di CINZIA MARONGIU
A volte il destino si diverte a sorprenderci e un piccolo contrattempo può determinare una svolta esistenziale. A metà degli anni Sessanta, quando Claudio Abbado era uno dei direttori d’orchestra più promettenti del mondo e quando già per lui mare significava Sardegna, gli capitò di avere due giorni in più per restare nell’isola ma di dover lasciare per forza l’albergo dove alloggiava a Capocaccia. Così all’ultimo trovò una stanza in un hotel vicino alle Bombarde, ad Alghero, e si fermò lì per concedersi una nuotata prima di tornare alla sua vita già frenetica tra Milano, New York, Salisburgo e Berlino. Una bracciata dopo l’altra mentre davanti ai suoi occhi prendeva corpo una baia incantevole di cui si innamorò all’istante. Quel giorno Abbado scoprì quello che per quasi 50 anni sarebbe diventato il suo angolo di paradiso. Il suo buen retiro, lontano dagli applausi e dalle luci che per tutta la vita lo avvolsero tra la Scala, i Wiener e i Berliner Philarmoniker. E decise subito che non solo avrebbe voluto rifugiarsi in quel silenzio di luce e acqua ma anche che doveva in qualche modo farsi carico di quella straordinaria bellezza, salvandola dalla trascuratezza, preservandola dagli appetiti miopi e sguaiati e infine restituendola in dono alla comunità. Proprio come in dono quella mattina gli era apparsa. Ecco, oggi, a sette anni dalla sua morte, quel regalo prende una forma illuminata e istituzionale grazie all’accordo con Legambiente e grazie ai quattro figli e ai tre nipoti del maestro che lì, tra il profumo di salsedine ed elicriso, sono cresciuti e che hanno ereditato l’amore per la natura e la determinazione a sognare guardando oltre.
“È un terreno ancora miracolosamente integro, otto ettari di macchia mediterranea che si affacciano sulla costa tra le Bombarde e il Lazzaretto e che abbiamo deciso di dare in comodato d’uso gratuito a Legambiente. Ora questa riserva naturale diventerà un luogo di incontro per volontari e studenti. Un luogo di ricerca e di educazione ambientale. Un laboratorio naturalistico e un centro di studi a cielo aperto. Mi ricordo ancora quando mio padre ci convocò e disse: “Sappiate che in questo terreno non verrà mai costruito nulla”. Alessandra Abbado era una bimba quando suo padre, che lei chiama Claudio, le fece conoscere quell’alternativa sarda al paradiso. Un imprinting che nella sua famiglia è arrivato ormai alla quinta generazione e che ha ispirato questa decisione nel segno della cultura e dell’ambientalismo: “Ci vollero sei mesi per ripulire quello che allora era un terreno abbandonato. Riempimmo ben otto autoarticolati carichi di rifiuti di ogni genere, dalle lavatrici alle siringhe. E pian piano il terreno si trasformò in un giardino dove Claudio piantò la bellezza di nove mila alberi della macchia mediterranea. Lo salvò dagli assalti degli speculatori, da chi voleva costruirci alberghi e strutture ricettive, da chi voleva arricchirsi impoverendo il paesaggio. E così per mettere in sicurezza questo luogo incantato ne cambiò la destinazione d’uso al catasto, trasformandolo in terreno agricolo. Oggi siamo felici che il nostro terreno ricada nella Zona a Protezione Speciale ma anche di aver finalmente trovato la giusta realtà organizzativa per restituirlo alla società algherese e sarda. Tenendo presente che comunque questo terreno è sempre stato aperto a tutti”.
La voce di Alessandra Abbado si addolcisce quando parla di questo enorme giardino che entrerà a far parte del Parco regionale di Porto Conte. Ed è facile indovinare nei suoi occhi la tenerezza di giorni lontani: “Qui ci trasferivamo da maggio a ottobre con i nonni ma Claudio ci raggiungeva sempre, non appena poteva anche perché la fortuna di questo posto è di avere un aeroporto vicino. Così lui volava qui da noi dove ritrovava la pace. E dove ovviamente continuava a lavorare e a studiare. Qui sono venuti tantissimi amici, dalla Germania, da Parigi o dall’Italia. Maurizio Pollini e Luigi Nono, Nicoletta Braschi, Roberto Benigni e Renzo Piano. Anche Renato Soru è venuto qui e ha condiviso con mio padre l’idea lungimirante in chiave ambientalista che ha portato al progetto di oggi affidato a Legambiente. Qui Luca Ronconi e Gae Aulenti hanno costruito il “Wozzeck”, l’opera di Berg. Qui mio padre ogni mattina e ogni pomeriggio si chiudeva nella sua stanza con la musica altissima e il mare davanti. Lui studiava in questa casa sempre affollata di bimbi e anziani, ma la musica e la natura che erano i suoi grandi amori sembravano quasi avvolgerlo da ogni distrazione. Poi prima di pranzo ci raggiungeva in spiaggia. Giocavamo a pallavolo, a pallanuoto. A volte uscivamo in barca a vela”.
“In quest’oasi naturalistica organizzeremo campi di volontariato nazionali e internazionali, ma anche laboratori di ricerca che coinvolgano la scuola e le università di Cagliari e Sassari. L’obiettivo è qualificare da un punto di vista scientifico questi 8 ettari di macchia mediterranea e di paesaggio costiero assolutamente incontaminati e fare sì che diventino una sorta di laboratorio a cielo aperto”. Vincenzo Tiana, responsabile scientifico di Legambiente Sardegna, annuncia insieme con la dirigenza nazionale di Legambiente un progetto capace di mettere insieme ambientalismo e cultura. E spiega: “A programmare e coordinare le attività sarà un Comitato, di cui farà parte la famiglia Abbado e i circoli di Legambiente di Alghero e di Sassari”. Ed è proprio Michele Meloni, presidente del circolo di Legambiente di Sassari, ad aver preso contatti con la famiglia e a raccontare: “Sono andato in quest’oasi di bellezza strappata alla speculazione e ho potuto ammirare cosa è riuscita a fare la lungimiranza di Abbado. A noi ora spetta l’onere e l’onore di valorizzarla al meglio”.
L’amore per le piante e per gli esperimenti botanici era enorme: “Se non avesse fatto il maestro d’orchestra, magari sarebbe diventato giardiniere”. E Alessandra riapre lo scrigno dei ricordi legati al padre, ambientalista lungimirante: “Dal mare la casa non la si vede, avvolta com’è di ibisco, banani, bouganville. Quando arrivava qui mio padre finiva di essere il “maestro”, un appellativo che tra l’altro non gli è mai piaciuto. Lui amava il noi e non l’io e credeva fortemente che la musica ma anche la bellezza della natura dovessero essere appannaggio di tutti e non di pochi”. E aggiunge: “Oltre alla sua vita in giro per il mondo, anche quella di noi figli e nipoti negli anni si è diramata in ogni dove. Ma il 26 giugno, il giorno del suo compleanno, ci ritrovavamo tutti qui a festeggiarlo perché questa alla fine era ed è la nostra vera casa”. Così, dopo lo studio quotidiano, dopo le chiacchiere con figli e nipoti, sembra quasi di vederlo ancora in controluce mentre si concede una nuotata in solitaria. Lui e la musica del mare.
Che dire se non un : Grazie ad un Uomo che ha amato la Sardegna, si è sentito parte di essa portando nel cuore i suoi profumi, i suoi silenzi, i suoi intensi colori e la sua” gente”. Ma grazie per aver tramandato questi sentimenti ai suoi discendenti
Grande, grande, grande in tutto, non esistono altre parole per la sua immensità umana artistica, in tutto. Ho avuto la fortuna di conoscerlo per un grazie vicino a Poschiavo per un concerto, grande grande grande
se al mondo ci fossero stati cento uomini come lui avrebbero cambiato il mondo in una favola, lo amo, lui è stato uno dei grandi della terra.