di RICCARDO ROSAS
Gianluca Carta è un giovane chinesiologo e fotografo. Amante della Sardegna, condivide sui social scatti della nostra Isola.
Com’è nata la tua passione per la fotografia? «Credo sia stata mia madre a trasmettermi questo amore: fin da quando ero piccolo ha scandito con le foto la mia quotidianità. Ho iniziato ad appassionarmi seriamente intorno al 2012, quando mi è stata regalata la prima macchina fotografica. Da lì ho cominciato a immortalare istanti della vita di tutti i giorni».
Nei tuoi scatti la Sardegna è sempre presente. Che immagine cerchi di trasmettere della nostra terra? «Sono un appassionato di tutto ciò che riguarda la nostra Isola: cerco di comunicarne la bellezza. Prediligo i volti e i paesaggi, immortalo le persone durante le feste: mi interessano le tradizioni e gli eventi dei vari paesi. Per quanto riguarda i paesaggi, la Sardegna regala tantissimi spunti. Nella nostra terra ci sono delle autenticità non solo naturalistiche, ma anche archeologiche. Siamo veramente fortunati».
I siti archeologici sono valorizzati? «In alcuni casi sì: c’è la Sovrintendenza che li gestisce e controlla; altri purtroppo non vengono curati. Questo è un peccato: ogni sito, pur avendo caratteristiche in comune con altri, ha sempre degli elementi che lo contraddistinguono. Per via del tempo e delle intemperie, rischiamo di perderli: nessuno li “custodisce”, li tutela. Oltretutto, all’interno di questi, si possono ancora trovare reperti e, purtroppo, non mancano i tombaroli».
Dai sempre molta importanza al mare e al cielo, li rappresenti spesso “uniti”. Che rapporto hai con questi due elementi naturali? «Per fotografare utilizzo la reflex, ma uso anche il drone e l’action cam. Con quest’ultima faccio appunto le foto “cielo-mare”. Mi piace unire questi elementi, anche perché, come contiguità cromatica, si prestano molto agli scatti».
Che idea ti sei fatto dei sardi? Come vivono la “sardità”? «Tutti sono legati alle tradizioni locali: sono vissute intensamente e gelosamente, quasi in maniera sacrale. C’è una forte difesa dell’identità, che si rivela anche con le feste. Purtroppo, per via della crisi pandemica, non è più possibile partecipare a questi eventi. Sono in contatto con molte persone che vivono nei paesi: avvertono una certa sofferenza nel non poter manifestare la propria identità».
Qual è la cosa che più ti ha stupito e ti stupisce della Sardegna? «Mi stupisce il fatto che sia, come dico sempre, un microcontinente. Abbiamo una grande varietà di elementi naturali: dalle spiagge alle montagne, dalle colline agli altipiani, dalle foreste alle grotte. Sembra proprio che da questo punto di vista non ci manchi nulla. Una straordinaria ricchezza racchiusa all’interno di un’isola piuttosto piccola rispetto ad altre. E infine, la grande forza che mettono le persone nel salvaguardarne l’identità e i costumi».