di PAOLO PULINA
Soltanto in un recentissimo soggiorno a Parigi ho avuto l’occasione di recarmi al “Père Lachaise”, comunemente definito «il cimitero più visitato del mondo», grazie al richiamo esercitato dal gran numero di eminenti personalità, le cui spoglie hanno trovato sepoltura nel terreno di una collina che si estende per ben 43 ettari. Dato il tempo a mia disposizione mi sono dato l’obiettivo di rendere omaggio, nella Divisione 94, a tre figure di Grandi Italiani vittime della ferocia fascista: Piero Gobetti e i due fratelli Rosselli, Carlo e Nello.
Piero Gobetti, nato a Torino il 19 giugno 1901, è morto a Parigi il 15 febbraio 1926, quindi a neanche 25 anni compiuti dopo che nella capitale francese si era rifugiato senza riuscire a sopravvivere a lungo ai postumi delle aggressioni fasciste che aveva subìto in patria per le sue coraggiose pubblicazioni contro il regime mussoliniano. Lo stato della sua tomba (si veda la foto che ho scattato il 26 ottobre) induce a una crisi di sconforto: è mai possibile che a Parigi, dove non mancano rappresentanti delle Istituzioni italiane, non ci si prenda cura della tomba di un personaggio illustre come Gobetti (almeno ripulire le lettere del nome e del cognome e le date della sua biografia e rendere ancora leggibili le scritte delle due targhe!). Peraltro la targa in primo piano, che riporta la frase di Gobetti «Mon langage n’était pas celui d’un esclave», è «in ricordo di Piero Gobetti, morto in esilio» ed è firmata Presidenza del Consiglio della Repubblica Italiana! Faccio un appello alle associazioni culturali italiane, francesi, italo-francesi perché si elimini questa offesa agli occhi dei visitatori (che avrebbero piacere di fare foto che riproducano scritte leggibili) e alla memoria di questo giornalista, scrittore, editore, martire antifascista che nella sua brevissima vita ha prodotto opere molto importanti nel campo politico e culturale.
Per quanto riguarda i fratelli Rosselli (Carlo, nato a Roma nel 1899, e Nello, nato a Roma nel 1900; assassinati insieme nel 1937), sepolti inizialmente al “Père Lachaise”, bisogna dire che nel 1951 i familiari ne traslarono le salme in Italia, nel Cimitero Monumentale di Trespiano, nel piccolo borgo omonimo, comune di Firenze, sulla via Bolognese. Il cenotafio parigino spicca per la semplicità della struttura. Vi figura una scritta (anch’essa ormai poco leggibile, per questo motivo la trascrivo sotto la foto del cenotafio) in ricordo del loro sacrificio di martiri antifascisti uccisi il 9 giugno 1937, a Bagnoles-de-l’Orne (in Normandia), da squadristi dell’organizzazione parafascista francese “La Cagoule” su ordine del servizio segreto militare italiano.
Al di là di questa visita programmata al cimitero monumentale “Père Lachaise”, accompagnando il nipotino Edoardo alla École Polyvalente Forest, ho scoperto la via dedicata a Felice Cavallotti, nella quale è anche una Résidence Universitarie a lui intestata.
Sintetizza Wikipedia: «Felice Carlo Emanuele Cavallotti (Milano, 6 ottobre 1842 – Roma, 6 marzo 1898) è stato un politico, poeta, drammaturgo, giornalista e patriota italiano, fondatore, insieme ad Agostino Bertani, dell’Estrema sinistra storica, movimento attivo tra il 1877 e l’avvento del Partito Radicale Italiano (1904). Fu soprannominato “il bardo della democrazia”».
Cavallotti è uno dei pochi Grandi Italiani (sono solo 25) ai quali Parigi ha intitolato una via. Cavallotti è stato grande amico dei Sardi. I discorsi da lui tenuti in Sardegna furono riuniti da “La Nuova Sardegna” in un libretto ormai diventato prezioso. Per maggiori informazioni rimando a un mio ampio articolo, reperibile al link
http://www.regione.sardegna.it/messaggero/2001_novembre_32.pdf
Grazie Paolo, per il tuo contributo e per la tua sensibilità nei confronti di persone e fatti, che hanno dato le radici alla nostra storia.