di ADOLFO FANTACCINI
Ci sono giorni che restano nella storia, altri che sembrano simili. Il 12 aprile 1970, per chi segue il calcio e mostra interesse per i fatti di costume di un’Italia che nelle ultime settimane è stata messa all’angolo dal coronavirus, è una domenica diversa. Particolare. A Cagliari, infatti, viene scritto il lieto fine di una favola che parte dallo sport e irrompe con impeto nella storia: cinquanta anni fa diventa campione d’Italia.
Riavvolgendo il nastro della vita e della memoria si arriva a una primavera di grandi fermenti, non solo sportivi: il Mondiale messicano è alle porte; è il tempo dei figli dei fiori e degli eccessi psichedelici; il brano ‘Chi non lavora non fa l’amore’, di Adriano Celentano e Claudia Mori, qualche mese prima, aveva trionfato a Sanremo, mentre ‘In the summertime’ di Mungo Jerry e ‘Venus’ degli Shoking Blue si preparano a diventare dei veri e propri tormentoni estivi.
Oggi si chiamerebbero pezzi riempipista. I bambini vanno a letto dopo ogni Carosello e il film ‘Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto’ di Elio Petri, con Gian Maria Volontè e Florinda Bolkan, esce nelle sale cinematografiche già in odore di Oscar. E’ un’Italia sospesa fra il boom economico e l’inizio della strategia della tensione.
Gli occhi del mondo, però, sono puntati sulla Sardegna, una regione che molti immaginavano solo terra solo di banditi e pastori. Invece, no: c’è anche il calcio. In quel 12 aprile di 50 anni fa, infatti, va in scena qualcosa che mai prima e nemmeno dopo si verificherà: il Cagliari di Rombo di tuono Gigi Riva (o ‘Giggirriva’, come lo hanno ribattezzato i sardi) mette matematicamente le mani sul titolo di campione d’Italia, grazie alla vittoria (2-0) sul Bari, in uno stadio Amsicora stracolmo.
A Cagliari solo il vento prova a rendere quella luminosa giornata uguale alle altre. I rivali della Juve giocano a Roma contro la Lazio e, se dovessero perdere, lo scudetto attraverserebbe il Mar Tirreno. Serve però un successo dei rossoblù. La Juve perderà (Ghio e Chinaglia di rigore), il Cagliari vincerà con Riva e Gori a segno: i 3 punti che dividevano le due squadre alle ore 15,30 – con 3 turni da giocare – diventano 5 a due giornate dalla fine. E’ fatta. Il Cagliari non può più essere più raggiunto.
Sandro Ciotti è collegato dall’Amsicora per ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, Enrico Ameri è all’Olimpico di Roma. Il Cagliari sta già vincendo 1-0 quando arriva la notizia del gol della Lazio e un’Isola intera impazzisce: è festa da Arzachena al Gennargentu. Basta qualche frase di Ciotti per avere un’idea dell’aria che si respira, a proposito di un fatto curioso che fa da sfondo a una giornata irripetibile.
“I carabinieri – graffia la voce di Ciotti – hanno potuto trarre in arresto due pregiudicati da tempo latitanti, sorpresi tra la folla che si assiepava all’ingresso degli spogliatoi un’ora circa prima dell’inizio della gara, per tentare di ottenere autografi dai giocatori cagliaritani. Prima di essere portati via dai militi dell’Arma, i due sono riusciti a ottenere gli autografi di Cera e Martiradonna, per quello di Riva dovranno attendere di avere assolto i propri debiti con la giustizia”.
“La vittoria probabilmente l’avremmo meritata l’anno prima – a parlare è Pierluigi Cera, che di quel Cagliari era regista arretrato e capitano -. Nel campionato precedente, pur giocando meglio, arrivammo dopo la Fiorentina scudettata. Forse ci mancò un po’ di convinzione: arrivò l’anno dopo. Partimmo sicuri di potercela fare e fu scudetto alla terz’ultima giornata.
Decisiva la sfida del mese prima a Torino, contro la Juve: in quella partita fu protagonista Concetto Lo Bello che, prima assegnò un rigore ai bianconeri e, dopo la parata di Albertosi, lo fece ripetere. Riva gliene disse di tutti i colori e non fu il solo: Lo Bello capì che aveva sbagliato, venne da me e disse ‘giocate su Gigi’. Alla prima mischia ci diede il rigore del 2-2 finale. Io avevo insultato il guardalinee, fui squalificato”.
Cera, dopo l’infortunio al libero Tomasini, lasciò il ruolo di mediano: fu una rivoluzione tattica. Nacque con lui il libero di manovra, che il ct Valcareggi ripropose ai Mondiali in Messico. “Eravamo guidati da un uomo intelligente e arguto come Manlio Scopigno: gli dissi che potevo giocare in quel ruolo – racconta Cera – ma una condizione: che lo avrei fatto a modo mio. Non spazzando via il pallone, ma giocando un calcio propositivo. Eh si, fu una rivoluzione”.
“Sbaglia chi dice che, quello del 1970 – aggiunge Angelo Domenghini, ala destra di quel Cagliari -: fu lo scudetto di Riva. Chi afferma questo manca di rispetto al resto della squadra: lo scudetto è di tutti noi. Eravamo i più forti, come testimonia il fatto che la difesa subì solo 11 gol in 30 partite. Un record che ancora resiste. Penso che, senza l’infortunio che Riva patì nella stagione successiva e continuando a giocare nell’Amsicora, avremmo potuto rivincere”.
Le nozze d’oro del Cagliari con lo scudetto si consumano al tempo del coronavirus. “Un po’ di paura c’è sempre, si pensa ai figli, ai nipoti, è dura – ammette Cera -. E poi si muore senza nessuno. Che dramma, che tristezza. Il calcio? I campionati sono finiti, ma è difficile annullare tutto; mettiamoci nei panni di squadre come Lazio o Benevento. Si fa presto a dire cancelliamo tutto. Questo virus ha davvero rotto, perché si attacca in maniera incredibile. Meglio pensare allo scudetto del Cagliari”.
Complimenti a tutti giocatori e prima di tutto GRAZIE a RIVA