di CIRIACO OFFEDDU
Leggo d’un fiato “Tra il Galles e la Sardegna, Storia della famiglia Piercy” di Giorgina Mameli-Piercy Giustiniani, memorie raccolte e integrate a cura di Diego Satta, Carlo Delfino Editore, e poi (la sicurezza del risultato si cementa via via, durante il procedere della lettura) non riesco più a dormire per l’amarezza.
Non me ne vogliano i due autori, verso i quali ho anzi maturato tenerezza, stima e complicità, ma è un libro scritto malissimo, in quanto inadeguato a disegnare un’epopea storica di incredibile portata, a raccontare una famiglia che ha caratteri e personaggi ognuno dei quali degno di un proprio racconto e romanzo. Il tutto con lo sfondo di una Sardegna che mostra tutta la sua incapacità di valorizzare l’opera d’arte sublime, e che al contrario dispiega tutto il suo diabolico mestiere nell’uccidere l’artista che la ama e nel riuscire a cancellare il segno divino della bellezza, dell’amore.
E’ un libro amarissimo che a tutta prima induce a essere affrontato come una raccolta di pagine giornalistiche di scarso valore, quando invece ogni passaggio dovrebbe e potrebbe far esplodere un picco di meditazione antropologica ed esistenziale.
Nella storia dell’ingegnere gallese Benjamin Piercy, cui si deve la realizzazione delle ferrovie in Sardegna, e nel dipanarsi delle vicende della sua famiglia c’è tutto: la visione ottocentesca del progresso; la scoperta di una civiltà, di un continente di incredibile bellezza (la Sardegna) e di un popolo molto strano; una realizzazione tecnica e politica che ha del miracoloso, visti i tempi e le difficoltà; la comprensione imprenditoriale e culturale delle enormi potenzialità nascoste nell’isola e lo sviluppo di aziende all’avanguardia; l’investimento personale in una terra straniera verso cui matura il famoso e sempre tragico “mal di Sardegna”; l’ingratitudine e la tremenda delusione nell’essere privato della possibilità di completare l’opera e il mancato affidamento delle Ferrovie Complementari; la morte; il sogno degli eredi, via via dissolto tra miserie (furti di bestiame, vandalismi, bieche ripicche) in cui la Sardegna ugualmente eccelle.
Noi siamo quelli che hanno “bruciato” un Nobel, non dimentichiamolo, e che continuiamo ad affidarlo a parassiti privi di dignità e principi. Noi siamo quelli che hanno permesso Ottana e hanno distrutto l’Alisarda, che hanno cancellato monumenti con maggiore gusto e scientificità delle orde dei talebani, e che tengono nascosta la civiltà più importante del Mediterraneo. C’è dunque da stupirsi della ingratitudine, della guerra fatta a Benjamin Piercy, delle campagne meschine di stampa? C’è da sorprendersi se alla fine i sardi, invece che riconoscere la cultura, la professionalità, l’amore e il valore, abbiano scelto la Banca di Torino e un gruppo di capitalisti interessati solo a spogliare la Sardegna?
E’ storia usuale, storia che si ripete ancora oggi. E’ la nostra maledizione, il nostro destino.
Per questi motivi il libro avrebbe potuto essere un capolavoro, ma avrebbe richiesto la penna di un Thomas Mann, capace di farci specchiare, attraverso un racconto epico estruso da ingranaggi di terrificante sensibilità, nelle nostre miserie e nei nostri limiti.
Come tanti altri che sono stati bruciati, Piercy e’ un sogno mancato, una luce che s’infrange, una resa al diavolo e un peccato contro Dio. Come riuscire infine a dormire?
Chiudo alle 4 e 18 con una frase di Theodor Adorno che ben si applica al nostro essere sardi: “Volgarità è essere dalla parte della propria degradazione”. Amen.
Sono l’autore del libro in questione, volevo solo comunicare al signor Offeddu e a quanti ne fossero curiosi, che questo libro è stato premiato nel “Premio letterario Osilo – Sezione Saggistica” con il terzo premio. L’Associazione “Nuestra Senora de Bonaera”, guarda caso, non riceve segnalazioni dagli Editori, né bandisce alcun concorso. Sono i lettori che segnalano le opere meritevoli di attenzione e – fra tutte le opere segnalate nel 2018 – questo libro ha ricevuto il terzo Premio nella Sezione Saggistica! Con la seguente motivazione: AVVINCENTE, EMOZIONANTE, A TRATTI COMMOVENTE. UN SAGGIO CHE SI PUO’ LEGGERE TUTTO IN UNA VOLTA COME IL MIGLIORE DEI ROMANZI: UN SORPRENDENTE E MERAVIGLIOSO AFFRESCO FAMILIARE, MOLTO BEN CURATO DA DIEGO SATTA, E SULLO SFONDO IL LIMPIDO QUADRO DELLA VITA AGRO-PASTORALE DELLA SARDEGNA DEL TEMPO. UN TEMPO FELICE PER GIORGINA E PRIMA ANCORA PER I SUOI AVI, E PER QUANTI EBBERO LA FORTUNA DI VIVERE ACCANTO ALLA FAMIGLIA PIERCY, INTERPRETI E AL TEMPO STESSO TESTIMONI DELLE VICENDE CHE LI RIGUARDARONO”.