di MASSIMILIANO PERLATO
Viviamo un momento difficile. Fino a poche settimane fa correvamo fra mille impegni, programmando ponti e vacanze estive, preoccupandoci dei campionati sportivi o di pizzate fra amici. Aperitivi, shopping, palestra, barbe alla moda e unghie colorate erano impegni da incastrare fra lavoro, figli e burocrazia. All’improvviso ci troviamo chiusi in casa e tutto ciò che costituiva la “normalità” è improvvisamente fermo e diventa ogni giorno di più un ricordo ovattato.
Ci vien chiesto di non uscire e noi ci sentiamo quasi persi, perché in casa molti di noi rientravano a mala pena per dormire. Sentiamo quello che era il nostro mondo in pericolo, ci vediamo privati di tutto e la tecnologia viene in nostro soccorso sotto molteplici punti di vista. Il telelavoro e la didattica a distanza sono entrati prepotentemente nelle nostre vite. Gli affetti più cari sono un po’ meno lontani grazie a videochiamate e social network, con gli amici prendiamo aperitivi e mangiamo pizze in videoconferenza.
I più fortunati hanno un giardino e godono delle giornate di sole che questa strana primavera ci sta regalando, qualcuno (come me) guarda il cielo da un balcone o dalla finestra. Usciamo il minimo indispensabile solo per necessità non procrastinabili e osserviamo guardinghi chi ci circonda, cercando con lo sguardo mascherine e mani guantate, contando i passi che ci separano dalla persona più vicina per evitare l’aggressione del tanto temuto nemico invisibile. Nonostante siamo “animali sociali”, eviteremmo volentieri ogni tipo di contatto con il resto dell’umanità. I servizi di spesa a domicilio sono però al collasso e chi è costretto a recarsi al supermercato o in farmacia deve sottoporsi a interminabili ore di attesa, in fila, spesso lasciando in casa i familiari più deboli, visto che l’accesso alle strutture è consentito ad una persona per volta. Per non parlare poi di studi medici e professionali, che lavorano spesso a ranghi ridotti e non sono organizzati per gestire un flusso di persone o appuntamenti in situazioni di straordinaria emergenza come quella attuale.
Anche in questo la tecnologia ci viene in aiuto. Per evitare code infinite e ridurre il rischio di contagio, sono nate varie applicazioni che danno indicazioni sulle file, un po’ come Waze fa con il traffico, e ufirst, azienda consolidata che fornisce un servizio di gestione delle code da remoto, ha messo a disposizione gratuitamente tramite Solidarietà Digitale la sua applicazione a chi, durante questo periodo di emergenza, si trovi a dover gestire flussi di persone. Farmacie, supermercati, negozi al dettaglio, ambulatori, studi medici e professionali. A centinaia hanno già fatto richiesta del servizio gratuito su tutto il territorio nazionale e l’azienda sta lavorando senza sosta per dare il proprio contributo nella gestione di questa crisi sanitaria senza precedenti.
ufirst, nelle persone di Paolo Barletta, ceo ad interim di ufirst, e Matteo Lentini, managing director di ufirst, rispondono così a chi chiede il perché di questo gesto di solidarietà: “Vista l’emergenza sanitaria nazionale, abbiamo deciso di rendere l’app completamente gratuita e metterla a disposizione di chi ne facesse richiesta fino al termine dell’emergenza. La nostra task force e i nostri team stanno lavorando giorno e notte e senza sosta per integrare le strutture di tutta Italia, dando ovviamente precedenza alle regioni più colpite dalla pandemia”. Proprio per questa ragione, dicono, “Stiamo integrando anche molti presidi ospedalieri Covid per gestire il flusso di persone de evitare che esse passino tempo nelle sale d’aspetto degli ospedali, cosa che rappresenta un problema per loro e per il personale sanitario”.
Così, magicamente, l’informatica si trasforma in un elemento base della nostra vita che ci permette di risparmiare e ottimizzare il tempo, ci preserva dall’eventuale contagio, continua ad informarci tramite i vari canali di notizie online e ci avvicina sempre di più ai nostri affetti, ci permette di lavorare e studiare “insieme” anche se “distanti”.