di BENEDETTA PIRAS
Spesso affacciati sul mare, questi impianti sono stati restaurati e aperti al pubblico grazie a visite guidate e alla gestione di musei e amministrazioni locali
L’Isola è sempre stata una terra generosa: dal mare che la circonda, alle risorse della terra, dalla flora alla fauna che la popolano.
Anche le risorse minerarie non sono mai venute a mancare in Sardegna: dal Neolitico a oggi ha infatti fornito rame, carbone, piombo, ferro, argento e molto altro a chi si metteva in cerca di queste materie prime tra le sue vallate, incentivando nel tempo la creazione di siti minerari ed edifici di estrazione e lavorazione.
Così, nel tempo, diversi popoli hanno realizzato delle miniere allo scopo di estrarre le preziose materie prime. Si pensa che l’estrazione sia iniziata intorno al sesto millennio a.C. per recuperare l’ossidiana del Monte Arci, per poi continuare durante l’epoca dei fenici e dei cartaginesi che attinsero soprattutto ai giacimenti di ferro, piombo e rame. Dopo questi ultimi, i romani intensificarono l’attività di estrazione per tutta la durata del loro impero.
Dalla caduta dell’Impero Romano, l’attività mineraria in Sardegna conosce un nuovo impulso sotto i pisani prima e di nuovo intorno al 1700 poi grazie allo stato sabaudo, che regolamenta l’attività mineraria su tutto il territorio concedendo la possibilità a chi ne facesse richiesta di esplorare il territorio ed estrarne i minerali. Saranno questi permessi che getteranno le basi per un nuovo periodo d’oro dell’estrazione dei minerali in Sardegna, portandoci così all’edificazione, specialmente agli inizi del 1900, delle grandi strutture che ancora oggi dominano i paesaggi dell’isola.
Oggi ciò che resta di queste affascinanti costruzioni rientra a tutti gli effetti nel termine archeologia industriale. Vederle anche solo dal finestrino della macchina mentre si viaggia tra i paesaggi sardi è un’emozione unica.
Tutto iniziava dal giacimento. Generalmente, intorno ad esso le aziende proprietarie costruivano delle vere e proprie cittadine attrezzate di tutti i servizi necessari a vivervi e le affidavano a dei responsabili che avrebbero vissuto là insieme ai minatori e alle proprie famiglie. Ancora oggi, passeggiando in mezzo a queste strade, si può leggere o intuire lo scopo di ogni edificio: ospedali, abitazioni, scuole, stazioni ferroviarie e nei tempi più recenti anche dei cinema per i lavoratori.
A poca distanza poi il cuore di tutto, la miniera e le tante strutture di estrazione e lavorazione che si erigevano intorno spesso arrampicandosi sul fianco della montagna, così come in alcune zone si possono vedere ancora oggi.
Spesso affacciati sul mare, come gli impianti di Masua e di Porto Flavia, questi impianti negli ultimi anni sono stati restaurati e aperti al pubblico grazie a visite guidate e alla gestione di musei e amministrazioni locali.
Una delle più emblematiche e affascinanti strutture oggi ancora ben visibili sul territorio sardo è senz’altro la miniera di Serbariu a Carbonia, nel Sulcis. La cittadina, oggi una delle maggiori del sud Sardegna, deve il suo nome proprio alla miniera di carbone di Serbariu, intorno a cui fu edificata la cittadina. La miniera fu aperta nel 1937 e rimase in attività fino al 1964, con ben 18mila persone tra minatori e altro personale che vennero a vivere nel nuovo centro da diverse parti d’Italia, per lavorare in una delle miniere più importanti del paese.
Recuperata e restaurata dal 2002 al 2006 dall’amministrazione comunale locale, la miniera ospita oggi tra quegli antichi locali il Museo del Carbone di Carbonia, dedicato all’esposizione dei macchinari e al racconto della vita quotidiana nel complesso industriale.
Entrare dentro le lunghe gallerie, vedere e toccare con mano gli attrezzi vecchi di un secolo e ascoltare la storia di chi vi ha lavorato per tutta la vita non è solo l’occasione per vivere una bella esperienza, ma un vero e proprio modo per tramandare negli anni l’esperienza e il ricordo dei minatori e delle famiglie che fecero di queste strutture la loro casa.
Non solo Serbariu però: da nord a sud, la Sardegna è ricca di siti tutti da scoprire. Basti pensare ai suggestivi resti di archeologia industriale tra le dune di Piscinas, alle imponenti strutture delle saline nel Parco del Molentargius di Cagliari fino ad arrivare all’affascinante Museo Storico della Cava di Cala Francese sull’Isola della Maddalena, dedicato alla cava di marmo omonima.
Oggi molte di queste strutture sono annoverate tra i siti del Parco Geominerario della Sardegna, primo Parco Geominerario al mondo della nuova rete mondiale di Geositi-Geoparchi istituita dall’Unesco e distribuito tra ben 81 comuni dell’isola, ognuno con i propri musei, siti archeologici e di archeologia industriale tutti da scoprire.