di PAOLO PULINA
Tra le opere dello storico e bibliografo Francesco Floris, dei cui meriti di studioso abbiamo dato conto in questo sito nell’articolo reperibile a questo link
https://www.tottusinpari.it/2021/10/22/francesco-floris-cagliari-1939-2014-studioso-benemerito-per-gli-studi-sulla-storia-sarda-e-per-la-pubblicazione-di-preziose-opere-generali-comprese-quelle-bibliografiche-relative-al-cont/ , spicca sicuramente “La Grande Enciclopedia della Sardegna: eventi storici, politici e culturali, artistici, letterari, sportivi, religiosi, soldati e attori, gastronomia, costumi e bellezze naturali dalle culture prenuragiche fino ai grandi avvenimenti del nostro secolo”, Roma, Newton & Compton – Cagliari, Della Torre, 2002; volume unico di pagine 1174.
Come abbiamo già detto nell’articolo citato, quest’opera è uscita in versione speciale, aggiornata e ampliata, in 12 maneggevoli volumi (10 con i lemmi in ordine alfabetico da Abate a Zurru – il decimo volume anche con la cronologia globale della Sardegna – più uno di “Aggiornamenti 2008”, più un altro intitolato “La memoria dei luoghi”, repertorio bibliografico sulle opere dedicate a ciascuno dei centri abitati della Sardegna), in abbinamento al quotidiano di Sassari “La Nuova Sardegna” nel 2007, a cura di Francesco Floris, progetto e consulenza editoriale di Manlio Brigaglia, coordinamento redazionale di Salvatore Tola, collaborazione di una qualificata équipe di specialisti.
Presentiamo questa monumentale impresa informando innanzitutto che il seguente link https://www.lanuovasardegna.it/regione/2007/10/10/news/tutta-la-sardegna-nelle-6000-pagine-dell-enciclopedia-1.3299142 rimanda al sito web de “La Nuova Sardegna” dove è riprodotto il testo della presentazione firmata dal professor Brigaglia e pubblicata nel giornale cartaceo il 10 ottobre 2007.
Aggiungiamo qui di seguito la prefazione che compare all’inizio del primo volume dell’opera, che è firmata “l’Editore”.
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Nota dell’Editore
«Un’enciclopedia della Sardegna. Sembra facile: forse per l’idea che, dovendosi confrontare con una realtà che è sostanzialmente limitata dai suoi stessi confini geografici, non si corre il pericolo di lasciare fuori qualcosa d’essenziale (che è un po’ l’ossessione di tutti quelli che si mettono a fare un’enciclopedia); oppure forse per la sensazione che uno dei modi più efficaci per mettere ordine in questa sorta di galassia con tutte le sue specificazioni è provare a stringerla in una sintesi afferrabile e governabile. E del resto è un fatto che da quasi mezzo millennio la cultura sarda (o, il più delle volte, piccoli gruppi di intellettuali o addirittura intellettuali come impresa individuale) prova a mettere mano a un’enciclopedia. Non per niente quello che viene considerato il primo grande intellettuale sardo, Giovanni Francesco Fara, provò a condensare in due opere, il “De rebus Sardois”e il “De Chorographia Sardiniae”, tutto il sapere suo e dei suoi contemporanei di storia e di geografia. A guardarle oggi due voci – o, meglio, due volumi – di un’enciclopedia a venire. Era la seconda metà del Cinquecento.
Da allora i tentativi si sono ripetuti. Ma, per saltarli tutti, è stato soprattutto nella seconda metà del Novecento che l’idea è stata ripresa, sotto lo stimolo, parrebbe, di tre condizioni concorrenti: la prima è la larga diffusione della cultura e della lettura, non meno che le stesse facilitazioni tecnologiche alla produzione di libri anche di vasto respiro; la seconda, il rinnovamento degli studi sull’isola che sembravano richiedere una messa a punto delle conoscenze fin allora acquisite come viatico a una diversa comprensione della realtà regionale; la terza, la nascita della Regione autonoma, che spronava a rimeditare l’intera vicenda isolana e indagare gli aspetti più specifici di quella che si sarebbe chiamata “l’identità” sarda. Nei primi anni Cinquanta un’enciclopedia fu tentata da Marcello Serra: il verbo “tentare” vuole alludere all’approssimazione di un’indagine che si contentava di contenere i propri risultati in qualche centinaio di pagine. Da allora in poi enciclopedie (o, se si vuole, opere di non grande mole ma con ambizioni enciclopediche) si sono susseguite con una certa frequenza, tutte con una qualche utilità, soprattutto in un tempo in cui lo sviluppo inatteso del turismo moltiplicava la domanda di conoscenza, le curiosità di centinaia di migliaia di nuovi visitatori.
La “Grande enciclopedia della Sardegna” di Francesco Floris, edita dalla Newton & Compton nel 2002, è stata la prima a presentarsi connotata dall’assetto “classico” dell’enciclopedia, che si basa sulla dimensione rilevante dell’opera e l’ordine alfabetico dei lemmi; negli anni Ottanta, invece, “La Sardegna”, tre volumi editi dalle Edizioni Della Torre a cura di Manlio Brigaglia con la collaborazione di Antonello Mattone e Guido Melis, aveva scelto la struttura tematica, commissionando a oltre 120 specialisti italiani e stranieri 150 “articoli” sull’isola, suddivisi in sei sezioni principali (la geografia, la storia, la letteratura e l’arte, la cultura popolare, l’economia e la società, l’autonomia regionale). Il riferimento alle due opere è d’obbligo: intanto perché l’enciclopedia Floris costituisce il nucleo di questa “nostra” enciclopedia, e in secondo luogo perché una decina delle ampie voci della enciclopedia Della Torre – della cui generosa collaborazione la presente opera ha potuto avvalersi – è stata ricompresa nelle pagine che seguono in corrispondenza di lemmi particolarmente significativi (per fare un esempio, dalla storia delle carte geografiche isolane allo Statuto sardo).
L’ “Enciclopedia della Sardegna” che presentiamo al lettore ha l’ambizione di completare e – sia detto senza modestia – superare tutti i tentativi precedenti: ordinata secondo l’ordine alfabetico, contiene intorno ai 12 000 lemmi nei quali è indagato e sintetizzato ogni elemento di qualche importanza che caratterizza l’universo regionale. Non più solo la storia e la geografia, dunque, ma ogni parola (se così si può dire) di cui ci sia bisogno per dar conto di quello che è sardo, tanto nel passato più lontano quanto nel presente più vicino: cosicché la stessa enciclopedia Floris ha finito per raddoppiarsi nei lemmi e quasi quintuplicarsi nel numero di pagine. Ne è nata un’opera del tutto nuova, come abbiamo l’orgoglio di pensare non sia mai esistita prima di questa nella cultura sarda, pure abituata a opere di grande mole (si pensi soltanto alla somma delle voci scritte dal padre Vittorio Angius a metà Ottocento, su tutti i paesi della Sardegna: ma solo su quelli, limitatamente, pur nella ampiezza della ricerca e nella vastità della trattazione).
Questa aspirazione alla completezza è la molla che ha mosso l’intera operazione: a volte creando al curatore, occorre riconoscerlo, qualche imbarazzo quando, nel proposito di dar conto anche della contemporaneità ancora non del tutto soppesata e definita, si è dovuto scegliere fra una notizia forse appena consolidata e la soppressione del rimando a un elemento o un personaggio già sufficientemente radicati nello scenario sociale dell’isola. In molti casi si è deciso di propendere per questa seconda opzione, nel tentativo non soltanto di dare a Cesare qual che è di Cesare, ma anche di riconoscere a ciascuno di coloro che operano nell’isola – o, nati nell’isola, lavorano fuori di essa – il merito dovuto: degli eventuali errori e delle inevitabili omissioni si potrà, al caso, fare ammenda in futuri aggiornamenti, che si sperano. Nessuna esclusione, peraltro, è stata praticata pregiudizialmente: sia detto a scusante delle assenze di nomi e di dati, domandando indulgenza a chi dovesse sentirsene toccato. Questo “inseguimento” della realtà sarda più vicina – dice il curatore –, è stata un’esperienza straordinaria: perché ha messo in luce quanta novità ci sia oggi nell’isola, quante cose si muovano e – come diceva Emilio Lussu – quante altre stiano per affacciarsi all’orizzonte.
Una seconda caratteristica che il curatore vorrebbe si riconoscesse all’opera è la sua forte “sardità’”. È stato detto più volte che noi sardi non possiamo non dirci sardisti. “Il sardismo è il fuoco che cova sotto la cenere”, scriveva Lussu. Questo sardismo (che è lo stesso – senza stare a fare troppi distinguo – che animò alle origini il moto rivendicazionista isolano) è soprattutto un sentimento: la consapevolezza che le nostre radici affondano in un terreno antico, consolidato attraverso lunghe ere di stratificazioni, fatte di uomini prima ancora che di cose. Senza assumerlo come punto unico di vista, come prospettiva di giudizio obbligato, questo privilegiamento delle “radici” identitarie può avere mosso il curatore ad assegnare, qua e là, a un fatto o a un personaggio maggiore importanza (che in un’opera come questa si traduce in un maggiore numero di righe della “voce” loro dedicata) di quanto magari forse, secondo alcuni, non meriterebbero. È un fatto, peraltro, che l’incidenza che alcuni momenti hanno avuto nella lunga vicenda dell’isola o la passione di patria che ha mosso alcuni personaggi vengono riguardati, in queste pagine, come i luoghi nodali del modo “storico’’ di essere sardi. Nella stessa ottica particolare attenzione è stata riservata ai temi dell’ambiente, a cominciare dalla flora e dalla fauna. Questa enciclopedia non si pone alcun intento pedagogico: semmai, ha una aspirazione “didattica”, nel senso di opera dedicata soprattutto alla scuola e ai giovani sardi, perché solo conoscendo molto si può rinnovare e migliorare. È l’augurio con cui affidiamo al lettore le 6000 pagine, i 10 volumi di questa nuova, impegnativa iniziativa dell’Editoriale “La Nuova Sardegna”.