di ORNELLA DEMURU
In un momento in cui nel mondo l’arte non sembra più essere al centro della vita della gente, in Sardegna sembra di assistere ad un nuovo protagonismo dell’arte pubblica. Molti giovani, emigrati per studio e per lavoro, scelgono di tornare nella loro Terra per mettere a frutto ciò che hanno appreso, imparato e studiato fuori dall’Isola. Tra questi giovani di ritorno c’è Mauro Patta, 35 anni, originario del Mandrolisai, esattamente di Atzara, che dopo la laurea all’Accademia delle Belle Arti di Firenze e poi dipendente della storica azienda di ceramica “Richard Ginori” di Sesto Fiorentino si licenzia per tornare definitivamente a casa e intraprendere così un nuovo percorso artistico che in Sardegna ha già una sua storia esemplare: il muralismo.
Mauro, da pittore di piccole e preziose ceramiche alla pittura “pubblica” su grandi pareti murali, come avviene questo salto? Nonostante la mia tesi di laurea avesse come tema proprio il muralismo questo balzo avviene per puro caso. Sei anni fa partecipai ad un concorso indetto nel mio paese e lo vinsi col mio bozzetto. Così mi son ritrovato a lavorare in strada, in mezzo alla gente, a realizzare il mio primo vero murale, uno spazio aperto dove continuamente ti confronti con gli altri, e questo mi è piaciuto tantissimo.
Questo primo murale perciò diventa il tuo biglietto di rientro in Sardegna? Da quel momento ho iniziato a ricevere diverse commesse da alcuni piccoli comuni e ho cominciato col dedicarmi ai murales nei fine settimana, poi ripartivo per la Toscana perché comunque ero un normale dipendente della Ginori, un’azienda grossa che conta 250 operai dove io ero uno tra gli otto pittori che facevano pittura antica, esclusivamente a mano, con i pigmenti e i pennelli di pelo di martora. Avevo un bravissimo maestro, ero apprezzato, ma il lavoro in Sardegna aumentava e sostenere i due impegni diventava impossibile, così anche se con qualche iniziale titubanza decisi di tornare in Sardegna per dare il mio contributo alla mia Terra.
Una scelta coraggiosa al giorno d’oggi quella di lasciare un posto sicuro. Hai rimorsi? No assolutamente, non sono pentito della scelta fatta, anche perché ho scoperto di amare tantissimo il muralismo, un’arte che ti permette una larga condivisione con chiunque, soprattutto con chi non si può permettere di comprarsi un bel quadro e metterselo in salotto sopra il divano.
E con i murales tutto questo è possibile. Si, con i murales porti veramente l’arte per strada, tutti possono goderne. Riesci ad avvicinare anche quelle persone che forse non hanno mai visitato un museo, una galleria, ed è proprio questo che mi piace e che alla fine mi ha fatto scegliere questo percorso, oltre che il piacere di rientrare nella mia Isola e sentire di fare qualcosa di importante per me e per gli altri.
La tua opera parrebbe riprendere il filo del muralismo sardo: tante figure in abito tradizionale, forme e motivi dell’artigianato tradizionale. Non mi ritengo esattamente un muralista, perché ciò che voglio è fare da ponte tra l’arte muralista e la street-art. Il muralismo sardo è stato in parte un’arte impegnata ma è stata, specie negli anni più recenti, anche puro decorativismo. Io vorrei pormi come ponte tra queste due anime: da un lato una rappresentazione della Sardegna con soggetti fieri e orgogliosi del proprio passato ma sempre protesi verso il futuro e dall’altra la decorazione che spesso fa da sfondo agli stessi soggetti raffigurati, dove evidenzio i dettagli degli abiti tradizionali, i tessuti, i colori, le tante forme del nostro artigianato appunto.
Come nasce un murale di Mauro Patta? Come prima cosa realizzo un bozzetto che faccio al computer. E questa paradossalmente rappresenta la parte più impegnativa di tutto il lavoro. Creo una composizione con le varie forme, scelgo i colori, immagino i visi dei miei soggetti, che non sono mai dei modelli veri ma anonimi, faccio e rifaccio tutto tante volte, finché non sono pienamente soddisfatto. Dopo che il bozzetto è pronto la realizzazione del murale è tutta in discesa, vado spedito sui ponteggi sino alla fine dell’opera.
I tuoi soggetti sono spesso delle “donne” e in abito tradizionale, si tratta di una richiesta specifica dei committenti o è una tua scelta? È una mia scelta. Sino ad oggi i vari committenti mi hanno lasciato abbastanza libero. Mi chiedono di valorizzare la cultura del proprio paese, attraverso determinati luoghi o i colori dell’abito tradizionale, ma sono sempre indicazioni generiche, fondamentalmente ho carta bianca e questo mi permette di esprimere tutto me stesso. Prediligo dipingere le donne in quanto credo che rispondano meglio all’idea della Sardegna che sento mia: una società che fu matriarcale e che secondo me ci ha lasciato una qualche eredità da raccogliere.
Quanto il muralismo tradizionale sardo ha influito sulle tue opere? I sardi hanno influito all’inizio, nell’approccio direi di dipingere per strada, ma tecnicamente prendo ispirazione molto più dagli street artist contemporanei. Le mie figure vestono gli abiti tradizionali sardi, su sfondi che richiamano la tradizione dei tessuti, delle forme geometriche ma sempre in una chiave contemporanea, con dei tagli che sono fotografici, che richiamano alla modernità e al futuro. Inoltre amo cimentarmi nel dettaglio dei tessuti come il broccato o di altri decori e in questo sicuramente c’è l’influenza della mia esperienza alla Richard Ginori che mi ha dato tanto soprattutto in fatto di rigore e di disciplina nella composizione e nel lavoro in generale.
Come vedi il futuro della Sardegna e di quei giovani sardi che partono per lavorare o studiare e non hanno possibilità di rientrare. Penso spesso a tutti quelli che partono dalla Sardegna che poi non hanno la possibilità di rientrare. Ma è anche vero che io vedo un fermento, un movimento di giovani che nel frattempo sono già rientrati e altri che si accingono a farlo. C’è chi vuole lavorare la terra con nuove metodologie, chi vuole crearsi un lavoro ex novo, chi vuole dedicarsi alle proprie passioni come è capitato a me. Sono molto ottimista, le cose pian piano stanno cambiando.
E il mondo dell’arte e del muralismo? Quale avvenire vedi in quest’ambito? Andrea Casciu, Skan, Giorgio Casu, Daniela Frongia, Crisa o Tellas che sta decorando tutto il mondo, sono solo alcuni dei nomi che stanno cambiando la nostra Terra. Ritengo che nel campo del muralismo la Sardegna stia conoscendo una nuova primavera, negli ultimi due decenni c’era stato un po’ di calo, i murales stavano diventando puro decorativismo, mentre negli ultimi anni tutti questi giovani artisti con gli stili più diversi stanno impreziosendo le nostre strade, le nostre case, le nostre periferie. Ci sono luoghi come San Gavino Monreale dove da alcuni anni si sta facendo un gran lavoro grazie proprio a tanti artisti instancabili o a Macomer attraverso il Festival della Resilienza, dove parteciperò nuovamente anche questa estate, al quale prendono parte street artist provenienti da tutto il mondo. Secondo me è tutto in divenire e credo sarà sempre meglio, perché stiamo lasciando un’eredità importante che sono certo non andrà perduta.
#lacanas
Bravissimo Mauro!
ci stavo pensando anche io di scrivere del ..mio compaesano Mauro…e niente brava Ornella … sublime Mauro Patta…
Complimenti
Spettacolari
Artista fantastico!!!
Bravissimo Mauro è da tanti anni che non abito ad Atzara,pur essendo nata li.Sono veramente orgogliosa di avere questo artista come Mauro Patta,che dire i suoi murales sono uno più belli dell’ altro complimenti .
Mi piaci troppo come lavori,,sei unico.. chapeau
Complimenti veramente un gran bel lavoro… un vero artista…
Quello di Seulo sembra vero!
A Seulo è sulla parete del municipio , vederlo da vicino è di una bellezza unica .
Complimenti! Sono bellissimi!!!
Bellissimi
Congratulazioni per il murales alla “Associazione Sarda Quattro Mori Livorno”. Siete veramente bravi
l’augurio è che questi esempi encomiabili siano stimolo ai tanti giovani talenti per farli ritornare fra le braccie della terra di Sardegna, che anche se aspra, accoglie con calore i figli che sono andati via per arricchirsi di nuove esperienze. bravo Mauro a largos annos chi salude e meritu.