di PAOLO PULINA
Il poeta, saggista e scrittore Franco Loi è morto il 4 gennaio a Milano, sulla soglia dei 91 anni, che avrebbe compiuto il prossimo 21 gennaio. Nel capoluogo lombardo si era trasferito nel 1937 da Genova a seguito del padre ferroviere (originario di Cagliari). Viene considerato uno dei maggiori poeti italiani del secondo Novecento, il maggiore tra quelli in dialetto milanese; si era rivelato nel 1975 con la sua raccolta più celebre, “Strolegh”, pubblicata da Einaudi con prefazione di Franco Fortini.
Nel gennaio del 1983, gli inviai copia della mia pubblicazione “La poesia dialettale in Sardegna negli anni 1963-1965, con appendice bibliografica 1982”, Pavia, novembre 1982. Mi rispose con la lettera che qui di seguito trascrivo integralmente.
Gentile Paolo Pulina,
mi deve scusare se non ho risposto subito alla sua cortesia. Il libretto sulla poesia sarda è stato un bel dono. Ma in questo periodo ho avuto diverse traversie e molte preoccupazioni, non ancora finite. Ora ho trovato uno spiraglio e finalmente posso ringraziarla. Mi sarebbe anche piaciuto un suo biglietto di accompagnamento giacché non so bene perché lei abbia pensato a me, che di sardo ho soltanto il nome e l’amore che mi lega a mio padre, del resto venuto «in continente» quando, rimasto orfano, è stato accolto da suo fratello in casa a Genova all’età di 8 anni.
Tuttavia le sono grato.
In merito alle questioni da lei sollevate con molto acume, direi che non si tratta, a mio parere, di adottare un criterio (estetico) oppure un altro (socio-economico) per valutare la poesia sarda, o qualsiasi altra poesia. Come lei del resto intelligentemente rileva a pag. 41. Ma rilevare la compresenza di un poeta sardo nella cultura e nella poesia contemporanea, cioè quanto un poeta sardo sente ed esprime il tempo presente (europeo, universale). Si può parlare anche di pomidoro e di pecore o luna e cielo e mare, eppure non essere nostalgici o sentimentaloidi (vizio dialettale): la questione è l’intensità di partecipazione al vivere contemporaneo, la profondità del tempo interiore, e la sua resa musicale. L’arcadia, che non fu dialettale, e la neoavanguardia, anti-dialettale, sono provinciali e minori al tempo e allo spirito; mentre il Belli, allora, e Raffaello Baldini, Tonino Guerra, Amedeo Giacomini, Nino Pedretti, tutti dialettali, sono più immersi e viventi lo spirito contemporaneo di quanto lo siano quelli che Franco Fortini ha definito più volte «i robusti imbecilli delle avanguardie». L’errore consiste nel giudicare una certa intellettualità e una certa lettura del mondo come «moderni» o «progressisti» o «al passo coi tempi nuovi». Non ci si rende abbastanza conto che, specialmente in Italia, la cultura ufficiale e gli intellettualismi e le ideologie dominanti (che hanno successo sui giornali) sono spesso arretrate, cultura morta. La cultura, così come la poesia, vivente, non trova canoni di identificazione: è lei che sta formando e soffrendo sulla propria pelle il mondo «nuovo». Mi scusi lo sfogo, specialmente per quel Pira su “Ichnusa”. Mi scriva. Un caro saluto
Franco Loi, Milano, febbraio 1983
Un contributo prezioso, grazie Paolo.
Ottima cosa Paolo gratzias Grande poeta e bella persona Franco Loi. Conservo il ricordo di una piacevole serata in quel di Tizzano (Parma), lui ospite in video reading con musica al Festival Ermo Colle del 2009 e una lunga chiacchierata con ‘ammentos’ sardo/padani, cannonau ‘casu berbechìnu e carasau’… gratzias ancora Paulu
Ciao Paolo. Ho letto con piacere la lettera del poeta Loi. Confesso sinceramente di aver compreso poco del dibattito sulle avanguardie e altro per ignoranza totale sul tema. Ma amo il bello scrivere e lo leggo ad alta voce perché è sempre caratterizzato da una certa armonia musicale. Questo pezzo ne è la riprova. Grazie Paolo