di MASSIMILIANO PERLATO
È da poco uscito in libreria, per Infinito edizioni, L’orso non è invitato – gli animali, l’uomo, la scomparsa della biodiversità sulla Terra, una fotografia chiara e attuale per riflettere sulle principali minacce per le specie del Pianeta, nelle cui pagine sono presenti passi importanti che descrivono l’autenticità della Sardegna. Abbiamo incontrato l’autore, Gabriele Bertacchini, classe 1980, naturalista bolognese, trapiantato in Trentino, dopo la laurea in scienze naturali e la specializzazione in comunicazione ambientale a Pisa. La madre è nuorese.
Gabriele, ci parli un po’ del tuo lavoro e della tua attività di scrittore? Mi occupo di comunicazione ambientale. Ovvero cerco di sensibilizzare le persone, dai più piccoli ai più grandi, al rispetto di quello che abbiamo intorno. Questo può avvenire solo se si conosce quello che ci circonda e se ci si rende conto di come i nostri comportamenti, anche quelli a cui non prestiamo particolare attenzione, possano incidere sui sottili e delicati equilibri della natura. La mia attività di scrittore va in questa direzione. I miei libri vogliono fare conoscere aspetti che magari ci sfuggono, al fine di recuperare l’attaccamento con quanto di più prezioso abbiamo a disposizione: la Terra e le sue risorse naturali.
Qual è il tuo legame con la Sardegna? Al di là delle origini materne, ho sempre passato i mesi estivi insieme ai nonni, che da Nuoro si spostavano a San Teodoro da giugno a settembre inoltrato. Mio zio mi ha poi dato la possibilità di scoprirla nel suo cuore, ovvero all’interno. Mi sono quindi legato in modo profondo alle sue energie, tant’è che oggi ci vivo per cinque – sei mesi l’anno, preferendo i mesi della primavera e dell’autunno, in cui si respirano odori unici. Mi sono costruito la mia professione anche in funzione di questo, per potere tornare alle mie origini nei diversi periodi dell’anno, del resto si vive principalmente grazie ai sentimenti.
Ti abbiamo già conosciuto in occasione di una tua precedente pubblicazione, ce la ricordi? Nel Mondo di cristallo cercavo di fornire una panoramica generale, ovvero di spiegare le diverse problematiche ambientali secondo una matrice comune. Tali problematiche non possono essere infatti tra loro separate in quanto tutte frutto di un nostro modo di vivere e di interpretare la società contemporanea.
Veniamo ora all’ Orso non è invitato, argomento di grande attualità visto anche quanto sta succedendo in Trentino. Il libro parte proprio dalle attuali vicende di cronaca legate alla sopravvivenza della popolazione di orsi bruno in Trentino per poi spostarsi in giro per il mondo o in altre parti d’Italia, attraverso dati e curiosità che ruotano attorno al mondo degli animali. L’orso diviene così una sorta di simbolo, un modo di interpretare il destino della vita sulla Terra. Come dico nel prologo ogni luogo ha le proprie storie. Cambiamo le specie, le ragioni ma, forse, non i principi di fondo che sono alla base dei singoli gesti. È solo una questione di scelte. La crisi di biodiversità è prima di tutto culturale. Se ogni giorno si estinguono dalla Terra fino oltre cinquanta specie viventi è perché abbiamo dato la priorità ad altre cose, il più delle volte superflue, che non migliorano realmente la qualità della nostra vita ma che ci rendono come “incatenati” a dei modelli dai quali cerchiamo di fatto di evadere, trovando rifugio in “oasi” rimaste intatte.
Come è presente la Sardegna all’interno di questo tuo nuovo lavoro? Alla Sardegna “affido” le pagine dedicate al ruolo di un ambiente rimasto puro.La Sardegna è tra le regioni d’Italia che possiede il minor consumo di suolo su base annua. Dico che “il suo spirito è rimasto intatto. È fatto di grossi massi di granito scolpiti dall’acqua e di un profumo all’aroma di elicriso che ti accoglie non appena ne vedi le coste”. Non tutto viene gestito, e questo è fondamentale. “I lecci si arrampicano tra le montagne dell’interno senza che nessuno dica loro dove andare o come crescere. L’energia non è stata corrotta. È ancora potente e possiede l’identità della creazione”. Quando lo stagno di San Teodoro si colora di rosa grazie alle macchie dei fenicotteri, le persone fermano le loro auto per guardarli da lontano. Le persone vivono infatti grazie ai sogni e questi, nella macchina mediterranea priva di strade asfaltate è più facile trovarli. “Nei mesi giusti si può camminare scalzi solo con il respiro del tramonto sulle spalle. Si possono annusare i fiori dei mirti che ricoprono le colline e si possono mangiare i corbezzoli freschi staccati dagli alberi. Ad aprile, ci sono gli iris selvatici viola pastello e le chiazze gialle e bianche dei cespugli che hanno indossato i loro vestiti più belli”. Qualcuno, al posto di tutto questo, vorrebbe fare altro, magari per aumentare i servizi e sfruttare “meglio” le possibilità legate al turismo, secondo un modello che definisco “romagnolo”. Ma “quando si trasforma qualcosa nulla è più come prima”. In un mondo dove tutto è sempre più uguale la chiave vincente (anche per il turismo) è restare unici, autentici, differenti da quello che si può trovare ovunque. Sono convinto che la bellezza che già esiste ed è intorno a noi possa ispirarci, cambiando certe vibrazioni. Questo è uno dei ruoli che può avere l’ambiente naturale della Sardegna, può ovvero permettere di riscoprire la propria identità, che magari si è smarrita in qualche centro urbano di grandi dimensioni o all’interno di un centro commerciale. In certi momenti, quando cammino lungo la spiaggia La Cinta poco prima che giunga la sera e “sullo sfondo, vedo l’isola di Tavolara diventare più scura dopo essersi tinta di rosso, non riesco ad immaginare niente che possa essere più bello di così. Le emozioni sono nell’aria, sono il risultato di tutto quello che mi circonda, che mie entra dentro e mi fa essere felice”.
Noi sardi siamo felici di poter leggere di così tanta sensibilità scientifica. È auspicabile una tale presa di coscienza collettiva.
Mi piace questo articolo perché sa coniugare il profondo sentimento di affetto per la Sardegna con un sincero spirito ecologista.