di ANGELO MANCA
All’interno dell’articolo di Paolo Pulina su Caproni e gli intellettuali in Sardegna, pubblicato da Tottus In Pari il 17 dicembre 2020 ( si veda al link https://www.tottusinpari.it/2020/12/17/il-poeta-giorgio-caproni-e-il-suo-viaggio-in-sardegna-settembre-1955-insieme-a-giuseppe-ungaretti-carlo-bo-domenico-rea-e-altri-famosi-letterati/?fbclid=IwAR1E5hUF8n9e3Lz-Nd5hP3U3gs9mwWLAE1m6N6tUcmaGFynYHXKGs_FRpbA ) il filmato RAI mostrava quel mondo dell’Italia civile che andava alla scoperta di un’Italia nascosta. Inchieste giornalistiche e fotografiche mostravano la miseria tenuta nascosta dal precedente regime. Quel tour non è stato il primo e neanche l’ultimo. Le storie sono di un’Italia povera indagata dagli intellettuali, dai giornalisti, dai fotografi, dagli etnologhi, dai registi, e … dal governo. Una nuova letteratura oramai libera dal giogo fascista si afferma, mostrando un Paese che si pensava scomparso. “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi, pubblicato nel 1945, inaugura un nuovo modo di guardare il mondo contadino meridionale.
Nel 1948 gli articoli di Tommaso Besozzi con fotografie di Tino Petrelli usciti nel 1948 sul settimanale “l’Europeo” propongono inchieste sulla miseria nel Meridione d’Italia: Africo (Calabria), Napoli, Sicilia … Nel 1951 la rivista mensile “il Ponte”, diretta da Piero Calamandrei, dedica un numero doppio alla Sardegna, volume storico nella bibliografia sarda. Sono alcuni esempi di come il Paese entrava in contatto con le realtà periferiche. I film della nuova cinematografia italiana raccontano quell’Italia: “La terra trema” di Luchino Visconti del 1948, “Riso amaro” di Giuseppe De Santis del 1949, “In nome della legge” del 1949 e “Il cammino della speranza” del 1950 di Pietro Germi, sono alcuni racconti di un’Italia che cambia. Tanti di noi, nati a cavallo della metà del Novecento, sardi della diaspora e non, abbiamo toccato con mano quelle storie, il Paese ha poi trovato parte della soluzione con l’emigrazione.
Durante la prima legislatura (1948 – 1953) della Repubblica, nel 1950 il governo vara la Riforma Agraria e istituisce la Cassa del Mezzogiorno, due provvedimenti ritenuti essenziali per fare crescere il Meridione d’Italia. Nel 1951 il governo vara un’Inchiesta parlamentare sulla miseria e sui mezzi per combatterla (si veda al link https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL3000088346/1/inchiesta-parlamentare-sulla-miseria-italia.html?startPage=60 ) Non si avevano in quel momento cifre attendibili del Paese su cui fare riferimento, l’ultimo censimento era del 1936. Si cercarono dati osservabili per valutare l’entità del divario economico dei vari strati della popolazione; ecco gli elementi individuati per “scoprire” il tenore di vita: quante volte una famiglia mangiava carne nella settimana, quante volte comprava il vino, quanto zucchero consumava, quante persone abitavano in un appartamento, quante scarpe aveva ciascun elemento della famiglia. I ricercatori si recarono in queste zone: Montana alpina, Delta padano, Montana abruzzese, Puglia, Lucania, Calabria, Sicilia, Sardegna; e in tre zone suburbane attorno a Milano, Roma e Napoli. La “Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla” nei due anni di lavoro dei delegati parlamentari e dei funzionari dell’ISTAT, prima della scadenza della legislatura, verificò in quale stato di miseria viveva una larga fetta del Paese, una condizione che in alcune zone era prevalente come nel Mezzogiorno e nelle Isole. Nonostante le remore della Maggioranza del Parlamento (i democristiani avevano paura che i comunisti strumentalizzassero i risultati per contrastare la maggioranza), l’indagine è comunque spregiudicata, e quindi attendibile nella descrizione dei dati della realtà, non ha remore politiche che mirano ad attutire l’entità della denuncia: il grande accusato è il fascismo a cui la responsabilità della misera realtà di allora può essere addossata. La Commissione vuole rendere nota una realtà non addomesticata, vuole affermare l’immagine dello Stato deciso a realizzare la sua autorità cominciando a mettere fine ad una grande ingiustizia, quella della miseria. L’inchiesta venne usata dai Commissari per dare un’immagine reale della società italiana dell’epoca, per identificare i ritardi e le sue miserie, per progettare interventi che rimuovessero le ingiustizie. Il risultato dell’incontro tra la cultura politica dei cattolici e la tradizione ideologica dei comunisti ha permesso che l’inchiesta venisse votata nel 1952 all’unanimità dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta, nell’ambito della stessa inchiesta, due onorevoli Salvatore Mannironi (DC) e Luigi Polano (PCI) condussero l’indagine sugli “Aspetti della miseria in Sardegna”. Lo sviluppo nel decennio degli anni Cinquanta allontana la povertà dall’attenzione dei politici e degli osservatori economici, lo stato sociale pianta le proprie radici e una stagione di tutele sembra aprirsi nel Paese. Si è attenuata la miseria, ma la povertà non è finita, come si vedrà in diverse altre inchieste.
Nel 1954 Ernesto De Martino, Franco Cagnetta e Diego Carpitella fondano il “Centro Etnologico Italiano” con un nuovo modo di fare ricerca antropologica sul campo, registrazioni con apparecchi a filo, riprese fotografiche e cinematografiche. I primi studi vengono fatti sui fenomeni religiosi in Lucania da De Martino assieme al fotografo Franco Pinna. Cagnetta, coinvolgendo dei pionieri della fotografia antropologica (l’italiano Pablo Volta e gli americani William Klein e Sheldon M. Machlin), realizza “l’lnchiesta su Orgosolo” che verrà pubblicata sulla rivista “Nuovi Argomenti” diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci, nel numero settembre – ottobre 1954. Lo studio antropologico, anche se è il risultato dell’applicazione di rigorosi metodi d’indagine scientifica, non è gradito dal Ministro dell’Interno, che fa sequestrare la rivista e denuncia gli autori dell’inchiesta per vilipendio alle forze armate e istigazione alla violenza. Lo studio ebbe grande risalto sulla stampa nazionale ed internazionale, venne pubblicato in volume nel 1965 prima in Francia poi in Germania, in Italia vedrà la luce solo nel 1975 col titolo “Banditi a Orgosolo”.
Dalla metà degli anni Cinquanta l’isola viene visitata e fotografata da tanti fotografi arrivati da fuori, forse in un primo tempo per realizzare foto esotiche, ma sempre più spesso per fare fotografia documentaria. I loro scatti raccontano un’isola mostrando genti e paesaggi fermi nel tempo, ed in quelle immagini i sardi si riconoscono anche se quella Sardegna ora appare molto lontana: quei panorami non esistono più, e non esistono più neanche gli ambienti umani, i modi di essere. Tante usanze e modalità rituali erano conosciute solo in loco, poi sono diventate attrazioni turistiche: si pensi al Carnevale in tanti paesi.
Nel 1955 alcuni noti intellettuali (Giuseppe Ungaretti, Giorgio Caproni, Carlo Bo, Domenico Rea, Leone Piccioni, Ornella Sobrero, Giulio Cattaneo, Giacomo Antonini ed altri), su richiesta del Centro Democratico di Cultura e Documentazione, guidati dal giovane giornalista sardo Tito Stagno, fanno un breve viaggio in Sardegna col pullman, la RAI per l’occasione realizza e manda in onda un documentario nell’ottobre 1955.
Nel 1957 vede la luce “Diario di una maestrina” di Maria Giacobbe, dove si racconta di una società arcaica che fatica ad accettare la nuova realtà del Paese.
Nel 1959 il settimanale “l’Espresso” riprende il tema del Mezzogiorno, con una indagine in Sicilia, Lucania, Calabria, Campania e Sardegna sulla falsariga dell’inchiesta del 1952, e mostra l’altra faccia del miracolo economico, raccontando le condizioni di vita in cui sopravvivono popolazioni rurali di tante parti d’Italia. L’inchiesta realizzata dai redattori del giornale, pubblicata in sei puntate, denominata “L’Africa in casa”, descriveva miseria, degrado, povertà, estrema arretratezza; integrata da servizi fotografici, svolse un importante ruolo di denuncia. Per la Sardegna l’articolo fu scritto da Livio Zanetti ed il servizio fotografico fu realizzato da Carlo Bavagnoli.
Nel corso degli anni sono stati pubblicati molti testi di documentazione sulla realtà del Paese. Mi piace ricordare un esempio per tutti: nel 1970 Nuto Revelli iniziava una raccolta di interviste nelle vallate cuneesi, a testimonianza di una realtà rurale simile a quelle del Sud, risoltasi come nel Sud con l’emigrazione. Il volume, contenente le 270 interviste, viene pubblicato nel 1977 con il titolo “Il mondo dei vinti”, mentre un testo fotografico di Paola Agosti del 1978 descriveva quel mondo.
Bibliografia
“Il Ponte”, rivista mensile di politica e letteratura diretta da Piero Calamandrei – sett.- ott. 1951 – “La Sardegna”, Editrice La Nuova Italia, Firenze 1951 (ristampa anastatica Nuoro 1980).
“Banditi a Orgosolo”, Franco Cagnetta, Ed. Ilisso, Nuoro 2002.
“Diario di una maestrina”, Maria Giacobbe, Ed. Il Maestrale Nuoro 2003.
“Franco Pinna: fotografie 1944-1977”, a cura di Giuseppe Pinna, Maria Stefania Bruno, Claudio Domini, Giorgio Olmoti, Ed.Federico Motta, Milano 1996.
“La fotografia in Sardegna: lo sguardo esterno: gli anni del dopoguerra”, testi di Marina Miraglia e di altri; biografie fotografi di: Salvatore Novellu, Ed. Ilisso, Nuoro, 2009.
“Pablo Volta, La Sardegna come l’Odissea”, a cura di: Uliano Lucas, Tatiana Agliani, Ed. Ilisso, Nuoro 2007.
“Carlo Bavagnoli, Sardegna 1959 : l’Africa in casa”, saggio di Gino Satta ; apparati di Salvatore Novellu, Nuoro, Ilisso, 2010.
“Marianne Sin-Pfaltzer: Sardegna paesaggi umani”, saggio di Giulio Angioni; biografia di: Salvatore Novellu
Ed. Ilisso, Nuoro, 2012.
“Il mondo dei vinti”, Nuto Revelli, Ed. Einaudi, Torino 1977.
“Immagine dal mondo dei vinti”, Fotografie di Paola Agosti, Ed. Mazzotta, Milano 1979.
Bell’articolo, bravo l’autore.
Un’interessante ed esaustiva panoramica sull’argomento, corredata dia due significative fotografie e da una puntuale ed accurata bibliografia . Complimenti all’ Autore.
Complimenti per la ricchezza di riferimenti bibliografici e per la organicità complessiva dell’articolo.