di ALBERTO FLORES D’ARCAIS
Quando nell’autunno del 1995 Joseph Buttigieg scrisse un lungo articolo su Antonio Gramsci, presentando al pubblico degli Stati Uniti i ‘Quaderni dal carcere’ (di cui è stato il traduttore dei tre volumi) non poteva immaginare che ventiquattro anni dopo (14 aprile 2019) suo figlio avrebbe annunciato la propria candidatura alla Casa Bianca. Un quarto di secolo dopo Pete Buttigieg diventa – dopo il primo clamoroso exploit nei caucus dell’Iowa e la conferma nelle primarie del New Hampshire di ieri – il più accreditato tra i candidati dell’ala moderata del partito democratico: l’unico (a parte Bloomberg, ma l’ex sindaco di New York scenderà in campo ufficialmente solo nel Super Tuesday del 3 marzo) che appare oggi in grado di tenere il passo del ‘socialista’ Bernie Sanders.
Non c’è nessun legame diretto tra Gramsci e le scelte politiche di Pete (a 38 anni è il candidato più giovane), ce ne sono tra lui e la Sardegna. Perché grazie al lavoro del padre e ai suoi numerosi viaggi nell’isola fin da bambino ha respirato in famiglia la storia e la cultura, italiana e sarda. Ed oggi, tra le numerose lingue straniere che parla, l’italiano lo mastica piuttosto bene. Pete Buttigieg è un uomo riservato sulla sua vita privata. Il suo essere dichiaratamente gay (è sposato dal 2018 con Chasten Glezman) non è entrato troppo (almeno finora) nel dibattito politico, ma nel suo libro di memorie (Shortest Way Home, pubblicato lo scorso anno) in qualche passaggio la Sardegna e Gramsci sono presenti.
Non poteva essere altrimenti, visto che Joseph Buttigieg dell’isola era profondamente innamorato. Tra i fondatori della International Gramsci Society, che riunisce gli studiosi ed appassionati dell’intellettuale e politico comunista (Joseph ne è stato prima segretario poi direttore) il padre del candidato che mira a diventare il più giovane presidente americano di sempre ha passato per anni ogni estate ad animare la Gramsci International Summer School a Ghilarza, oltre ad essere stato uno dei primi Visiting Professor dell’università di Cagliari.
Come ha ricordato Mauro Pala sul sito dell’ateneo cagliaritano “Jo amava la Sardegna, in parte perché, in quanto maltese, si identificava nelle comuni radici mediterranee, ma anche perché vedeva nelle origini isolane un punto di forza per il suo lavoro. Gli isolani – mi disse un giorno – sono naturalmente costretti a confrontarsi con influenze esterne, che si manifestano nella storia sotto forma di mercanti, invasori, migranti di ogni genere: questo fenomeno acuisce la loro percezione dell’altro, costringendoli a rinegoziare di continuo la loro posizione nel mondo”.
Joseph è morto nel gennaio 2019, tre mesi prima che Pete annunciasse ufficialmente la sua candidatura alla Casa Bianca, ma con il figlio di questa possibilità ne aveva parlato a lungo. Che il giovane Pete sia stato influenzato dalle conoscenze e dalla cultura del padre è quasi ovvio. E il fatto che nei suoi comizi e nei suoi interventi elettorali non manchi mai un’eco gramsciana (“la centralità della cultura e dell’istruzione ci mettono nella condizione di scegliere, istruitevi perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”) ne sono la prova.
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