di GLORIA SINI
Questo non è un argomento da ultimo discorso in scaletta, penso che dovesse essere il primo e penso che il famoso e tanto dibattuto “spazio ai giovani” dovrebbe anche essere monito di questo.
Quindi va bene, ultimo ma non per ordine d’importanza.
Questa vuole essere una confessione, dobbiamo confessarci oggi perché non siamo stati in grado di tutelare la nostra isola, ne abbiamo parlato benissimo, abbiamo fatto tre giorni a lodarla ma noi non siamo stati in grado di difenderla quando ce n’era bisogno; quindi, largo ai giovani ma pensiamo al futuro.
Parleremo quindi di un’analisi retroattiva dei dati, un’analisi retroattiva degli incendi e di tutto ciò che è successo in questi anni.
Parleremo dei fattori che alimentano le fiamme; pianificare e prevenire.
Inoltre, cosa possiamo fare, cosa possiamo portarci da questi tre giorni per provare a pianificare per prevenire a progettare un futuro per la Sardegna?
La storia deve essere un monito, la storia ce lo ha insegnato, negli anni abbiamo distrutto foreste, abbiamo distrutto piante secolari, sono morte persone: non quest’anno per fortuna.
Ci sono stati danni, danni ingenti, sono stati distrutti 20.000 ettari di foreste e sono stati impiegati 7000 uomini che hanno impiegato le loro forze, di giorno e di notte, per spegnere gli incendi.
Abbiamo perso il lavoro, abbiamo perso la produzione, sono stati persi i ricordi, i ricordi dei nostri avi, i ricordi dei nostri amati nonni che hanno faticato tutti questi anni per ottenere quello che avevamo.
Ci avevano avvisato, le date parlano chiaro, era il 27 di aprile, la definivano una saccatura atlantica, ci sarebbero state risalite di massa di aria calda dal nord Africa con aumento delle temperature e venti di scirocco. Al 22 di luglio infatti è andata così, le fiamme si abbattevano a ventaglio, riuscivano ad alimentare anche ciò che era già stato spento, è stato letteralmente un inferno.
In realtà il rovescio della medaglia dei cambiamenti climatici è anche un altro, gli allagamenti. Quell’immagine lì, è un’immagine di tre giorni fa nell’oristanese, pensate la stessa cosa che stava rischiando di ucciderci a luglio e ad agosto, adesso sta rischiando di farci affogare: si chiama crisi climatica.
Lo spopolamento è un altro fattore, un’analisi dell’università di Cagliari prevede che entro il 2031 ci saranno 27.000 abitanti in meno in Sardegna, quindi trentuno paesi verranno abbandonati. Sapete cosa vuol dire questo? verrà abbandonato il territorio, ci sarà un’incuria generale e questo c’è già adesso. Dobbiamo renderci conto che se noi giovani ce ne stiamo andando dall’isola, e pensate che io parlo di sardi di seconda generazione (perché io arrivo da Como nata a Como) è per colpa di questo e noi siamo i primi a causare questo.
Qual è la differenza tra queste due immagini? un deposito di combustibile e la zona del Montiferro? nessuna non c’è esattamente nessuna differenza, qui può prendere fuoco in un qualsiasi momento la scintilla c’è. Il fuoco non va dove il combustibile non c’è, laddove non c’è benzina un motore non parte.
Non vanno abbandonati i boschi, gli alberi vanno tagliati, c’è un costante abbandono dell’entroterra quando questa dovrebbe essere resa assieme alle campagne, luoghi più produttivi. Dovremmo abbandonare stupide deroghe che prevedono il rimboschimento e prevedono addirittura il divieto di pascolo in queste zone. L’animale brucante ruba sostanza secca alla furia del fuoco incamerando unità foraggere su sé stesso.
Pianificare e prevenire, è questo che dobbiamo fare.
Pianificare vuol dire avere una cura costante del territorio in equilibrio con i pascoli, entrare nell’ottica di una socioeconomia, effettuare interventi selvi culturali e la messa a dimora di postime autoctone, una gestione forestale regionale con sinergie tra pubblico e privato. Ad esempio, i sistemi forestali a mosaico, in cui aree di bosco naturale si alternano a boschi pascolati o soggetti ad utilizzazioni servi culturali con oliveti e vigneti tenendo conto della viabilità, risorse idriche e rischio di propagazione del fuoco
Bisogna prevenire, io porto qua le idee: bisogna prevenire con la formazione, la formazione porta alla crescita (la crescita personale), la conoscenza porta ad una nuova professione, creare delle professioni che siano in grado di intervenire nel territorio sulla base delle loro conoscenze. Se c’è lavoro c’è cultura, ma c’è anche professionalità. Quindi bisogna fare formazione e mappare le zone a rischio.
Io porto un esempio, il progetto prende il nome di “Italia che cambia”, è un progetto che potremmo utilizzare come spunto e ha come scopo quello di mappare e mettere in rete quel pezzo di paese che di fronte a un problema agisce da solo, non vuole pubblicità lo fa senza delegare o aspettare che qualcuno lo faccia al suo posto; vuole offrire strumenti di facilitazione. Potremmo prendere un po’ di spunto da loro…
Per essere efficace, la prevenzione deve agire sulle cause remote, bisogna impedire alle scintille di propagarsi, non devono propagarsi le fiamme. Prevenzione vuol dire tante cose, vuol dire cura del territorio, coltura nel territorio e cultura nel Territorio. Prevenzione è anche conoscenza dello stato delle dinamiche di criticità di ogni paese.
Scusa Sardegna, non siamo stati in grado di proteggerti.
Ci sono po’ di pericoli all’orizzonte, non dobbiamo solo preoccuparci delle fiamme di luglio, pensando che ormai è andato tutto in cenere e fa niente; dobbiamo preoccuparci del futuro: uno studio indica che circa il 14% della Sardegna è a rischio frane ed inondazioni. Non da meno parliamo di 3 giorni fa, la zona dell’Oristanese fa parte del 14%, auspichiamo quindi che anche in Sardegna, il piano nazionale di resilienza possa salvaguardare il territorio, creare un ripristino e la messa in sicurezza di aree esposte a rischio.
non vogliamo rischiare di perdere di nuovo la Sardegna. Cosa può fare la FASI? dobbiamo essere imprenditori di divulgazione di questa conoscenza, esporre quali sono i nostri rischi, bisogna intervenire politicamente, bisogna agire, dobbiamo farci sentire perché ancora una volta, scusa Sardegna, se non siamo stati in grado di tutelarti.
Dobbiamo intervenire ora, bisogna che i fatti nel mondo che hanno conoscenze che perché magari hanno la cultura e hanno studiato per questo, possano intervenire, perché possano metterlo anche disposizione gratuitamente per la loro isola. La FASI deve prevenire, ma bisogna anche essere solidali.
La burocrazia non deve fare più danni delle alluvioni. non si parla mai di boschi non si parla mai di incendi se non quando i boschi sono diventati cenere. Bisogna raccontarli in maniera efficace, bisogna vederli come un punto di reddito, bisogna vederli come il nostro futuro, la nostra casa.
Un caro saluto a Gloria
Uno degli interventi che ha catturato maggiormente la mia attenzione. Un argomento di primaria importanza che mi ha rapita ed emozionata. Grande ammirazione per la rappresentante giovane del circolo di Como e per tutti i giovani in generale presenti al congresso.
Abbiamo tanto da imparare da loro. Sarebbe ora di dargli veramente gli spazi che meritano.
Davvero un ottimo intervento.
Credo che con Gloria si potranno portare avanti interessanti iniziative per avvicinare sempre più giovani ai Circolo che stanno loro stessi soffrendo per l’inevitabile cambio generazionale.