a cura di VITO BIOLCHINI
Questo intervento è stato scritto da una persona di cui conosco l’identità ma che preferisce rimanere anonima. I nomi non significano molto in questo momento, ma i ragionamenti e le domande che attendono una risposta sì.
ho da qualche giorno qualche domanda che vorrei porre ai nostri governanti e un documento che ho avuto modo di vedere ieri, mi ha spinto a rompere gli indugi e ad avanzare un ragionamento e dei quesiti.
Sono domande semplici, che sento fare da tante persone serie ed equilibrate (ovviamente sui social, perché io me ne sto rigorosamente in casa, e consiglio di fare lo stesso anche a chi legge) e che vorrei proporre ai nostri amministratori senza alcun intento polemico.
Sono però domande importanti che esigono risposte.
Veniamo alla prima considerazione. Ho avuto modo di vedere un documento (che so essere nella disponibilità di moltissimi amministratori comunali), una proiezione della propagazione del Covid-19 in Sardegna. Questo studio dice in sostanza che a fine mese avremo oltre 2000 contagiati e 204 ricoverati in terapia intensiva.
Numeri sicuramente ottimistici. Perché, con l’aumento dei casi avvenuto ieri l’analisi è infatti da attualizzare: per ieri ipotizzava 64 casi mentre tutti sappiamo che i casi sono stati 80. Quindi, se la proiezione è corretta a fine mese i contagiati e i pazienti in terapia intensiva saranno di più di quelli sopra.
Le mie fonti mi dicono che sia uno studio della Protezione civile regionale (altri dicono dell’Istituto Superiore di Sanità) divulgato agli amministratori locali e all’Anci. Anche autorevoli esponenti della giunta hanno scritto sui social facendo riferimento ai numeri che ho potuto leggere per cui ritengo che lo studio sia affidabile.
Tra 15 giorni, quindi, arriveremo a una situazione critica.
Quattro giorni fa, la Regione ha presentato il “Piano strategico per l’attivazione progressiva di strutture di area critica” che prevede l’estensione progressiva in quattro fasi dei posti letto in terapia intensiva fino a un massimo di 486 nelle strutture pubbliche, più altri in strutture private.
Bene! Ma allo stato attuale i posti letto nelle rianimazioni sono appena venti in tutta l’isola.
Prima domanda: quando scattano queste fasi? Quando avremo posti sufficienti in rianimazione?
Altro tema. Oramai sembra appurato che il modello vincente di contenimento del virus sia quello della Corea del Sud, dove hanno fatto i tamponi a chiunque fosse entrato in contatto con un contagiato, quindi anche agli asintomatici. In questo modo sono riusciti a ridurre la letalità fino all’1 per cento (mentre l’Italia viaggia su percentuali a volte a doppia cifra). È una scelta che ha ricevuto il plauso del professor Massimo Galli, responsabile di Malattie Infettive all’ospedale Sacco di Milano, che ha proposto di estendere il modello che in Italia è stato adottato dal Veneto (con risultati assolutamente incoraggianti) anche alla Lombardia e ad altre regioni.
Seconda domanda: perché non adottiamo la stessa strategia anche qui in Sardegna? Cosa ce lo impedisce?
Se avessimo dei punti di riferimento istituzionali nella Asl, nella Protezione Civile e alla Regione sapremmo a chi rivolgere la domanda. Invece al momento non mi risulta esserci nemmeno un responsabile della comunicazione per l’emergenza Covid-19 in ognuno di questi enti. Né, tanto meno, un unico referente, come hai giustamente evidenziato ieri nel tuo pezzo.
È un problema che non riguarda solo i cittadini ma investe anche gli enti periferici come gli ospedali e gli enti locali.
Possibile che l’esperienza dell’alluvione del 2013 non abbia insegnato nulla? Possibile che non ci sia una pagina social a cui fare riferimento con informazioni verificate?
Eppure la Protezione Civile Nazionale ha stanziato dei fondi appositi per la comunicazione legata all’emergenza coronavirus. A me risulta che chi finora solo la Protezione Civile di Nuoro abbia attivato una pagina Facebook, che è diventata subito il punto di riferimento per avere informazioni verificate da parte di un intero territorio, com’era facilmente prevedibile. Magari qualche altro ente ha attivato pagine simili e mi è sfuggito, ma…
Da qui la terza domanda: la Regione e gli altri comuni, che cosa stanno facendo con questi fondi per la comunicazione? Cosa aspettano a muoversi?
A oggi la situazione è tutto sommato tranquilla. Cosa succederà a fine mese, quando il numero dei contagiati, dei morti e dei ricoverati in terapia intensiva salirà esponenzialmente?
Perché la comunicazione d’emergenza è un po’ come i reparti di rianimazione: va organizzata quando è tutto tranquillo. E, nonostante tutto, qui da noi in Sardegna l’emergenza è ancora gestibile.
Ma tra una o due settimane, dovremo davvero appellarci tutti a Sant’Efis?