I MURALES COLORATI E LE TELE IN BIANCO E NERO: GIANNI RUGGIU, FIGURATIVO CLASSICO E BUON RITRATTISTA

Gianni Ruggiu

di TONINO OPPES

Gianni Ruggiu è approdato quasi per caso alla pittura. “Ho cominciato a usare pennelli e colori un’estate di dieci anni fa. Tutto merito di mio zio Leonardo che, quando arrivava in vacanza da Milano, si portava appresso un cavalletto, decine di tele e dipingeva. La mattina al mare, in Planargia, poi i il rientro a casa da nonna, e tanta pittura. Io andavo a trovarlo, incuriosito e…ecco è nato tutto così.”

Ora Gianni Ruggiu, ad appena 32 anni, è diventato un apprezzato muralista. Le sue opere, quasi tutte realizzate negli ultimi tre anni, si trovano a Pozzomaggiore- che è il suo paese – a Uri, Giave, Mara.

A Pozzomaggiore ha realizzato un murale di quindici metri quadrati con in primo piano il ritratto della beata Edvige Carboni, e sullo sfondo l’Ardia di san Costantino; a Uri un dipinto per il trentennale della sagra del carciofo, promossa dalla Pro-Loco; a Mara, nella piazza principale, un altro grande dipinto in memoria del bravo poeta locale Francesco Sale; a Giave ha preparato una serie di tele, che protette dall’acqua, si possono spostare per le vie del paese: sono opere delle stesse dimensioni, (150×120), che documentano scorci del piccolo centro.

Ma è solo l’inizio. Per il giovane muralista non mancano le richieste anche se la sua principale attività per ora è un’altra: con il padre gestisce un’impresa edile che lavora un po’ in tutta la provincia di Sassari. “Ho frequentato per alcuni anni il Liceo scientifico, ma non ho concluso e, a quel punto, avevo poche alternative. Però, ad essere sincero, fare il muratore non mi dispiace, e continuerò a farlo fino a che il muralismo non mi assorbirà del tutto.”

Figurativo classico, buon ritrattista, pittura a tratti iperrealista, Gianni Ruggiu si esalta con i colori del passato: il bianco e nero, con i quali caratterizza le sue tele, stavolta, in acrilico, dedicate in gran parte alle donne. Sono vecchie, quasi sempre. Indossano gli abiti del lutto perenne, i loro visi sono solcati da rughe profonde in uno straordinario gioco di luci e ombre. Sono dipinte nella loro naturalezza mentre lavorano con il fuso o fanno pedicure incuranti di chi guarda. Anzi sembrano mettersi orgogliosamente in posa, davanti all’artista che coglie ogni dettaglio perché sa che quell’immagine, con il suo valore, magari tra un attimo, sarà definitivamente persa.

“Il muralismo – mi dice Gianni Ruggiu mentre guardiamo un’opera realizzata all’interno della sua casa- deve raccontare il presente, ma anche il passato perché serve a custodire il ricordo. No, non è una questione di nostalgia. Io sono abbastanza giovane e devo pensare al futuro, però mi rendo conto delle grandi trasformazioni che stanno subendo i nostri paesi e l’arte ha il dovere di contribuire contro la perdita di memoria. I miei dipinti dicono questo: ecco chi eravamo! Guardiamo avanti con fiducia; accettiamo le nuove sfide, anche quelle artistiche, ma non buttiamo via la nostra storia.” 

Che è fatta di luoghi, cose, lavoro e volti di uomini e di donne che non si possono assolutamente dimenticare.

#lacanas.it

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