Hanno vestiti lisi e scarpe consumate, hanno volti scavati dalle privazioni e dalla disperazione ma lo sguardo è fiero e pieno di dignità. Se non fosse per il libro di Pasquale Gungui “UOMINI SENZA STORIA” (EDIZIONI GRAFICA DEL PARTEOLLA, 102 PAGINE 12 EURO) sarebbero rimasti invisibili, sarebbero niente più che “figli della malasorte” e “ultimi” senza nome.
E invece si stagliano in tutta la loro tenacia e in tutta la loro faticosa esistenza nell’affresco delle vicende del loro paesino della Barbagia (dal nome immaginario di Albamada), che viene insanguinato nel Novecento da una feroce faida strettamente connessa, come l’altra dell’Ottocento, da molti dimenticata, alla Legge (Editto) delle Chiudende del 1820.
Un libro dalla valenza storica ma anche etica. Come spiega l’autore nelle prime pagine: “perché di questi se ne tenga conto quando stanno in questa terra, non dopo”. E perché mai non capiti la “beffa di lavare con lacrime asciutte, la cattiva coscienza del rimorso a tempo scaduto. Se non hai teso la mano, quando, barcollanti, stavano per cadere”. Ecco allora il “babbo”, preoccupato per i propri figli a cui manda messaggi tramite i suoi amati alberi di leccio, puliti con amore a colpi di roncola e accetta, perché siano “liberi di esistere ma mai da soli”. Forse perché anche loro capiscano che bisogna “stare sempre insieme e vicini, nei momenti del pericolo”.
C’è poi Nonna Caterina, l’impresaria: quasi coetanea di Nenni, Mussolini e De Gasperi, nata “mentre Garibaldi spirava tra i suoi pini a Caprera” e “Grazia Deledda ragazzina scriveva, nella stanza di casa con vista sull’Ortobene, le sue prime pregevoli pagine che l’avrebbero portata al Nobel”. Cresce la sua “nidiata di figli” tra fatiche e dolori e dimostra sempre la straordinaria tenacia e intelligenza e le sue parole “congrue e scarne” perché “il tempo le aveva insegnato a essere sobria”. Indimenticabile infine Tziu Vasili, il rivoluzionario globale, che alla fine parte per la guerra fino al Vietnam. Piccolo, pelle ossa, occhietti spiritati e simpaticamente irritanti e, come dice l’autore, un bel mix tra “argento vivo e bronzetto nuragico”.