di LUCIANO PIRAS
La giuria sorride e si congratula quando la dottoressa Luciana Mele mostra con orgoglio l’ultima diapositiva del suo lavoro: sullo sfondo, il mare aperto, limpido e cristallino della Sardegna; in primo piano la scritta “Merci pour votre attention”. Succede a Parigi, appena un mese fa. Davanti alla commissione esaminatrice del Concorso nazionale annuale francese per dirigenti medico nucleari ospedalieri. La posta in palo è davvero alta: un contratto a tempo indeterminato. Che Luciana Mele, dottoressa barbaricina di Nuoro, conquista brillantemente: unica sarda, unica italiana, insieme ad altri 17 medici d’Oltralpe, 6 donne e 11 uomini. «È cominciato così, il mio nuovo percorso professionale, nel Chsf, Centre Hospitalier Sud Francilien, a Corbeil-Essonnes, poco più di 40 chilometri a sud di Parigi» racconta Mele con il suo solito sorriso contagioso. Il Chsf è un ospedale nuovissimo di 1.200 posti letto, a 25 minuti dal centro della capitale francese, dove si eseguono la media di 4.000 esami Pet/Tc (l’esame diagnostico che individua i tumori precocemente) e 3.000 esami convenzionali all’anno e dove stanno terminando di costruire un’ala apposita, con ecografo, per un percorso mirato per i pazienti tireopatici, «in modo da sfruttare al meglio il diploma preso all’università di Lione, valorizzando le competenze dell’italienne». L’italienne quattromori Luciana Mele.
Nuorese da parte di mamma Milvia, ragioniera, e bittese da parte di babbo Giulio, geometra. Di casa in via Lamarmora, a pochi passi da Seuna e dalla chiesa delle Grazie, pieno centro a Nuoro. Da qui è andata via nel 2016, qui sogna di tornare. Qui dove è stata bambina aspirante dottoressa, vivace e molto curiosa. Aveva cinque anni, prima ancora di imparare a scrivere alle elementari di Istiritta, scarabocchia sul libretto delle fatture della copisteria di famiglia ciò che nel suo immaginario sono delle impegnative mediche, che consegna diligentemente ad ogni cliente/paziente che entra a fare una fotocopia, con tanto di timbro, posologia e modalità di assunzione dei farmaci che prescrive. «Il mio mito era la mia pediatra, la dottoressa Maria Sannio – racconta Mele –, mi ha sempre affascinata con i suoi grandi occhiali, il dolce sorriso e quel camice immacolato». Così, dopo gli anni passati a Nuoro sui banchi del Liceo classico Giorgio Asproni, e con la chitarra in mano ad animare la funzione alle Grazie e poi ancora all’Adi con il volontariato nella casa di riposo e nei viaggi a Lourdes, Luciana Mele lascia il capoluogo barbaricino per iscriversi a Cagliari in Medicina e chirurgia. Dopo aver conseguito con lode la laurea magistrale, parte alla volta di Sassari, per seguire la sua passione: la medicina nucleare, «una branca della medicina – spiega – in costante ascesa, che permette di seguire e trattare patologie benigne come la malattia di Basedow, ad esempio, o patologie oncologiche, con l’aiuto delle scintigrafie o delle Pet, con supporto Tc, esami che ad oggi cambiano veramente la gestione di un paziente, ad esempio nella valutazione di un linfonodo sentinella nel tumore alla mammella, o nel bilancio di estensione in linfomi, o nella valutazione di sospetta embolia polmonare in pazienti Covid positivi, per restare all’attualità di oggi». Con l’attenta direzione della professoressa Angela Spanu, oggi Prorettore alla Sanità dell’Università di Sassari, che dal primo anno di scuola di specializzazione la valorizza facendole seguire il proprio ambulatorio di pazienti tireopatici, e con la supervisione di professor Giuseppe Madeddu, fondatore della Medicina nucleare sarda, Luciana Mele si specializza, ancora una volta con lode. «E sembra quasi una bella favola a lieto fine, quando leggo sulle pagine della Nuova Sardegna di fine aprile 2016, della imminente attivazione della Unità operativa di Medicina nucleare all’ospedale San Francesco, proprio nella mia Nugoro amada!». Ma le promesse degli allora vertici Assl e della classe politica restano soltanto promesse. I tempi di apertura del nuovo reparto si allungano e i verba volant. La specialista di via Lamarmora non si dà per vinta, pensa sempre positivo. «Ne approfitto per ottimizzare l’attesa, tentando una selezione all’estero: a Lione cercano un medico nucleare per sei mesi, che conosca bene il francese, con capacità di adattamento e versatilità, per sostituire temporaneamente un medico». Selezione superata: valigia in mano, la dottoressa Mele parte verso la Francia con tante incognite («casa? sostituire chi? come sarà la città?») e una sola certezza: «Volevo apprendere, come una spugna, le novità e portarle a casa una volta che il reparto sarebbe stato aperto a Nuoro!». La prima sorpresa arriva appena mette piede a Lione: davanti al suo nuovo ufficio, si accorge che chi l’ha scelta è un numero uno in Europa, il professor Francesco Giammarile, romano di nascita, che sarà occupato per sei mesi a organizzare, in qualità di presidente, il Congresso europeo di Medicina nucleare, e per assolvere un altro incarico di prestigio all’Agenzia internazionale dell’energia atomica, a Vienna.
«Quei sei mesi agli Hcl, gli Ospedali civili di Lione, centro di eccellenza europeo nel trattamento dei tumori neuroendocrini, nelle undici stanze di degenza, diventano quindi… anni». Il progetto della Medicina nucleare di Nuoro è finito in un cassetto. Nel frattempo Luciana Mele continua il suo percorso all’estero, dove consegue anche una formazione all’Università Claude Bernard Lyon 1, con un diploma interuniversitario di Ecografia della tiroide. Passano gli anni e la tenace barbaricina dall’inconfondibile accento sardo, si è fatta conoscere in Francia per essere una grande lavoratrice, è amata dai pazienti e stimata dai colleghi. Nel 2020 cominciano a fioccare nuove proposte contrattuali: da Tolosa, Bordeaux e Parigi. Lei è felice ma anche sorpresa di quanto la Francia sia meritocratica! Fino al concorso di un mese fa, con assunzione a tempo indeterminato. «La situazione pandemica è tale che, a fronte di un immenso orgoglio per i traguardi raggiunti partendo da zero, il sogno è sempre quello di rientrare un giorno a casa, per vivere più vicina ai miei cari e per mettere a disposizione le competenze maturate per la mia Nuoro. Perché la Sardegna è come un’infanzia, diceva Elio Vittorini, ed è bello, ogni tanto, tornare bambini, scrive Beppe Severgnini». «E far, finalmente, vivere il lieto fine alla bambina che scarabocchiava ricette in via Lamarmora, aggiungo io».
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