di PIER BRUNO COSSO
«Non amo gli orpelli, gli eccessi; cerco di arrivare all’essenza, non voglio dire tutto io», ci ha dichiarato Anna Fresu nelle sue folgoranti risposte dell’intervista pubblicata sul numero 824 di TUTTUS IN PARI (e nel link sotto)
Nel leggere la sua silloge di racconti Storie di un tempo breve (anzi brevissimo) Macabor Editore 2020, devo dire che non sono del tutto d’accordo con l’autrice. Mi sorprende soprattutto quel “non voglio dire tutto io”, che secondo me non fa parte dell’animo dello scrittore e meno che mai di quello della nostra autrice maddalenina che invece secondo me riesce a raccontare tutto, e benissimo, anche in mezza pagina.
Mi spiego meglio: nel libro che ho davanti i racconti sono normalmente di una o due pagine, quindi per un tempo breve (anzi brevissimo) per occhieggiare al titolo, ma dentro c’è tutto. C’è un inizio, uno sviluppo, un epilogo, una o più caratterizzazioni e magari anche bei dialoghi. Il che richiede un dominio non comune della grezza materia narrativa. Che quando c’è, come in questo caso, la lettura diventa godimento.
Poi la breve distanza, il passo veloce, diventano un mezzo espressivo in più. Così i racconti sono affilati, talvolta persino taglienti, sorprendenti, ammiccanti o diretti, forse alcuni non definitivi, ma mai spezzati a un passo dalla fine.
È vero, qualche volta la storia rimane sospesa, ma mai monca come un ponte interrotto, tutt’al più come una strada che faccia finire l’asfalto prima dell’arrivo. Dove il tracciato sfumi in campo aperto, senza smettere, senza finire, immaginando di proseguire in mille altre direzioni fantastiche. Il nastro di catrame, con le sue strisce bianche, coi sui picchetti rossi e bianchi ordinatamente in fila, quasi naturalmente finisce, ma si può e si deve continuare ad andare avanti, verso il prato, o verso quella fitta macchia mediterranea, o verso un boschetto, oppure verso una collina in salita che ti porta alle quote più alte.
È la magia della lettura, lo scrittore traccia la rotta, e tu immagini la strada. Ecco forse intende questo Anna Fresu quando sostiene che non “vuole dire tutto lei”. Perché certe volte ti accompagna per mano fino al traguardo, secondo uno schema diligente che conclude tutto quello che inizia, mentre altre volte puoi andare avanti tu, andare con le tue sensazioni in “quell’oltre” così al centro dell’ispirazione dell’autrice.
Fra i tanti esempi, questo racconto breve dal titolo L’Amore:
“Vieni con me”, gli disse. “Voglio farti vedere”.
Lui prese la sua mano e la seguì.
Pensò che non poteva fare altro.
Camminarono e lui vide i ciottoli della strada, la facciata delle case. Si fermarono in una piazza e vide ogni goccia d’acqua della fontana.
Vide, poi, il porto; vide una barca. Vide il mare. Vide ogni gra-no di sabbia della spiaggia, una nuvola grigia che si schiariva, il cie-lo pallido diventare azzurro.
Vide il colore del vento, i fiumi, le montagne.
Sentì il grido del gabbiano, il canto di una tortora.
Vide il fruscio di un filo d’erba, il ronzio di un’ape, un fiore che si apriva, un albero che cresceva.
Vide mille volti e li riconobbe. Di ognuno distinse la voce.
Vide la spalla di lei, il suo profilo. Sentì il suo sguardo, e l’amò.
Capì che non poteva fare altro.
Come si vede il seguito potrebbe essere dentro di te. Che è già un bellissimo espediente narrativo, non alla portata di tutte le penne.
Poi nella seconda parte del libro il tempo breve, diventa brevissimo, come dice il titolo della sezione. Allora le storie sono minime, condensante a loro modo, ma non surrogate; con quella completezza che ancora una volta vola dalle pagine in poi.
Un racconto anche in solo quindici parole, più che sufficienti ad Anna Fresu per raccontare un dramma, forse un dramma possibile, forse un incubo irreale.
Il bambino soldato.
Quando gli misero in mano un AK 47 si illuse di avere finalmente un giocattolo.
Poi si apre la terza parte, col passo nuovamente più lungo, ma che sembra girare più direttamente intorno all’autrice. Come se all’improvviso avesse gettato la maschera e si svelasse direttamente, affrontando il campo minato dell’autobiografico. Intendiamoci, Anna Fresu emergeva chiarissimamente anche dove non era dichiarato. Qualunque cosa scriva uno scrittore non può che venire dalla sua sensibilità, dal suo intimo sentire, ma certe volte il rapporto tra sensazioni e pagina scritta sceglie vie così dirette che sembrano autostrade del piacere della lettura.
NOTE BIOGRAFICHE
Anna Fresu: nata a la Maddalena, in Sardegna, si è laureata in Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. È regista, autrice, attrice di teatro, traduttrice e studiosa di letterature africane. Nel 1975 ha lavorato in Portogallo come mediatrice culturale. Dal 1977 al 1988 ha vissuto in Mozambico dove ha insegnato e diretto la Scuola Nazionale di Teatro e creato e codiretto il “Dipartimento di Cinema per l’infanzia e la gioventù” realizzando diversi film che hanno ottenuto riconoscimenti internazionali. Nel 2013, ha pubblicato “Sguardi altrove”, Vertigo Edizioni. Sue poesie e racconti sono presenti in diverse antologie. Collabora con riviste on line e blog.
In Argentina ha insegnato Lingua e Cultura Italiana e realizzato diversi spettacoli teatrali.
Con la Temperino rosso edizioni ha pubblicato: Ponti di corda – 2018, e nel 2020 con Macabor la silloge di racconti Storie di un tempo breve (anzi brevissimo).
Grazie mille a Pier Bruno Cosso per questa splendida recensione, per la sua attenta lettura e la capacità di entrare nella mia scrittura e nelle mie storie con fina sensibilità e percezione. E grazie a Tottus in pari.