di RICCARDO LO RE
Dieci aziende della Sardegna hanno deciso di unire le forze. Obiettivo: Igp. Le Seadas, con questo comitato promotore, sono al primo scoglio verso la certificazione. La strada è ancora lunga, ma la direzione intrapresa è chiara. Il gesto è di portare sul tavolo una delle tradizioni gastronomiche della regione. Un piatto che rappresenta la storia delle botteghe artigiane sarde, e che ha andato a influire nel profondo nella cultura dell’isola.
Il dolce deve le sue radici dalle aree dell’Ogliastra e dalla Barbagia, con particolare attenzione all’area di Ollolai. Da qui, le seadas si sono estese a tutta la regione, divenendo in poco tempo uno dei suoi prodotti tipici. Lo dimostrano i principali fautori di questo comitato, che provengono da ogni angolo della Sardegna. Cardedu, Cagliari, Iglesias, Sassari. In qualunque zona la si assaggi, si noterà la freschezza dell’impasto (fatto di uova e semola) e il ripieno di formaggio (che può essere di pecorino o vaccino), agrumi e grappa. Sono gli indicatori di un piatto che contiene tutti gli ingredienti tipici locali, per giunta concentrati in un disco coperto di miele. Ma come si ottiene la certificazione Igp? Per rientrare nella categoria di Indicazione geografica protetta, i prodotti devono essere di qualità e realizzati in un’area delimitata.
A differenziarsi dal marchio Dop è che almeno una delle fasi deve essere attribuita a quella regione, secondo delle regole rigide che vadano a certificare la sua produzione in quel territorio. Tutta la filiera, nel caso del Dop, deve essere circoscritta in un’unica area, mentre in quello dell’Igp, le materie prime possono provenire da altri paesi. L’iter è dunque partito, direzione ministero delle Politiche Agricole e assessorato regionale dell’Agricoltura. «Da anni lavoriamo a questo progetto – spiega Franco Calisai, presidente del Comitato promotore e titolare del pastificio La Sfoglia d’Oro di Sassari- e ora, anche grazie al prezioso supporto della Cna Alimentare Sardegna, puntiamo a far entrare le sebadas nell’Olimpo delle eccellenze gastronomiche mondiali, con l’acquisizione di una denominazione che è innanzitutto una tutela per il consumatore, ma anche un modo per sottrarre il prodotto a tentativi di usurpazione del nome».
Questo è stato possibile grazie a questi dieci produttori di Seadas: la pasticceria La casa della nonna (Bolotana), il Laboratorio di pasta fresca e pasticceria di Richard Marci (Cardedu), il panificio La fornarina (Cagliari), il Biscottificio Demelas (Stintino), il pastificio Contini srl (Santa Giusta), il pastificio Calitai (Cagliari), il pastificio Antonio Cossu (Iglesias), La Sfoglia d’Oro (Sassari) e la ditta I Sapori d’Ogliastra.
E non sono gli unici. Dei 250 pastifici, molti hanno aggiornato il loro mea con questo prodotto caratteristico. I confini geografici sono ormai saltati. E questo è un bene per l’artigianato locale, come dimostra la produzione media di 1.625.000 Seadas, e un ricavo di 1.300.000 euro. Secondo la responsabile del settore alimentare della Cna Maria Antonietta Dessì, «si tratta di un settore importante che non solo rappresenta un’economia di assoluto rilievo, ma che ha anche enormi potenzialità di sviluppo».
Ci vuole il DOP, l’Igp non tutela la qualità e trasparenza delle materie prime. Si è già sbagliato con l’igp dei culurgiones. Facciamo che il grano, il formaggio, il limone, il miele e lo strutto devono essere prodotti in Sardegna.