di SOPHIE CAMPAILLA
Carla Mura ha fatto dell’arte la sua vita. Venti anni di carriera artistica che l’hanno portata pian piano a maturare il suo stile passando da una pittura acrilica fino a trovare la sua strada con l’utilizzo del filo.
Artista da ormai 20 anni, com’è nata la tua passione per l’arte? Ho sempre avuto interesse per l’Arte sin da piccola, l’Arte in ogni sua forma, sia estetico-visiva da piccola, sia l’Arte visiva o performativa da ragazza. Ho visto e visitato molti musei del mondo da ragazza, a New York, Parigi, Praga, Barcellona, in Olanda, Berlino e ho raccolto molte informazioni in merito, ma ho anche visto sempre l’Arte come una forma di “grandezza” dell’essere. Da ragazza a Cagliari, la mia città natia, andavo a vernissage in studiovisit di artisti ed era sempre una bella scoperta ed emozione. Sono anche andata alla Laurea ad honorem all’Università di Cagliari conferita alla brava sarda Maria Lai. Ho avuto poi dei compagni di vita completamente immersi nell’arte, sia fotografica che musicale. L’arte quindi in tante forme ha sempre fatto parte della mia vita.
Sei passata da una pittura acrilica all’utilizzo del filo per realizzare le tue opere: perchè questa scelta e cosa rappresenta per te l’utilizzo del filo? Ho iniziato facendo quadri con la pittura all’età di 26 anni, acrilici, materia pure, spessore, grandi quantitativi di acrilici (appena entravo nel negozio dove compravo questi colori e materiali) mi mettevano il tappeto rosso. Poi sono passata al filo dopo aver terminato la mia esperienza con la tecnica acrilica perché era satura ormai, avevo espresso tutto. Il filo è stato una passione a prima vista, tanto è vero che ormai dal 2004 non l’ho più lasciato. Mi appaga molto, mi dà quello che voglio, sia in termini di soddisfazione personale sia di elemento tattile con cui lavorare, sia di risultato dei miei pensieri ed emozioni.
Cosa provi quando ti ritrovi a creare arte? Cosa si prova? Mah! tante cose. Si prova un profondo stato di intromissione, di presenza del tuo essere, di silenzio interiore, e di comunicazione con il mondo successivamente. Si prova quello che in quel dato momento tu sei esattamente. L’espressione diventa quindi copia di uno stato esistente e vero. Totalmente reale. E’ per questo che i quadri, le opere, sono sempre diverse tra loro. Noi artisti abbiamo varie facce, nel positivo termine e senso, a seconda del momento realizziamo in un modo o in un altro. Nel mio lavoro non esistono due quadri uguali.
Se dovessi chiederti l’opera per te più significativa tra quelle realizzate e quella più difficile da realizzare? Una delle opere più rappresentative del mio inizio carriera è un quadro di dimensioni cm 180 x 180 che ha per titolo “Arpeggi naturali” che io ho fatto dopo un mio viaggio a Zanzibar, in Tanzania. Un viaggio che mi ha veramente dato moltissimo. Quando sono arrivata lì, mi sono messa a piangere, è stata una liberazione. Non è stato un viaggio in un villaggio turistico, ma un viaggio dentro l’Africa, con le mani che lavavano i panni, e i masai che facevano da guardia alla casa dove stavo, i serpenti che strisciavano nel cortile e i bambini che giocavano in spiaggia con i cilindri degli allora rullini fotografici (li ricordi?). E’ stato un viaggio liberatorio, un viaggio ricco di armonia, armonia con il mare, con il cielo, con la gente del posto, con la natura. In quel viaggio presi e portai a casa una grande quantità di spezie africane e realizzai il mio quadro con le mie mani, nel quadro infatti si possono vedere le ditate in toto.
Hai preso parte a diverse mostre in tutta Italia, ce n’è stata qualcuna più significativa o hanno avuto per te eguale valore? Molto significativa è stata una mostra collettiva che io feci alla Galleria di Arte Moderna di Roma, quando vivevo a Roma. Quel posto ha un fascino silenzioso bellissimo. L’Arte e i luoghi d’Arte ci insegnano il rispetto. Un’altra mostra a cui sono molto legata è stata a Venezia tre anni fa, tra l’altro ero incinta di mia figlia Stella, quindi con un pancione grandissimo. La mostra organizzata da Bruno Grossetti aveva una vista sul Canal Grande, un vero spettacolo e una vera emozione.
Sei stata coinvolta nel progetto della Galleria Vik di Milano. Parlaci un po’ di questo progetto. Ho iniziato una collaborazione con l’albergo a 5 stelle che sta in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, il Vik. La mostra è curata da uno dei miei curatori Alessandro Riva, che è una persona un po’ geniale, molto esperto d’arte contemporanea. Io ed altri artisti da tutto il mondo abbiamo “arredato” 40 stanze con i nostri lavori, che devo dire stanno riscuotendo enorme successo di pubblico e visibilità, anche grazie al gusto e alla particolarità del posto. Da questo nasceranno nuove cose, nuovi lavori, sia all’interno del Vik sia per altri ambiti o con diverse interpretazioni ad hoc.
Per questa galleria tu che genere di opere hai realizzato? Io ho all’interno dell’Hotel Vik undici miei quadri. Realizzo sempre quadri e non sculture, alcuni sono sotto plexiglass, altri incorniciati. Ci sono la mia serie dittica “I pappagalli” che fronteggiano il letto della suite 307 MURA, e poi la mia serie Metropoli, e le mie finestre al mondo! Ho inserito anche un “Omaggio a Van Gogh” eccellente esempio di unicità di colori e moto d’animo.
A proposito di progetti futuri, il 29 marzo sarai sempre a Milano in mostra. Di che evento si tratta e quali opere esporrai? Si, la mia prossima esposizione sarà in una Libreria storica, del 1775, a Milano, Libreria Bocca. La mostra ha il titolo “L’arte perfetta” e sarà curata da Vera Agosti. Porterò 20 quadri di piccole e medie dimensioni anche di ultima realizzazione, su plexiglass e marmo. Ci saranno anche i miei pattern di sempre, sia la serie” metropoli” che i miei “modelli metereologici”. Vuol essere una riflessione sulla perfezione in Arte e nel mondo. Ne parleremo più avanti.
Concludiamo sempre la nostra intervista con una domanda: cosa vuol dire per te essere una donna vera? Questa è una domanda molto interessante e che può avere veramente molta riflessione. Una donna vera è una donna che dà. Che dà in tutti i sensi. Svolge una funzione nel mondo e quindi nella società di “portatrice” di valori, di esperienze vissute dove estrapola una morale fruibile da ognuna di esse. Riempie i vuoti intellettivi ed intellettuali dove ci sono. Non smette di credere nelle realtà positive e ne dà prova mettendo in pratica una pratica concreta in vari ambiti o situazioni, quello che la vita le dà.