In Sardegna ci sono almeno ottomila nuraghi. Eppure, bisognerà aspettare il 31 marzo 2021 per conoscere l’esito dell’istanza di inserimento dei monumenti della civiltà nuragica nel patrimonio Unesco. Nel frattempo, l’associazione “Sardegna verso l’Unesco” lavora per raggiungere il prestigioso obiettivo. Fra le altre cose, ha siglato un protocollo d’Intesa con il Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e architettura della facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università di Cagliari. La collaborazione si realizzerà attraverso lo studio delle specificità architettoniche, di insediamento e infrastrutturali del patrimonio culturale nuragico della Sardegna. Il protocollo segue quello firmato qualche settimana fa con il Centro di ricerca regionale Crs4.
La Sardegna è la regione italiana con il più elevato numero di monumenti naturali, rappresentati da entità geologiche, vegetali, paleontologiche o idriche. Caratteristica peculiare di questa terra sono i nuraghi, innalzati in terra sarda dal Bronzo Medio al Bronzo Finale nell’arco di 600 anni (circa 1600-1000 a.C.). La civiltà nuragica nel suo complesso si svolge nell’arco di circa mille anni, estendendosi sino al I Ferro (circa 1000-510 a.C.). Proprio in questa fase finale avvenne un’importante opera di ristrutturazione e riutilizzo sacro dei nuraghi, che originariamente erano case-fortezza. Nei villaggi emergono soprattutto gli edifici sacri, piccoli gioielli dell’architettura: i templi dell’acqua – come l’edificio sacro di Su Tempiesu di Orune – o templi a pozzo e dell’acqua sorgiva, e i templi celesti. I nuraghi sono costruzioni cave di pietre naturali di forma squadrata: ogni masso veniva collocato in modo da incastrarsi con gli altri, partendo dal basso e costituendosi a forma di cono. Ma è bene sapere che nel tempo i nuraghi cambiarono profondamente la loro forma”.
La più importante fra le testimonianze di questo glorioso passato è senza dubbio – si legge nel sito fondazionebarumini – l’area archeologica Su Nuraxi. Scoperta e portata alla luce nel corso degli anni ‘50, durante gli scavi condotti dal grande archeologo Giovanni Lilliu. L’area è costituita da un imponente nuraghe complesso, costruito in diverse fasi a partire dal XV secolo a.C., e da un esteso villaggio di capanne sviluppatosi tutto intorno nel corso dei secoli successivi. Un patrimonio, quello di Barumini, che si è arricchito recentemente di un’altra meraviglia: Su Nuraxi ‘e Cresia. Un altro nuraghe complesso venuto alla luce negli anni ‘90 durante i lavori di restauro di Casa Zapata, antica residenza nobiliare dei baroni sardo-aragonesi, costruita, a partire dalla metà del 1500, proprio sopra l’antico edificio nuragico.
In Marmilla entusiasma anche il complesso archeologico di Cuccurada. La costruzione sorge sulla punta meridionale del tavolato basaltico mogorese di “Sa Struvina”, in posizione di ampio dominio sulla piana del Campidano e sulla valle del Rio Mogoro. Le attività di scavo effettuate dal 1994 ad oggi – si legge nel sito del comune di Mogoro – hanno evidenziato la presenza di strutture monumentali riferibili a diversi periodi: una muraglia megalitica, una struttura ciclopica a pianta ellittica (Cuccurada A), riferibili all’Eneolitico evoluto (Cultura Monte Claro 2700 – 2200 a.C.) e un insediamento abitativo su cui insistono le spettacolari strutture di un originale nuraghe complesso (Cuccurada B), originatosi su un primitivo edificio a corridoio. Nell’area archeologica si segnalano inoltre rinvenimenti isolati di materiali più antichi, riferibili alla Cultura di S. Michele di Ozieri, risalenti al Neolitico Finale (3200 – 2800 a.C.).
Senza uguagliare i complessi nuragici della Sardegna, ci sono altri siti archeologici nel Mediterraneo che li ricordano e che sembrano far parte della stessa matrice culturale, quali i talaiot delle Baleari, le Torri della Corsica e i sesi di Pantelleria. Certo è affascinante indagare queste connessioni aperte nel Mare Nostrum, eco di quelle relazioni umane fra popoli che vantavano almeno in parte ascendenze comuni e avevano, comunque, ritrovato un’unità mediterranea, valore oggi da promuovere in ogni modo.
Per chi vuole conoscere di più su preistoria e storia della Sardegna, si rimanda alla rivista di Civiltà Cattolica – l’associazione che ha lanciato l’appello Unesco – dove sono raccolti gli scritti del gesuita Alberto Maria Centurione (laciviltacattolica.it). L’interesse di Civiltà Cattolica per i nuraghi risale al 1886 quando apparvero gli Studii recenti sopra i nuraghi e la loro importanza, poi raccolti in un volume nel 1888. L’autore, il gesuita Alberto Maria Centurione, vantava dei nuraghi «la loro singolarità, moltitudine ed alta antichità cui tutti ad una voce proclamano», riconoscendone il mistero.
L’inclusione di essa nella lista Unesco andrebbe salutata con le parole del citato Centurione: «Mentre tutte le maggiori nazioni fanno a gara in promuovere lo studio non solo de’ monumenti patrii, ma degli stranieri, ben dee gradire l’Italia che sia fisso lo sguardo nella sua Sardegna coronata qual è di torri sfidatrici de’ secoli». La sua valorizzazione mondiale sarebbe quanto mai opportuna e fonte di ispirazione. Per capire visivamente di cosa si tratta per chiunque sia interessato alla conoscenza dell’ambiente sardo nell’epoca dei nuraghi si consiglia il film “Nuraghes S’Arena”, un cortometraggio di genere fantastico del 2017 ideato, scritto e diretto da Mauro Aragoni.
“Un altro passo che la Sardegna compie per arrivare fino all’Unesco nell’importante progetto di riconoscimento della rete dei nuraghi quale patrimonio dell’umanità – ha spiegato il presidente dell’associazione Michele Cossa – inizia un lavoro che esalta la candidatura della Sardegna per arrivare all’obiettivo che tutti insieme ci siamo prefissati: portare la nostra Isola in vetta alle mete più importanti al mondo da conoscere, apprezzare e visitare attraverso il riconoscimento da parte dell’Unesco delle peculiarità storiche e culturali della nostra terra, così ben rappresentate ancora oggi dalla magnificenza dei nuraghi”. “Condividiamo in toto le finalità di questa iniziativa – ha affermato Il direttore del dipartimento Giorgio Massacci – e aderiamo con entusiasmo”.
Siiiii!
Si certamente
Ma è quello nelle cui vicinanze la Sogin vorrebbe stoccare i rifiuti nucleari?
Salviamo il ns immenso patrimonio archeologico . Franceschini , qualche volta degna un po’ di attenzione a qs Sardegna dimenticata e bistrattata
Dubito fortemente, ma mai smettere di sperare