Al centro della Sardegna, sulle pendici sud-occidentali del Gennargentu, si trova il borgo di Atzara, famoso per il vino e la tradizione tessile. E’ entrato a far parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia anche se l’impatto iniziale può lasciare qualche dubbio al visitatore, a causa delle tante case nuove costruite con poco criterio che deturpano la periferia, ma bisogna comunque andare oltre per coglierne la vera essenza. Si trova nella regione storica del Mandrolisai che, con le sue campagne ricche di vigne e frutteti e le strade segnate da curve dolci, offre veri spettacoli della natura circostante con luci, sfumature e profumi che già da soli meritano una visita. Fondato probabilmente intorno all’anno Mille dagli abitanti di tre vicini villaggi, la tradizione vuole che il primo insediamento si trovasse in località Bigia ‘e josso, nei pressi di una fonte. Andiamo a scoprire di più del borgo storico
Il paese conserva tutt’ora l’originario tessuto urbano di epoca catalana, con le tipiche architetture basse realizzate in granito dai soffitti coperti da travi di quercia. Le case dei rioni più antichi, come Su frusci, Sa Cora Manna, Su Cuccuru de Santu Giorni, Montiga ‘e Susu, Lodine, Zuri e Montica ‘e josso, presentano decorazioni a scalpello sulle cornici di porte e finestre. Oltre alle piccole abitazioni anche le chiese e le strutture megalitiche dei dintorni sono state create in granito e trachite, materiali che riescono a mettere in risalto la bellezza delle finestre e anche dei balconi. Punto di partenza ideale per una passeggiata ma anche per comprendere la realtà locale è il museo di arte moderna e contemporanea che ne evidenza la vena artistica. Più di un secolo fa, infatti, giunsero qui alcuni pittori spagnoli che, in occasione del Giubileo del 1900, avevano potuto ammirare a Roma i bellissimi costumi femminili e maschili della delegazione di Atzara: ecco che oggi sono conservate nel museo, intitolato ad Antonio Ortiz Echagüe, un centinaio di opere riconducibili alla scuola spagnola del costumbrismo (da costumbre, «costume») e ai suoi seguaci sardi interessati al folklore locale. Ecco come il paese è diventato il centro di elaborazione di un linguaggio pittorico autoctono di ispirazione iberica, oltre che meta di importanti artisti che vi soggiornarono. Il museo, inaugurato nell’agosto del 2000, ha trovato sede nelle sale di un edificio ottocentesco in pieno centro storico, e la sua pinacoteca accoglie un’interessante panoramica della pittura del Novecento in Sardegna e vale la pena immergersi nei colori e nelle luci delle campagne amate ed immortalate dagli artisti, le stesse che può ammirare il visitatore andando alla scoperta del territorio circostante.
Di fronte al museo si trova una bella casa padronale con elementi liberty, balconi in ferro battuto e originali decorazioni sul portone di ingresso e sulle finestre. Si prosegue la passeggiata attraversando la strada principale fino a raggiungere ad una vasta piazza ad anfiteatro su cui si affaccia la chiesa di San Giorgio, di forma rettangolare, con navata unica, facciata in pietra e campanile a vela. Dopo aver ammirato, su via Su Conte, un pozzo a base quadrata sormontato da una cupola rivestita di maioliche, nel patio di quello che era un palazzo feudale, si arriva in Piazza Sant’Antioco, dove sorge l’edificio più importante di Atzara, la chiesa parrocchiale di Sant’Antioco. Si presenta in stile pisano-aragonese con interno gotico, impostato su eleganti archi a tre navate. Particolarmente di impatto è il magnifico rosone aragonese finemente ornato. La facciata, tutta in trachite, è di forme sarde, e l’interno custodisce due altari di legno opera di intagliatori locali, una statua lignea della Vergine del Cinquecento e diverse argenterie dello stesso secolo. Di fronte alla chiesa si trova la vecchia casa parrocchiale, dove si notano gli elementi di gusto aragonese come la finestra con davanzale in trachite e la croce incisa sulla pietra. Prima di uscire verso la campagna ci si imbatte in un’altra abitazione padronale, casa Muggianu, su cui si distinguono due belle finestre in stile aragonese. Nei dintorni si trovano le chiese campestri di Santa Maria de Josso, di Santa Maria de Susu e di Santa Maria Bambina dedicate al culto di Maria e risalenti al Mille, ma ad arricchire il ricco patrimonio culturale ci sono anche i resti di alcune domus de janas, sepolture preistoriche scavate nella roccia, e il nuraghe Abbagadda con torre centrale alta sei metri, per una visione a tutto tondo dedicata anche a chi ama l’archeologia.
Un tempo, in tantissime abitazioni di Atzara i telai erano continuamente in funzione, manovrati dalle mani sapienti delle donne. La produzione verteva soprattutto su tappeti, coperte, stoffe d’arredamento. Oggi il visitatore può conoscere le varie fasi di questa tradizione nella cooperativa tessile, denominata Sa Fanuga dal nome con il quale è conosciuta la tipica coperta a pibiones. E’ una tecnica che si ottiene col telaio orizzontale e consiste nel praticare un ricamo in rilievo, fatto di tanti nodini (il termine “pibiones” indica gli acini d’uva), su una trama a tessitura liscia, che solitamente è in lino o cotone bianchi, mentre i pibiones sono di lino, cotone o lana colorati. I diversi modelli propongono motivi decorativi con disegni geometrici e floreali. I tappeti di Atzara sono tra i più rinomati di tutta la Sardegna. Un altro elemento principe dell’economia locale è il vino: a differenza delle altre aree della Barbagia, qui non si produce solo il Cannonau, ma le sue uve vengono unite con un sapiente dosaggio a quelle dei vitigni Monica e Bovale per dar vita al Mandrolisai, un vino Doc di colore rosso rubino dal bouquet rotondo, ricco di sfumature e dal gusto secco e ben strutturato. Su vicoli e piazzette si affacciano i magasinos, cantine private come quella cinquecentesca di palazzo Su Conte, dove, tra botti in castagno, soffitti con travi in rovere e pavimenti in terra battuta, gli abitanti sono pronti ad accogliere il visitatore con una bottiglia di Mandrolisai o di Moscato.