A SAN SPERATE, NEL PAESE DEI MURI DIPINTI, L’EVENTO DEL 1892 CHE SEGNO’ LA COMUNITA’: LA TRAGEDIA DE S’UNDA MANNA

San Sperate

di EMANUELA KATIA PILLONI

Ricadono i 128 anni dalla terribile tragedia de S’Unda Manna. Fu quasi il 4 per cento della popolazione del paese a perire nella notte fra il 20 e il 21 ottobre: un disastro umano, sociale ed economico a cui gli speratini risposero con coraggio e speranza.  La notte tra il 20 e il 21 ottobre 1892 San Sperate fu colpita da un’immane tragedia, che rimase a lungo scolpita nelle menti e negli occhi dei sopravvissuti. Nella notte che segui una giornata di pioggia intensa e continua, attorno alle undici e mezza di notte, i due fiumi del paese, il Riu Mannu e il Riu Flumineddu strariparono, riversando nel paese tutte le acque che avevano accumulato dai paesi limitrofi: fu una catastrofe!

Il paese che allora contava circa 1735 abitanti, su sommerso da un mare di acqua e fango fino ad un altezza di un metro e cinquanta. Le modeste case di ladiri non poterono proteggere gli abitanti: ci furono 69 morti che trovarono sepoltura in una fossa comune, presso il cimitero della chiesa di San Giovanni.  Per gli scampati all’alluvione non fu facile riprendersi: i primi soccorsi non giunsero prima del 23 ottobre poiché le acque avevano invaso anche i paesi vicini di Assemini, Decimo e Elmas. I continui appelli delle autorità civili e religiose, videro risposta nella generosità dei fedeli e delle cariche politiche che destinarono molte offerte destinate ad alleviare le pene degli abitanti di San Sperate.  L’impressione fu tale che l’eco della notizia giunse anche in America, come dimostra l’articolo del New York Times datato 23 ottobre 1892. A ricordo di quest’inondazione, che il popolo di San Sperate ha sempre definito S’Unda Manna de Santu Sparau (l’onda di San Sperate), in Piazza Croce Santa, fu eretta una grande croce che ancor oggi è monito e ricordo di quel luttuoso evento.

Nel paese dei muri dipinti, in ogni via, in ogni anfratto si può leggere una storia. Storie colorate che parlano d’arte e di artisti, di fatica e di lavoro, ma soprattutto di Fede e di Speranza.

E nel paese che è mimesi e paradigma di sè stesso ad un tempo, c’è un luogo che più di ogni altro ci rappresenta e ci unisce: Piazza Croce Santa.

Tanto modesta nelle dimensioni quando grande nella sua portata simbolica, la Croce Santa insiste su un angolo dell’omonima piazza, da sempre crocevia di sguardi, di sogni e di preoccupazioni.

A decretarne il ruolo di angolo privilegiato dell’identità paesana fu una San Sperate che rialzava la china dalla peggiore tragedia che, a memoria d’uomo, avesse colpito il paese: S’Unda Manna del 1892. Un comitato apposito venne istituito per la sua ricostruzione dopo che “come è purtroppo notorio, la notte dello 20 Ottobre le onde del nubifragio seco trasportarono il fabbricato che questa popolazione rispettosamente appellava col titolo di Croce Santa che sorgeva nel centro della piazza omonima”

Una seduta consiliare dedicata fu riunita il 18 luglio 1896, sotto la presidenza del sindaco Innocenzo Ecca,

con all’ordine del giorno una “domanda del Comitato per l’erezione di un modesto ricordo nella piazza Croce Santa”.

L’immane tragedia che colpì il paese riecheggia ancora forte, quattro anni dopo, nelle parole del verbale di quella riunione: “Ora un Comitato composto di persone del paese rispettabili per ogni verso, si è costituito allo scopo di costruire, con l’aiuto della popolazione un ricordo nel punto istesso in cui sorgeva la Croce Santa, un ricordo modesto che raggiungere possa la decenza accompagnata dalla più stretta economia. Questo comitato che conosce che queste finanze comunali non potrebbero prestargli pecuniario aiuto, si accontenta della pietra che trovasi nei ruderi del vecchio ponte in Rio Mannu.”.

Per una comunità allo stremo, che non voleva e non poteva rinunciare alla speranza nel futuro che quella Croce ancora rappresentava, c’era una sola soluzione: accordare “al medesimo (comitato ndr) la pietra dei ruderi del vecchio ponte in Rio Mannu di proprietà del Comune… della cadente Pila, e dal muro di spalla dello stesso ponte, quale cessione il Comune fa come per offerta per l’erezione del Ricordo nella piazza Croce Santa in questo popolato.”

Il Consiglio comunale accogliendo la richiesta del Comitato ammette dunque che “l’opera alla quale il Comitato si vuole accingere è attesa con ansia da tutta la popolazione” e che purtroppo le casse totalmente vuote non permettevano di “dare al Comitato un aiuto pecuniario” e rimaneva questa come sola alternativa “per cui potrebbesi supplire a ciò con l’accordare la pietra che esso domanda.”

Una pietra che “non può essere che di poco valore” monetario ma di immenso impatto emotivo e simbolico. Dai ruderi di un antico ponte (romano?), che le intemperie e il tempo avevano reso inutilizzabile, venne dunque risollevato il monumento di una povera comunità contadina, che dell’unità di intenti ha sempre fatto la sua forza. Forza nel risollevarsi, nella capacità di guardare al futuro con consapevole e responsabile speranza. Ma soprattutto forza nell’immedesimarsi nei simboli che ci identificano – pur nella modestia delle loro dimensioni e nella semplicità della loro linguaggio – in una civitas ricca di risorse spirituali ed umane.

Oggi più che mai quella Croce deve essere per noi tutti, provati dalla paura e dalla sfiducia nel domani, un faro e una guida che traccia la strada per la rinascita individuale e collettiva.

Ne usciremo, seppur segnati nella mente e nell’anima, consapevoli di avere alle nostre spalle – e davanti ai nostri occhi – un monumento parlante della resilienza senza tempo della nostra splendida comunità.

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Un commento

  1. il 18 novembre 1892 la commissione montuaria di musei, deliberò di prelevare dai fondi del monte, la somma di lire 30, a titolo di soccorso ai danneggiati dei comuni di San sperate ed Assemini.

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