di GIANRAIMONDO FARINA
A margine di un recente intervento del sottoscritto, in qualità di storico economico, avvenuto presso il cinema Anteo di Milano, per la presentazione dello splendido e toccante documentario dal titolo “Fertilia istriana” di Cristina Mantis, scritto da Francesca Angeleri e Daniela Piu, vorrei rimarcare alcuni, importanti passaggi che diedero vita a questa esperienza di un borgo “rivitalizzato” dalla presenza di un significativo gruppo di esuli giuliano dalmati. Si tratta, per la precisione, di due momenti centrali che stanno alla base della “nuova vita” di quella che, di li a poco, diventerà la “Fertilia dei giuliani”, dopo essere stata, negli anni Venti e Trenta, centro delle bonifiche fasciste. La prima data da ricordare è il gennaio 1948, quando l'”Arena di Pola” esce con un titolo emblematico, pieno di speranza e di prospettive per un popolo, quello giuliano dalmata, che stava vivendo, contemporaneamente, l’atrocità delle foibe, il dramma dell’Esodo e la dura e vergognosa realtà dei campi profughi. Si tratta, per l’esattezza, del dorso, in prima pagina, avente come intestazione la “Costituzione dell’ente giuliano per la Sardegna”. Si apriva, sostanzialmente, per gli esuli, un campo di lavoro, “in un ambiente molto simile alla loro realtà”. Questo è stato possibile grazie alla costituzione di un Comitato promotore, con la rappresentanza di vari interessi e, soprattutto, di quelli dei lavoratori e dei profughi. Per la precisione i componenti di tale comitato erano due di nomina governativa, cui si dovevano aggiungere il presidente dell’Istituto Autonomo case popolari di Venezia (per la questione immobili) ed alcuni tecnici tra cui De Brti, capogabinetto di Saragat (Presidente del Consiglio). Il comitato promotore, assieme all’ assemblea dei partecipanti, composta dai profughi. Tale comitato aveva fissati, come punti inderogabili, lo sviluppo dell’attività dei pescatori e la costituzione di una cooperativa con seri intenti e piani d’azione concreti. Nello stesso, importante, articolo, si faceva riferimento anche agli indispensabili aiuti ed interventi di industriali privati con l’appoggio del governo. Intervento che si sarebbe potuto concretizzare con un’incisiva azione del costituendo comitato presso i giuliani emigrati in America, appoggiata da don Luigi Sturzo, e con l’implementazione della ricostruzione delle industrie degli esuli nel Goriziano (di cui, purtroppo, non se ne fece nulla per gli alti tassi d’interesse imposti dalle banche ed i cui finanziamenti, invece, serviranno, con il beneplacito dei governi De Gasperi dell’epoca, all’industrializzazione del Trentino). All’istituzione, sulla carta, del comitato, seguiva, nel concreto, il c.d. “Piano del Gruppo Pescatori ed Armatori Istriano” con cui si manifestava la volontà di 11 dei 17 pescherecci giuliani di trasferire la loro organizzazione da Venezia a Fertilia per la pesca. Il gruppo, quindi, presentava la richiesta al governo di un contributo per le grandi spese di trasferimento e primo impianto, con forti premi di assicurazione dei natanti. L’ esecutivo, dal canto suo, si era da subito mostrato favorevole. In questo modo il contributo governativo avrebbe permesso, cosa che realmente avvenne, il riscatto dell'”Ente Sardo di colonizzazione dei fabbricati di Fertilia” che passava all’ “Ente Giuliano per la Sardegna” in vista di un auspicato indennizzo “pari al valore degli immobili lasciati dagli istriani nei territori ceduti” (indennizzo che mai venne corrisposto). E’ importante, poi, rimarcare come l’iniziativa di Fertilia veniva auspicata ed appoggiata dalla Chiesa istriana in esilio, nella persona dell’indimenticato vescovo di Rovigno, mons. Radossi (che, poi sarebbe diventato ordinario di Rieti) che, in una bellissima
lettera natalizia rivolta agli esuli scriveva con speranza dell'”avvenuta fine della pratica per Fertilia”. Pratica cui collaborò con dedizione ed impegno anche il dinamico parroco di Orsera don Dapiran, delegato del vescovo che, poi, diverrà il primo parroco di Fertilia dei Giuliani.
Dal dire al fare. Un secondo, interessantissimo articolo, sempre dell’Arena di Pola, del febbraio 1948, rilevava i costi e le conseguenze socio-economiche dell’iniziativa. Le imbarcazioni pronte per partire alla volta di Alghero appartenevano ai pescatori ed armatori rovignesi, parenzani, isolani e polesani: Presden; Grego, Giorico, Bacchetti, Velcich, e Utmar. Con una misera sovvenzione governativa di appena venti milioni di lire si era provveduto all’acquisto delle reti. Alcuni funzionari governativi, poi, tramite la Prefettura di Sassari, avevano effettuato sopraluoghi in Sardegna per constatare pescosità, abitabilità e possibilità di smercio. L’attività peschereccia doveva essere svolta usando i principali mezzi conosciuti come “saccaleva”, “coccia”, “parangal” e “crudo”. La preoccupazione, però, risiedeva, nello smercio del pesce. Molto interessante è sapere che un’apposita imbarcazione, di proprietà della famiglia Rocco, attrezzata di un apposito frigorifero, e di uno stivaggio adeguato, avrebbe avuto il compito di portare la merce a Civitavecchia, Livorno e Genova. L’Unione Pescatori Giuliani dal canto avrebbe effettuato degli esperimenti per attrezzature conserviere e per l’installazione di un grande frigorifero tra Olbia e Fertilia e di un grande centro pescherecci ad Olbia. Con riferimento alla pesca si ribadiva l’importanza delle attività sussidiarie alle aragoste ed alla sperimentazione della pesca del tonno. Al momento la vera grande preoccupazione consisteva nella sistemazione di una mole così rilevante di pesce. Preoccupazione ben presto risolta dalla vicinanza del borgo a Sassari, ad Alghero ed alle grandi vie di comunicazione. Al momento si trovava a Fertilia una forza produttiva di 170 persone per cui la Commissione di Assistenza Pontificia aveva assicurato brande, coperte e vitto per tutto il periodo di assestamento, con il prefetto di Sassari convolato a Roma per ottenere nuovi fondi per gli alloggi occorrenti. Il progetto, infatti, in breve tempo, avrebbe stabilito un ulteriore stanziamento dei familiari dei pescatori che, nel giro di pochi mesi, avrebbe portato Fertilia a 500 anime, quelle che avrebbero costituito il primo nucleo produttivo del centro giuliano in Sardegna.
Questo non lo sapevo… E mi ha fatto pensare quante cose non so della terra natia… E voglio ringraziare… Gianraimondo per le belle sorprese che mi fa facendomi leggere molte cose che non so e non conosco.
Noi a Fertilia abbiamo realizzato un Museo, nel quale raccontiamo la storia di Fertilia. In realtà le prime 16 famiglie di esuli giunsero a Fertilia il 6 febbraio del 1947.
Don Francesco li raggiunse poco dopo, sempre nel mese di Febbraio dello stesso anno.