di GIANRAIMONDO FARINA
Per concludere degnamente le celebrazioni del Bicentenario della nascita di Giuseppe Sanna Sanna, che nel corso del 2021, ci hanno visto impegnati con una serie di momenti e, soprattutto, di articoli e contributi scientifici del sottoscritto, tendenti a rimarcare, con nuova luce, altri ed originali aspetti del pensiero e della politica del grande figlio di Anela, non poteva non mancare all’appello quello che puo’ essere, a buon diritto, considerato il suo “testamento”. Per la precisione si tratta dell’opera “Le grandi utopie sulla Sardegna”, uscita per le stampe del Corriere di Sardegna di Cagliari nel 1872. Un’ opera, questa, che non e’ altro che una raccolta ed una ristampa di una serie di articoli, aventi, appunto, ad oggetto le cosiddette “grandi utopie” sulla Sardegna apparse nei primi mesi del 1871, a firma Sanna Sanna, nelle pagine del giornale allora diretto da Giovanni Battista Tuveri, ma effettivamente sostenuto economicamente dall’ ex deputato anelese. Per la cronaca, siamo nel 1871, Sanna Sanna non e’ piu’ deputato da sei anni,ma non smette mai di occuparsi della politica e della Sardegna, essendo in quel periodo consigliere della Deputazione provinciale di Cagliari, nonché impegnato, come azionista, nella difficile impresa di dare avvio in Sardegna ad una compagnia ferroviaria utilizzando il brevetto Lamarjant, unico in Italia. Gia’ nell’introduzione della raccolta l’ormai ex deputato rivela, nello scrivere, di aver accondisceso ad una pressante e giusta richiesta pervenutagli da piu’ parti. La Sardegna, purtroppo, nonostante la tanto conclamata ed invocata “fusione perfetta”, realizzatasi nel 1847, con gli Stati Sardi di Terraferma, continuava a vegetare in un latente stato di abbandono, quasi a livello di “semicolonia”. E’ molto interessante rilevare come Sanna Sanna, nell’introduzione, non faccia alcuna distinzione fra storia costituzionale del Regno di Sardegna, iniziata in quel “fatidico” 1848 e nascita del nuovo Regno d’Italia (1861): il tutto da leggersi in un unico “continuum” storico, sociale e politico. Anzi, stando alla lucida lettura fornita dall’uomo politico anelese, questo percorso storico, per l’isola di Sardegna, era, appunto, iniziato un anno prima, nel 1847, con la citata ” fusione perfetta” che avrebbe dovuto (come di fatto avvenne) uniformare le antiche ed autonome istituzioni isolane a quelle continentali del Regno, motivo per cui si parlera’, in modo piu’ appropriato, di “finis Regnum Sardiniae”.
Tanto e’ vero che le “Utopie” vengono, da subito, presentate dall’autore come un sunto di 23 anni di storia in piena continuita politico-istituzionale fra Regno di Sardegna e Regno d’Italia e dove, purtroppo, la visuale sugli atavici problemi isolani non era per niente cambiata di prospettiva. Alla luce di cio’ l’interessantissimo scritto, pervenuto nelle mani del sottoscritto, e frutto di un lascito di Bruno Carlo Manunta, parente di Sanna Sanna, dopo un’ originale e sempre attuale piccola digressione sul concetto di utopia e su cosa volesse significare essere stati utopisti nell’Europa, nell’Italia e nella Sardegna di quel fatidico biennio riformista – rivoluzionario 1846- 1848, si presenta strutturato in sei capitoli ai quali, in questa presente sede, e’ stata data dal sottoscritto una chiave di lettura storico-economica. Per la precisione,i primi due affrontano lo “status” della Questione Sarda analizzando l’annosa questione dei collegamenti interni (strade ferrate) ed esterni (porti e collegamenti marittimi). Un altro tema storico-economica molto caro a Sanna Sanna, che rappresenta sostanzialmente il “cuore” delle “Utopie” e’ la mai risolta questione demografica sarda, vista ed analizzata in chiave storica, dai romani fino alle flebili politiche di ripopolamento sabaude. Proprio perche’ alla base di qualsiasi sviluppo economico di un territorio vi e’ un sostanziale e significativo incremento della popolazione. Aspetto che, purtroppo, non avvenne in Sardegna nell’arco di appena 150 anni di dominazione sabauda. Di tale questione, nello specifico, se ne occupano succintamente i successivi tre capitoli, lasciando all’ultimo l’analisi di un altro aspetto della questione sarda: la secolare “questione ademprivile” risolta solo in parte con la legge 4 gennaio 1863. Ma andiamo con ordine ed affrontiamo ora, criticamente, la disamina storico-economica che Sanna Sanna fa della situazione dei collegamenti interni ed esterni della Sardegna al 1872. Uno dei primi benefici apportato dalla “fusione” e’ stata, indubbiamente, la soppressione delle barriere doganali, che ovviamente aveva avvantaggiato gli scambi commerciali fra l’isola e la Terraferma “sarda”. Sanna Sanna, pero’, osservava acutamente come questo passaggio “cruento” fosse avvenuto senza alcun provvedimento legislativo transitorio che fosse stato in grado di preservare e garantite gli altri scambi commerciali gia’ avviati ed in atto con la Francia ed il resto degli Stati preunitari italiani. Questa situazione di “stallo” commerciale duro’ per circa 14 anni fino al completamento del processo di unificazione nazionale. In tal senso l’uomo politico anelese, come del resto tutti i grandi protagonisti di quell’epoca, e’ ben lucido nel fare proprio un importante passaggio della storia economica italiana che spesso e’ stato volontariamente messo da parte: ossia che il Risorgimento e’ stato prima che politico anche economico. E per la Sardegna sarebbe gia’ dovuto partire fin da quel fatidico 1847. La disamina, poi, ricca di date, dati e circostanze, si volge a quello che, forse, e’ “il cuore” del pensiero e dell’azione politica di Sanna Sanna: la grande ed irrisolta questione dei trasporti, da intendersi come parte integrante della Questione Sarda. Probabilmente, anche dai documenti consultati, nessun altro politico isolano aveva presente, in tal senso, un quadro piu’ lucido e preciso di lui. Motivo per cui Sanna Sanna puo’ benissimo essere assurto anche a vero e proprio antesignano propugnatore della cosiddetta “continuita’ territoriale”. Ma cos’era per lui questa “continuita’ territoriale”? Era, innanzitutto, una “continuita’ interna” o, piu’ precisamente, concernente il reale sviluppo e potenziamento infrastrutturale e, soprattutto, ferroviario, da costruire totalmente assieme a quello stradale. Su questo punto si precisava come fosse stato previsto gia’ a suo tempo un finanziamento di ben 8 milioni di lire sarde che, pero’, a causa di continui storni, dovette vedersi allungare i tempi di realizzazione ed i relativi costi: da 6 a 12 anni i primi; da 8 ad altri 12 milioni di lire i secondi. Motivo per cui, osservava acutamente l’ex deputato al 1860, ossia agli albori dell’Unita’ d’ Italia, la Sardegna si trovava con le casse riservate alle strade praticamente vuote. Ecco che, allora, viene fatto esplicito riferimento alla famosa interrogazione parlamentare del gennaio 1862, la prima fatta nel nuovo organo elettivo ed avente ad oggetto la cosiddetta ” questione sarda”. L’autore di tale interrogazione, che tenne impegnata la Camera per due giorni, era stato proprio l’ex deputato anelese che, nel silenzio generale, con coraggio e decisione, aveva preso la parola, “inchiodando” l’assemblea sui problemi ed i bisogni dell’isola, anch’essa “figlia prediletta d’Italia”. Ebbene, con riferimento a questo scritto, seppure citandonsi indirettamente, Sanna Sanna teneva a precisare come fosse stata quella sua precedente e solenne interpellanza del 1862 a sbloccare, in 15 giorni (!) la questione viaria interna sarda con la presentazione di un progetto di legge che avrebbe richiesto i fondi necessari per il completamento della rete stradale sarda, gia’ prevista dalla legge del 1850. Ma perche’ questa interpellanza riuscira’ a fare subito “breccia” nel governo? Molto probabilmente era stato il difficile momento in cui si trovava il governo Ricasoli della Destra Storica che, di lì a poco, sarebbe caduto e succeduto dal governo Rattazzi, il primo di un’esperienza di sinistra nella storia costituzionale italiana. Governo cui, sebbene da posizioni radicali e mazziniane, darà il suo sostegno Sanna Sanna che, forse per questo, verra’ nominato, grazie anche alla scoperta del sottoscritto dopo attente ricerche, unico sardo, componente di un’importante commissione parlamentare dei lavori pubblici, quella inerente la costruzione del condotto telegrafico sottomarino fra la Sicilia e la Sardegna. E, senza ombra di dubbio, esaminando criticamente questo passaggio, non si puo’ non rilevare come il primo governo “italiano” ad occuparsi realmente della “questione sarda” sia stata, proprio grazie all’azione di Sanna Sanna, quella prima, breve, esperienza prodomica di sinistra storica rappresentata dal Rattazzi I nel fatidico 1862. La disamina del capitolo II delle “Utopie”, avente ad oggetto lo “status” della rete viaria sarda proseguiva, poi, con il riferimento indiretto all’allora ministro dei lavori pubblici del Ricasoli II, il fiorentino Ubaldino Peruzzi, futuro sindaco di Firenze dal 1870 al 1878 e propugnatore dello sviluppo della rete ferroviaria nazionale. Tale ministro, estrazione della destra cavouriana, autorevole esponente del liberalismo toscano, veniva reso oggetto di un’attenta critica “positiva” da parte Sanna Sanna per via di una sua errata interpretazione di un ordine del giorno del summenzionato progetto di legge alla Camera. Infatti egli aveva aggiunto erroneamente al progetto di legge d’iniziativa governativa sulla rete viaria sarda anche il tratto da Nuoro a Monti, motivo per cui il costo complessivo dell’intero progetto sarebbe lievitato dai 12 milioni iniziali ai 24 milioni di lire:una cifra attualmente corrispondente, stando alle rivalutazioni monetarie, alla non trascurabile entita’ di 117.575.728 euro. Alla luce di cio’, chiosava Sanna Sanna, “la rete stradale isolana”,tenendo conto dei due provvedimenti del 1850 e del 1862 non si sarebbe che realizzata e completata almeno nel 1876, dopo ben 28 anni dalle cosiddette grandi utopie del 1848. L’ultimo passaggio del capitolo stradale riguardava la mancata costruzione di alcuni collegamenti viari strategici nella provincia cagliaritana, di cui al momento egli era deputato, come la strada da Pula a Teulada ed anche dalla Maddalena di Pula alla Plaja di Cagliari. Senza, peraltro, trascurare la difficile situazione viaria che interessava l’altro suo, ultimo ed antico collegio elettorale, quello di Ozieri. In tal senso le argute osservazioni mettevano in evidenza e criticavano la totale incongruenza delle scelte perpetrate dal contemporaneo ministero dei lavori pubblici guidato dall’abruzzese Emidio Giuseppe Devincenzi, autorevole esponente del governo Lanza (1869- 1873). Il ministro, infatti, aveva optato,inspiegabilmente, per la realizzazione del tronco stradale da Ozieri a Perfugas a detrimento, invece, di quello piu’ importante da Ozieri a Tempio, che, stando alla lucida e giusta osservazione di Sanna Sanna, avrebbe completato l’asse centrale isolana da Cagliari a S.Teresa. Tronco stradale per la cui realizzazione veniva auspicata la presentazione di un apposito progetto di legge con gli studi di fattibilita’ gia’ approvati. Progetto di legge che avrebbe dovuto trovare il pieno appoggio del deputato Francesco Sulis, successore di Sanna Sanna nel collegio di Ozieri, docente universitario a Pavia, grande fautore della “fusione perfetta” del 1847, che nelle elezioni per l’XI legislatura del 20 e 27 novembre 1871, proprio ad Ozieri, aveva sconfitto il deputato uscente, nientemeno che Giuseppe Garibaldi.
Bella ricostruzione storica degli. Avvenimenti dell’epoca… Dove il mio antenato fu protagonista per la costruzione delle opere stradali e ferroviarie dell’isola…
Ottimo lavoro!