di CARMEN SALIS
Mariano Chelo, pittore, originario di Bosa, è un artista affermato da parecchi anni, che oltre alla pittura, opera in vari campi.Tra questi c’è la scrittura. Il suo romanzo, La Nave – Edizioni Amicolibro, è una storia che nella sua semplicità ci porta a riflettere, a ragionare con occhi diversi su quelli che sono i reali bisogni della vita.
Mariano, Grottanegra è un luogo triste dove non c’è sole anche se il nostro astro primario, come scrivi, tramonta ogni giorno davanti al mare, ma ogni giorno uguale all’altro, senza emozionare chi abita nel paese. Cosa rappresenta la Nave?
La nave è quella cosa che accade quando sembra che non ci sia più niente da fare, quando la negatività ci pervade, quando si pensa di aver perso tutto. La nave è più della speranza stessa, è una cosa concreta che ci rimette in gioco, è li, attracca al nostro porto ma ci cambia la vita solo se abbiamo il coraggio di salirci sopra, di entrarci dentro, solo così ci da l’opportunità di cambiare le cose in meglio.
Una storia che è stata definita una favola pulita, e quindi come in tutte favole c’è una morale?
Che le cose si possono migliorare con la volontà e l’entusiasmo, che molte volte non riusciamo a vedere quello che abbiamo già e pensiamo che il meglio sia sempre altrove, che col tempo si aggiusta tutto e che l’amore vince sempre. Insomma, una serie di banalità che si possono trovare in tutte le favole. Ma io non volevo dare una morale, piuttosto un progetto di vita sociale che è utopico, ma pensandoci bene potrebbe funzionare, almeno nei piccoli paesi. Certo, questo dovrebbe prevedere la rottamazione di sentimenti come l’avidità e l’invidia, che dovrebbe essere sostituita da una sana intelligenza. Mah, forse un giorno la razza umana si evolverà in meglio, ci sono tanti segnali che ci dicono che sarebbe meglio cambiare direzione.
La pittura, la grafica, la fotografia. Cosa le unisce alla scrittura?
L’immaginazione e la creatività usano svariati mezzi per esprimersi, si tratta di trovare il mezzo giusto per ciò che si intende dire. Molte volte anche il silenzio è creativo.
Di cosa abbiamo bisogno per essere felici?
Io rivolterei questa domanda e la porrei così: Di cosa NON abbiamo bisogno per essere felici? Quando si vola con la mongolfiera e si sta per precipitare è necessario buttare fuori le cose pesanti, le zavorre. Pensiamo mai a quante cose ci appesantiscono la vita? Frequentazioni inutili con persone pesanti, finti doveri che la società ci impone, orgoglio e puntiglio, l’inseguimento di oggetti nelle vetrine che non potremo mai permetterci, eccetera. O spesso siamo infelici perché abbiamo troppo e desideriamo ancora di più. Il periodo che stiamo vivendo ora sembra proprio l’esempio ideale per capire ciò che intendo dire, è bastato privarci della libertà, una cosa che davamo per scontata, per farci capire che dovremmo essere felici solo perché ce l’abbiamo. In cambio ci è stato regalato del tempo che abbiamo investito trascorrendolo nelle nostre case, abbiamo scoperto di avere tante cose che ci hanno reso felici, lettere ritrovate, dischi riascoltati, libri mai letti, ma anche il silenzio e la sensazione di essere padroni e non schiavi del tempo. E sì, buttando via un po’ di zavorra sicuramente saremo più felici.
Non vedo l’ora di leggerlo.
lo comprerò mariano ti auguro di avete tanto successo