di TONINO OPPES
E’ in distribuzione, in questi giorni, “Libertà o morte” di Lorenzo Pinna, edito da Domus de Janas. Pinna, emigrato di Pozzomaggiore, racconta la sua vita. Sono anni di lotte e di sacrifici, che rivivono come in un romanzo. Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo la prefazione di Tonino Oppes.
Ma quante vite mette insieme Lorenzo Pinna nella sua esistenza che sembra un romanzo d’avventura, pieno di colpi di scena e con lunghe sequenze da incubo?
Povertà estrema e sofferenze indicibili si mescolano a sogni interrotti bruscamente; la voglia di un bambino di lottare contro la prepotenza e le ingiustizie sociali si scontra con una realtà dura da modificare.
“Ricordare quei tempi è come riviverli” scrive all’inizio del suo viaggio-racconto, e allora seguiamolo nelle crude vicende narrate nel libro.
Lorenzo Pinna è nato a Pozzomaggiore nel 1939 e da tempo risiede a Pescara dove, dopo tanto girovagare, ha messo su casa e famiglia.
L’ho incontrato una mattina nella piazza del nostro paese; mi ha detto che aveva scritto qualcosa sulla sua vita e che teneva molto al mio giudizio. Poi ha aggiunto, consegnandomi una copia del suo lavoro: “Ricorda che io ho fatto solo la seconda elementare.”
“Non ti preoccupare – gli ho risposto-, quello che conta è ciò che riesci a trasmettere attraverso i ricordi. I libri servono anche a questo e a raccontare storie che aiutano a riflettere e che, dunque, vale la pena di consegnare ad altri.”
Ho letto Libertà o morte con attenzione. La casa editrice Domus de janas ha fatto il resto con il prezioso lavoro di editing di Sonia Argiolas.
Quello di Lorenzo Pinna è un viaggio rocambolesco dentro un passato neppure molto lontano. La gran parte della storia narrata si svolge, infatti, tra gli anni quaranta e sessanta del secolo scorso.
Gli anni della fame sono stati lunghi, la pancia sempre vuota; per riempirla è stato necessario darsi da fare, fin dai primi anni di vita.
Per molti, l’infanzia, è un’età sospesa, non vissuta. Persa per sempre.
Capita anche al piccolo Lorenzo di doversi arrangiare.
Il primo lavoro lo svolge quando ha appena cinque anni: va a fare la guardia alle pecore in un ovile distante qualche chilometro dal paese. La paga per la famiglia è una forma di ricotta al mese.
La scuola ultimata in seconda elementare: troppo difficile conciliare lo studio, la mattina, con il lavoro, la sera fino a notte.
Così, a sette anni, è ancora teracheddu, servo pastore: stavolta più lontano da casa, a custodire cento pecore ma, “per fortuna, c’erano i cavalli per affrontare la sfida contro la solitudine.”
In campagna non mancano incontri di paura, come quello di una notte con tre banditi.
La guerra è appena alle spalle, i lutti e le ferite restano.
Avanza la passione per la politica che diventa strumento di crescita, di ribellione e di confronto. Lorenzo Pinna è soltanto un ragazzo quando partecipa alla nascita di una cellula di giovani comunisti; in lui si rafforza il desiderio di lottare contro i latifondisti; la voglia di riscatto ha un passaggio obbligato e si concretizza più tardi con l’emigrazione, nel 1958, verso l’Alta Savoia, che offre lavori nell’edilizia.
Galeotto fu, tre anni dopo, il viaggio a Lione con un amico toscano. Ritrovarsi in un bistrot con due belle ragazze del posto, a bere rum, un bicchiere dopo l’altro, pregustando una romantica notte d’amore, ma il risveglio avviene dentro una cella nella caserma dei Legionari. Arruolati con l’inganno, traditi proprio dalle due fanciulle che li avevano fatti sognare.
“Abbiamo bisogno di voi nella guerra in Algeria!” urla un caporale mentre gli butta addosso un secchio di acqua gelida.
Comincia il viaggio in Africa. Anni durissimi, ancora più difficili di quelli già vissuti fino ad allora perché privi di libertà che mancava come l’aria. I tentativi di fuga si susseguono, i rischi di fucilazione sono in agguato, non mancano i pestaggi, ma alla fine Lorenzo Pinna riesce a scappare. Leggete quelle pagine da brivido.
Dopo il sofferto ritorno a casa, e l’abbraccio con la madre, nel piccolo cortile con il melograno, ricomincia la vita dell’emigrato, ma il percorso è ancora pieno di ostacoli.
Libertà o morte è un racconto autobiografico, di grande dolore, in cui però emerge nitidamente la voglia di arrivare, di affrancarsi dalla miseria e dai soprusi inseguendo le vie della salvezza anche se i pericoli sono sempre in agguato.
Eppure, sembra incredibile, ma la testimonianza di Lorenzo Pinna regala qualche spicchio di tenerezza e di umanità quando, sullo sfondo, compaiono il paese natio e i ricordi di un’infanzia vissuta con l’obbligo di crescere in fretta.
Sfogliando il libro si scopre come anche una vita di sofferenza sia capace di offrire episodi di dolcezza che, una volta strappati all’oblio, regalano più di un sorriso. Accadeva nei giorni di festa. I bambini sostavano a lungo vicino alle bancarelle dei torronai sperando che sotto i colpi della mannaia cadesse per terra qualche pezzo di quel dolce per molti inarrivabile, e allora tutti a tuffarsi per terra a raccattare qualcosa.
Quel lampo fotografico racconta la povertà di un tempo, ma fa anche capire quanto sia forte, e indimenticabile, il sapore di una prelibatezza lungamente inseguita negli anni più difficili della propria esistenza.
Ho avuto l’onore di leggere il menabò del libro, è stato un privilegio ed un auspicio rivelatosi, quello di farlo pubblicare per far leggere a chi quell’avventura nemmeno la sogna.
La determinazione di un bambino-ragazzo-uomo, che con solo la “sua” vita ha avuto la forza “spesso la necessità” di sopravvivere”. Sarà sicuramente un successo , chi lo leggerà lo farà tutto d’un fiato pensando di aver visto un film o un sogno. Complimenti Vincenzo.