di LUCIA BECCHERE
Vorrei che mio marito venisse ricordato soprattutto per la sua naturale modestia, la sua umanità e per tutto il suo sapere», così, con evidente commozione parla la signora Anna Gentile Caocci.
Nato a Cremona nel 1936 da due insegnanti elementari che a tre mesi dalla sua nascita faranno rientro a Belvì, paese d’origine, Alberto Caocci aveva solo 6 anni quando rimase orfano di madre e il padre si arruolò nella Marina. Saranno i nonni a crescerlo, prima a Sassari dove il piccolo Alberto ha frequentato le scuole elementari e medie, poi a Genova dove si erano trasferiti per lavoro e dove dopo il liceo classico si era iscritto alla Facoltà di Lettere moderne. Per non gravare sulla famiglia – al terzo anno aveva sostenuto già 14 esami – lavorò come rappresentante di liquori fino a quando uno zio paterno che viveva a Nuoro gli suggerì di trasferirsi in Sardegna dove la scuola che offriva molta disponibilità di lavoro anche ai non laureati.
Per l’intero anno scolastico 1961/1962 ottenne la cattedra di lettere a Orune, paese a 27 chilometri da Nuoro che raggiungeva con una lambretta e per ripararsi dai freddi rigori invernali che lo aggredivano lungo i tornanti della vecchia strada Nuoro-Bitti si imbottiva di giornali. Nel frattempo si era trasferito da Genova all’Università di Cagliari in quanto sede più vicina e quindi più congeniale per completare i suoi studi.
L’anno successivo insegnò a Fonni dove venne riconfermato per altri 7 anni e cioè fino al 1970. Ricorderà gli anni d’insegnamento a Orune e Fonni come i più belli di tutta la sua carriera scolastica.
Signora Anna, come ha conosciuto il suo futuro marito? «Ero approdata anch’io dalla Sicilia alla scuola media di Fonni come insegnante di educazione tecnica, fu così che il rapporto fra me e Alberto da quello tra semplici colleghi si trasformò ben presto in qualcosa di più importante. Ogni pomeriggio veniva a trovarmi per prendere insieme il thè nonostante a lui non piacesse. Era molto affettuoso e sensibile, fra noi nacque un legame così profondo che ci avrebbe tenuti uniti per tutta la vita. Nel 1966 ci siamo sposati a Fonni – io 27 anni e lui 30 – e nel ’67 è nato il nostro primo figlio Giovanni. Nel frattempo la scuola cominciava a dotarsi di insegnanti col titolo di laurea e per timore di esser scalzato in quanto precario, riprese lo studio a ritmo serrato e in un solo anno sostenne gli ultimi 4 esami. Nel 1970 si laureò con 110 e lode discutendo la tesi su “La Feroniade” opera minore di Vincenzo Monti. Eravamo in attesa del secondo figlio quando nel 1970 decidemmo di trasferirci a Nuoro, entrambi con sede la scuola media Numero 1».
La svolta della vita di Alberto Caocci arrivò nel 1987 quando il Rotary di Milano bandì un concorso per la pubblicazione di un libro di storia non inquinato. La storia era sempre stata la sua grande passione tanto da scrivere lui i manuali per i suoi alunni. Partecipò al concorso con 3 volumi per le scuole medie Conoscere per capire vincendo il primo premio che constava in 7 milioni delle vecchie lire con relativa pubblicazione. Furono pubblicati da Mursia nel 1984/1985/1986, adottati in tutte le scuole italiane e tutt’ora in uso. Una vera fortuna per il periodo quando lo stipendio mensile di un insegnante era ben poca cosa. La vicenda ha avuto grande risonanza mediatica soprattutto nel mondo della scuola e da quel momento in poi la sua fama travalicò le aule scolastiche. Caocci lasciò l’insegnamento nel 1987 per dedicarsi alla stesura di manuali di Storia e geografia per le scuole medie e gli istituti professionali: Appunti di storia sarda, La Sardegna, La vita e i costumi dell’Ottocento, La chiesetta di N. S. del Monte, Nuoro e il suo volto, L’Isola dei sardi e tanti altri ancora. Il Rotary di Nuoro lo annovera fra i suoi soci più illustri e nel club di cui ha fatto parte per oltre 30 anni ha ricoperto il ruolo di Presidente e di rappresentante del Governatore. Per il Rotary, dove tutti lo ricordano con rimpianto, ha pubblicato Il Rotary nuorese 40 anni di servizio dove è documentata la storia e l’attività rotariana dal 1958 anno della sua fondazione fino al 1998 e che poi riscrisse nel 2008 per una rilettura ai 50 anni di vita del club. Inoltre per oltre 40 anni ha anche collaborato come redattore volontario a L’Ortobene. Nel suo studio le pareti sono interamente ricoperte da attestati di benemerenza, a testimonianza del suo grande impegno nell’ambito della cultura. Ne indichiamo solo alcuni: Premio Rotary International 204 Milano – Primo classificato per il manoscritto di un corso completo di storia e educazione civica per la scuola media dell’Obbligo (1980); Medaglia d’argento ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte conferita dal Presidente della Repubblica Cossiga (1989); Laurea honoris causa in critica storica alla Constantinian University di Providence USA (1990); Cavaliere dell’ordine di Malta (1990), mentre nel 2010 il Lion Foundation gli conferisce il Melvin Jones Fellow per meriti culturali.
Che marito e che uomo è stato Alberto? «Noi due vivevamo in simbiosi. Riservato e schivo, rifuggiva dai consensi di qualsiasi genere. Prestava molta attenzione verso i più deboli. Ricordo che quando nostro figlio Giovanni, allora giovane ematologo, lo aveva reso ancora una volta nonno adottando un bambino dello Sri Lanka, lui si era molto emozionato per il suo nobile gesto».
Come lo ricordano i figli? «Con molto orgoglio. Vivono nella perenne adorazione del padre di cui ammiravano la cultura, l’equilibrio e la rettitudine del pensiero. Ora, non potendosi confrontare con lui, fanno tesoro dei suoi insegnamenti».
Che nonno è stato? «Per i nipoti era e rimarrà “il nostro Angelo”. Con loro ritornava bambino, giocava a carte e a parole crociate».
Che rapporto aveva con la fede? «Era credente e la fede la manifestava nel silenzio della carità che riteneva fosse la cosa più naturale».
Oltre la storia coltivava altre passioni? «Era un grande collezionista di francobolli – passione trasmessagli dal nonno – che catalogava fin dagli anni trenta e attraverso i francobolli studiava la storia del mondo. Da qui è nato il suo il libro La Sardegna nei francobolli».
C’è qualcosa che ha lasciato di incompiuto? «Pensava di organizzare un’unica grande festa per il suo ottantesimo compleanno e il cinquantesimo del nostro matrimonio quando in una fredda giornata di febbraio del 2016 la morte lo colse improvvisamente».
Quando la famiglia si è riunita per l’ultima volta? «È stato l’ultimo Natale prima della sua morte a riunirci proprio tutti attorno al tavolo. Dinanzi ai 3 figli e agli 8 nipoti, rivolgendosi a me ebbe a dire “Abbiamo proprio una bella famiglia!”».
per gentile concessione de https://www.ortobene.net/