di LUCIA BECCHERE
Torna in libreria con Potrebbe piovere. Storie di piccole crepe del quotidiano (Robin edizioni) la scrittrice nuorese Mariachiara Farina che vive e lavora come avvocato a Milano.
«L’idea di questo libro – racconta l’autrice – nasce da quella affluenza lavorativa che si riscontra a Milano con percorsi difficili da immaginare quando si va alla ricerca di falsi miti: successo, ammirazione per le grandi città e per la grande impresa. Situazioni che spesso esplodono e mettono a nudo tutte le contraddizioni e le negatività talvolta mascherate da slogan di valori quali l’uguaglianza, la parità di genere, la prospettiva di un futuro migliore, ideali questi usati come strumenti per raggirare situazioni diverse a favore di una causa che niente ha di positivo».
Quanto c’è di personale? «I tredici racconti riportano esperienze in parte osservate in prima persona, in parte riportate da amici che si sono resi conto come dietro tanto luccichio ci fosse ben altro. Penso ad alcune amiche che si sono trovate in contesti lavorativi dove si prometteva di valorizzare l’apporto della donna facendo leva sul bisogno di affermazione della figura femminile mentre, in realtà, tutto era mirato a trarne la maggiore utilità possibile senza altra prospettiva di crescita umana e professionale».
Perché nel racconto di apertura l’io narrante è un gatto? «Per adottare un punto di vista distaccato mi serviva una riflessione esterna. Chi più di un animale che è istintivo e vive seguendo i suoi bisogni primari senza tutta quella componente indotta che appartiene all’uomo, può riuscire ad avere uno sguardo distaccato su quello che è il nostro modo di vivere?».
Tipo? «Nel caso specifico stavo analizzando gli eventi del salone del mobile legato al mondo del design, dove si parte da ideali estetici innovativi per arrivare ad un contesto effimero in cui di estetico o di funzionale non c’è un granché».
C’è anche dell’ironia e del grottesco nel raccontare. Perché? «La testimonianza di una persona che lavora nel marketing che sviluppa il suo racconto in chiave ironica, dimostra come spesso non ci sia niente a beneficio del consumatore. Sarà proprio lo strumento della caricatura e del grottesco a far esplodere l’irrazionalità dietro i comportamenti».
Nel libro affronta anche il tema della tutela dell’ambiente. «Stiamo vivendo una fase di transizione energetica e le vecchie risorse si stanno estinguendo, per il funzionamento del nostro sistema economico occorre passare a delle fonti di energia nuove. Questa esigenza porta tante aziende a mascherare il loro operato come attenzione all’ambiente. Pratica molto comune chiamata greenwashing o ambientalismo di facciata – per noi tunicare – che serve a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi dovuti alle proprie attività e ai propri interessi».
Parla anche di formazione e protezione lavorativa? «Molte persone, assunte in azienda con l’impegno di frequentare stages formativi, sono costrette a lavorare in condizioni dure senza che nessuno si occupi di loro con la giustificazione: “Noi siamo per il learn by doing” (imparare facendo), parole altisonanti che talvolta sottendono contenuti di sfruttamento».
Cosa distingue il nord dal sud? «Ho la possibilità di vivere in due mondi diversi, lavoro al nord ma provengo dal sud dove il senso di identità forte e radicata ci inserisce in un contesto relazionale più protetto che evita di perderci».
Quale messaggio vuole veicolare? «Il mio intento è puramente narrativo non documentaristico o d’inchiesta. Non arrivo a proporre una soluzione ma invito a tenere aperti gli occhi per non prendere per oro tutto quello che brilla. Senza essere individualisti bisogna partire sempre da se stessi, mai abdicare al proprio spirito critico e alla propria possibilità di scelta. Occorre essere concreti, non ragionare per slogan o adottare criteri definiti da altri per evitare di rimanere invischiati in situazioni deludenti».
per gentile concessione de https://www.ortobene.net/