di FABRIZIO BASSO
Ce la invidia il mondo questa artista col sangue sardo e rumeno. Ha studiato con Salvatore Accardo e ha collaborato con Ezio Bosso. Ma il primo maestro è stato il papà. Ogni volta che sale sul palco pensa…andiamo a divertirci. Anna Tifu è in Sardegna in questi giorni. Ha scelto di vivere questo strano e indefinibile lockdown in famiglia. Con sé ha portato solo il suo amato violino. Quell’amore che coltiva da bambina che la ho portata a girare il mondo. Anna è una eccellenza italiana che fin da bambina ha scelto uno strumento poetico, affascinante, capace di declinare qualunque musica e appoggiarla al cuore. Vi racconto un po’ di lei.
Partiamo dal momento attuale: come lo stai vivendo? Hai voglia di suonare? Come sta il tuo violino? Purtroppo ho il difetto che se non ho lo stimolo del concerto mi demoralizzo. In primavera ho perso tante date che spero si recupereranno. Non mi sarei aspettata questo stop forzato e dunque ho messo il violino a riposo. Da giugno all’ultimo dpcm sono stata molto impegnata, ho fatto tanti concerti, l’ultimo il 18 ottobre a Cremona allo Stradivari Festival.
Sono i 250 anni della nascita del tuo Beethoven: come lo stai celebrando, per quanto possibile? Quando c’è stata occasione ho eseguito il concerto, lo ho fatto a Stoccarda, no purtroppo a Milano per chiusura della stagione della Società dei Concerti. Dovevo riproporlo in questo periodo ma è saltato tutto. A prescindere dalla ricorrenza nelle mie serate ho sempre incluso una sua sonata. Talvolta non essendo possibile far accedere in sala tutto il pubblico ho tenuto anche due concerti.
So che sognavi di diventare ballerina: quando il violino ha preso il sopravvento? Il papà violinista è stato determinante per la scelta del mio percorso. Mia mamma lavora in una palestra ed appassionata di musica. Non puoi fare le due cose bene. Ora dico che è meglio così perché sono una buona forchetta e se avessi fatto la ballerina non avrei potuto dedicarmi al cibo come piace a me. Sentivo mio padre suonare e ho iniziato a studiare a casa, è stata una mia scelta iniziata a 6 anni, poi il primo concorso a 8 e dunque i primi concerti.
Che differenza c’è tra un Bergonzi e uno Stradivari? Il Bergonzi è meraviglioso ma si sente la differenza con lo Stradivari, anche se non tutti suonano allo stesso modo. Il mio è stato creato nel suo periodo migliore, tra il 1715 e il 1716. La forza dello strumento la percepisci nelle grandi sale.
La sensazione provata quando hai suonato il Cannone appartenuto a Paganini? Ci sentivo sopra ancora le sue impronte digitali. Ho vissuto quell’occasione con ansia perché è chiuso a Genova ed è suonato solo in occasioni speciali. Uno strumento va provato e studiato e lì è stata una sfida perché ne avevo solo una. Ciò mi ha spaventata ma mi ci sono trovata bene. Credo che essermi spaventata mi abbia tirato fuori più energia. Ci aggiungo che è il concerto di Paganini non è facilissimo. Ha una potenza di suono fortissima ecco perché è soprannominato Cannone. Il suono crudo forse perché non viene suonato quasi mai.
Salvatore Accardo, Aaron Rosand ed Ezio Bosso, oltre a tuo padre, sono i maestri? Papà mi ha messo il primo violino in mano, da Accardo ho studiato per dieci anni dagli 8 ai 18 e ho studiato tutto il repertorio violinistico, è un insegnate che mi ha insegnato a stare sul palco e a gestire l’ansia da palcoscenico. Con Ezio si è sviluppato un profondo rapporto umano, prima di ogni concerto mi diceva andiamo a divertirci, una gioia unica e speciale condividere il palco con lui.
Quale è il compositore che più ti mette ansia, che è più difficile da affrontare? Qualsiasi tipo di repertorio mette ansia di responsabilità ma se devo identificarne uno è più difficile dico Paganini dal punto di vista tecnico-violinistico. Se pensiamo ai Capricci e ai Concerti per violino le difficoltà sono alte. Sono complicati anche Mozart, Beethoven e Brahms.
Quando prepari un brano sei istintiva, intuitiva oppure ti affidi alla razionalità dello studio? Sono metodica per come studio e per la serietà che ci metto, per l’interpretazione resto intuitiva, mi aiuta ascoltare le esecuzioni di altri violinisti.
Il Tango Quartet resterà solo su Piazzolla oppure si amplierà, come su, a Gardel, Goyeneche, Troilo… A Cremona abbiamo fatto anche la Carmen di Bizet e poi Fabio Furia e Romeo Scaccia. Siamo un quartetto assai giovane e rimaniamo sul classico, le sperimentazioni arriveranno.
Oltre alla paura di volare, ne hai altre? Non è il mestiere giusto per chi teme di volare, vero? E’ quasi un dramma ogni volta. Sono super fan dei film horror ma ogni volta che li vedo mi spavento.
Quando dicono che sei la favola della classica sorridi, ti inorgoglisci… Mi riempie di orgoglio, ho fatto tanti sacrifici ed essere ripagata con un simile complimento è un traguardo importante. Lo studio costante ti ripaga. Sono molto pignola ed esigente con me stessa, a volte sono scontenta, ma salo sul palco con coscienza a posto. Non bisogna mai sentirsi arrivati.
A cena con Beethoven o Tchaikovsky? Con Beethoven senza dubbio. Fu il primo concerto che ascoltai da bambina eseguito da Uto Ughi. Il Maestro Accardo quando glielo proposi mi disse che a dieci anni non ero matura. Quello di Beethoven è concerto straordinario. Fossimo a cena insieme porterei il violino, lo eseguirei e gli chiederei cosa ne pensa di come lo interpreto!
#SKYTG24
Bellissima
Un altro orgoglio #sardo