“JACARANDA”, IL NUOVO ROMANZO DI ISABELLA FLORIS

ph: Isabella Floris

Lia e Alessio sono una coppia come tante, lei con un lavoro stabile e ordinario, lui un malinconico insegnante di yoga. Diversi e complementari si trovano ad affrontare un avvenimento improvviso e doloroso che li separa in modo irreparabile. Jacaranda di Isabella Floris, edizioni La Zattera, si caratterizza per essere un romanzo emozionante dove tutto può cambiare da un momento all’altro e che ci insegna che niente dovrebbe essere dato per scontato. 

Eclettica, avvolgente e misteriosa. La conobbi in un noto liceo Cagliaritano e di lei mi colpì la risata contagiosa e i suoi occhi scuri profondi ed indagatori. Isabella cosa ti porti dietro di quegli anni del Liceo? Pensi che il tuo stile narrativo possa esserne stato in qualche modo influenzato? Comincio quest’intervista premettendo che per me è un piacere e un’emozione rispondere alle domande di una compagna di scuola che mi ha conosciuto in un periodo abbastanza inquieto ma anche molto divertente.
L’adolescenza è stata faticosa e luminosa allo stesso tempo. Di quegli anni mi porto dietro pochi ricordi ma nitidi, la spensieratezza e l’illusione di poter fare tutto rimandando le conseguenze o schivandole e la paura di non fare abbastanza, di non provare abbastanza esperienze, di perdere qualcosa per strada.
Il mio stile narrativo non è solo farina del mio sacco, ho avuto ottimi docenti di lettere, tra cui Patrizia De Montis, una donna che ho amato molto e di cui sento fortemente la mancanza. I suoi insegnamenti sono stati preziosi e non potrò mai esserle abbastanza grata.

Jacaranda è il tuo secondo romanzo, come nasce l’idea di questo titolo? Il romanzo nasce a Cagliari, in una Cagliari primaverile in cui la jacaranda fa da regina lungo i viali e le strade della città. La jacaranda si vede e si sente, mai invadente ma accogliente, una presenza che non si accontenta di essere scenario, ma protagonista. E’ protagonista la jacaranda, come fiore e come simbolo di una bellissima città sul Mediterraneo.

La storia, che non voglio svelare, è fortemente incentrata sul senso della perdita, ma la persona più prepotentemente presente nel romanzo sembra essere quella prematuramente scomparsa. Come è nato questo romanzo? Che messaggio hai voluto trasmettere? Penso che le persone non s’incontrino mai per caso e che ogni incontro sia un dono. Quando perdiamo una persona non dovremmo mai dispiacerci perché in fondo non la perdiamo mai, nel senso che non possiamo perdere qualcuno, in effetti non l’abbiamo mai posseduto. Le persone non si hanno, non si possiedono, è più giusto dire che si condivide qualcosa, un percorso, un’esperienza, ma non abbiamo mai l’esclusiva su una persona, non ne possediamo il corpo, i pensieri, gli occhi. La mancanza quando qualcuno va via è però umana. E’ questo il senso del libro, cercare di curare le ferite di una mancanza cercando di guardare le cose da diverse prospettive, una più razionale e una più spirituale, cercare di sminuzzare un fatto concreto in modo da poterlo elaborare e quindi accettare.

Come insegnante e scrittrice trovi che un libro possa suscitare interesse nei giovani anche in un mondo sempre più interconnesso? Penso e spero che in questo libro i lettori possano trovare una via che non è solo quella puramente materiale, ma qualcosa che va oltre. L’interconnessione c’è ed è reale, ma supera il materiale, è una connessione sempre più profonda tra anime che si cercano, si incontrano e sono insieme per fare esperienza e creare qualcosa, di questo ne sono convinta.

In questi mesi hai promosso il tuo romanzo e ti sei confrontata con i tuoi lettori: che feedback hai ricevuto? Con mia sorpresa ho avuto diversi messaggi da persone in diverse parti della penisola, devo dire tutti positivi, per fortuna. La cosa che mi chiedono più spesso è se la storia mi sia capitata personalmente, se sia qualcosa che riguarda strettamente la mia sfera personale. E’ una domanda a cui non posso rispondere, d’altronde lo scrittore è un bugiardo.

Prima di salutarti una domanda che sicuramente ti avranno già rivolto in tanti: hai previsto il seguito di Jacaranda oppure Lia, Alessio, Samuele, Roberta, Dora e tutti gli altri personaggi del romanzo resteranno sospesi e noi lettori non potremmo far altro che utilizzare l’immaginazione per dar loro una dimensione spazio- temporale? C’è un tempo per tutto. Non lo so, Jacaranda è appena nato e vorrei che prendesse quota seguendo il suo percorso per gradi, adesso mi dedico al libro, come se fosse un fanciullo in crescita, poi vediamo. E’ prematuro parlare di sequel, ma chi può dirlo?

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