una rilettura più’ generale storico-economica del problema demografico in Sardegna, sollevata da Sanna Sanna, si puo’,da subito, aggiungere una diversa riconsiderazione dei due fenomeni negativi che hanno, per secoli, contraddistinto la storia isolana: poverta’ e spopolamento.
In effetti, nel contesto storico europeo, le caratteristiche più tipiche tradizionalmente attribuite alla Sardegna erano l’endemica povertà demografica e l’arretratezza economica. Tali fenomeni, fusi insieme nell’immagine di una terra senza storia, avevano finito per creare una vera convenzione storiografica, come se si fosse trattato di dogmi indubitabili, non meritevoli di accertamento critico.
Benché nel corso del XX secolo sia notevolmente migliorata la capacità di giudizio storico sui problemi dell’isola, avvalorati anche da queste inedite considerazioni di politici del XIX secolo come Sanna Sanna, hanno faticato a farsi largo, sia a livello accademico sia nella percezione diffusa, analisi più meditate e obiettive rispetto al radicato pregiudizio di un destino ineluttabile di povertà e spopolamento. In realtà, questi due fenomeni, pur reali e drammatici, non esauriscono la storia di un popolo e della sua terra: ne costituiscono però una possibile chiave di lettura. In ogni caso hanno cause che, sia pure nella loro complessità, l’analisi storica ha il compito di discernere, senza arrendersi ai luoghi comuni. Ed e’ stato questo il senso del tentativo politico di una moderna rilettura del fenomeno fatta da Giuseppe Sanna Sanna. Rilettura seguita nell’accompagnata e la ripresa, di questa lettura nel 1934, in pieno fascismo, dalle originali posizioni assunte, in merito, dall’ economista e storico economico sardo ora dimenticato, Gavino Alivia.
In questa sede, quindi, si cercherà di raffrontare la grande questione demografica sarda, di cui Sanna Sanna e’ stato uno dei primi, nel XIX secolo , a darne una moderna lettura, con le importanti conclusioni cui, fin dagli anni Trenta del XX secolo, perverrà l’accademico sassarese. Chi era, innanzitutto, Gavino Alivia? Si tratta di una figura, definita dallo storico economico Giulio Sapelli “che è stupefacente apprendere quanto sia stata misconosciuta e negletta da schiere di studiosi”. Nasceva a Sassari il 21 settembre 1886 e moriva nella stessa il 21 aprile 1959. Laureatosi a Roma con Maffeo Pantaleoni, tornò a Sassari per lavorare come funzionario economico e industriale, fu infatti segretario generale della Camera di commercio dal 1919 al 1931 e, poi, segretario generale dell’Unione industriale di Sassari. Studiò la Sardegna da economista e demografo collocando al centro delle proprie analisi il problema della popolazione in rapporto al territorio, proprio come intuito sessant’anni prima da Sanna Sanna sul piano politico. Ci sono due suoi scritti, che riprenderemo nelle prossime puntate nella rilettura comparata della questione demografica delle “Grandi Utopie”, che ben delineano la posizione di Alivia sul tema. Si tratta, precisamente, di “Fattori naturali e storici della economia della Sardegna”,scritto nel 1934,e di “Economia e popolazione: il problema della Sardegna”. Due dei numerosi suoi contributi che testimoniano della continuità di una ricerca attorno ad un problema giudicato fondamentale per l’individuazione delle “cause vere e profonde del ritardato sviluppo demografico, economico e civile della Sardegna” e delle soluzioni che era possibile adottare per risolverlo. La popolazione, quindi, in Alivia, come lo fu pioneristicamente in Sanna Sanna (che non era nè economista, ne’ accademico, ma attento conoscitore ed osservatore delle cose sarde), era, quindi, il perno esplicativo attorno a cui ruotava il complesso delle analisi del docente turritano sull’arretratezza della Sardegna. Questo perche’ essa è uno degli elementi fondamentali di un paese. Scriveva per questo nel 1935: “Il numero degli abitanti, la loro costituzione fisica, la loro energia, l’educazione, la distribuzione per sesso, per età, per professione, la loro dispersione sul territorio, sono altrettanti coefficienti di prosperità o di malessere che hanno talvolta un peso assai maggiore che non le condizioni dell’ambiente naturale, alle quali si ha soprattutto riguardo nel giudicare della economia di una regione”.
Motivo per cui la rilettura di alcune pagine di Alivia, fin dai passaggi introduttivi e generali, sembrerebbe la traduzione concreta di quanto intuito e denunciato nel lontano 1871 da Sanna Sanna nelle sue “Utopie” che tali, alla fine, anche con riferimento al secolare caso demografico, non saranno.
Ciao Gian Raimondo e complimenti per il testo ricco di spunti e informazioni. Questioni analoghe sono esposte da Vincenzo Bacallar-Sanna, anche se relative agli inizi del Settecento.
Dai spazio ai vari esperimenti di colonizzazione dell’Isola .
Problema che ho affrontato nella cerimonia di commemorazione di Sanna-Sanna ad Anela. “Le grandi Utopie sulla Sardegna” contengono numerosissime notizie e dati interessanti che fanno ancora riflettere come hai egregiamente sottolineato. La Sardegna non e’ una regione depressa, ma sottosviluppata, ricca di potenzialita’ e secolarmemte
mal amministrata. Fortza paris.