IL PRINCIPIO DI INSULARITA’ NELLA COSTITUZIONE: UN PROGETTO DIVENTATO BIPARTISAN PER ESSERE PADRONI DEL PROPRIO DESTINO

di MICHELE COSSA

L’iniziativa di una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare (nata come referendum regionale, come quelli lombardo e veneto per l’autonomia differenziata) ha avuto in Sardegna effetti dirompenti.

Ha avuto un effetto unificante che ha pochi riscontri (la stessa “vertenza entrate” del 2006 fu tutto sommato limitata al piano istituzionale e dei corpi sociali): è diventata una vera e propria battaglia di popolo, che si è manifestata sul piano della partecipazione alle iniziative che l’hanno accompagnata in Sardegna (l’adesione di 270 sindaci; la partecipazione delle organizzazioni sindacali e datoriali; del mondo accademico, etc) e fuori dall’isola (grazie ai circoli degli emigrati sardi e all’impulso della F.A.S.I.) e, in modo tangibile, nelle firme che sono state apposte, tutte autenticate e certificate nelle forme di legge: in totale, tra fase I (referendum, ritenuto inammissibile dalla Regione) e fase II (pl di iniziativa popolare) oltre 200mila.

Dal punto di vista della sostanza, essa sembra quasi l’uovo di Colombo: i sardi hanno realizzato che alla base di (quasi) tutti i loro problemi hanno una radice comune. Se la Sardegna non fosse un’isola non si porrebbe periodicamente la questione, quella della accessibilità effettiva della nostra Isola; avrebbe già da decenni il metano, come le altre regioni italiane (e quindi sarebbero state eliminate le centrali a carbone). Molto del deficit infrastrutturale non esisterebbe, giacché deriva dalla circostanza che la Sardegna è fuori dalle grandi reti (ferroviaria e stradale, in primis).  Avremmo tutti quegli altri benefici che derivano dall’assenza di discontinuità territoriale, e che si riflettono in una infinità di aspetti: da quelli che riguardano una competizione virtuosa tra sistemi organizzativi e sanitari di regioni contermini, alla possibilità per i ragazzi che fanno sport di poter crescere potendosi confrontare più facilmente con un’ampia platea di concorrenti. Ragionamenti analoghi si potrebbero fare per la formazione e la ricerca universitaria, per l’attività musicale e artistica. Non c’è ambito della vita che non risenta più o meno intensamente della discontinuità determinata dall’insularità: che – solo gli isolani possono comprenderlo – è anche una condizione psicologica.

La consacrazione del principio di insularità nella Costituzione sarebbe un risultato straordinario: fisserebbe un limite inderogabile per il legislatore, obbligandolo a tenere conto di questo principio in tutti i suoi atti.

Un grande e ambizioso obiettivo che ha da poco mosso i primi passi nell’aula della Commissione Affari Costituzionali del Senato, dove è stata depositata nei primi giorni dell’ottobre 2018.

Ma che non deve far perdere di vista il fatto che ci siano anche importanti risultati intermedi ai quali dobbiamo puntare, le cui ricadute sarebbero di fortissimo impatto. Penso soprattutto alle norme europee sugli aiuti di Stato alle imprese, su cui impatta anche la vicenda della continuità territoriale in Sardegna. Queste norme non tengono conto della peculiarità insulare, e vengono applicate in modo pedissequo, essenzialmente a causa della incombenza di ricorsi da parte di compagnie low cost, che per loro natura non sono intestate a svolgere un servizio che le vincolerebbe quanto a frequenze e tariffe.

Ecco perché la mission della Commissione speciale per l’insularità investe non solo il piano nazionale ma anche quello europeo, per verificare la fattibilità di forma di collaborazione con le altre regioni insulari europee (come la macroregione del Mediterraneo). Ma anche per interloquire con le istituzioni europee (costruendo un fronte unico con le altre regioni insulari d’Europa) per introdurre una applicazione delle norme sulla concorrenza che tenga conto del differente grado di difficoltà che scontano le regioni europee sulle quali pesa il grave e insuperabile svantaggio naturale derivante dall’insularità, e per le quali un sistema di trasporti di persone e merci che abbia meccanismi di calmieramento delle tariffe rappresenta un elemento che incide direttamente sull’andamento dell’economia. Come dimostra l’impennata del prezzo delle merci a seguito dell’entrata in vigore della direttiva sul carburante delle navi.

Sono convinto che dal grande movimento di popolo che abbiamo messo in campo scaturiranno risultati concreti sul piano normativo.

Tuttavia sappiamo già che questo non sarà sufficiente. Perché l’altro aspetto della battaglia per l’insularità è unicamente nelle nostre mani. Quando avremo conquistato il diritto di essere messi alla pari con le regioni della terraferma, saremo davvero artefici del nostro destino. Questo significa avere una visione precisa della Sardegna, sulla quale dovremo avere la capacità di investire le nostre risorse con ben altra oculatezza e capacità di programmazione di quanto abbiamo fatto sinora, che dovremo dimostrare a noi stessi, ma anche alla comunità nazionale che la nostra specialità è un potente strumento di sviluppo, di innovazione e di sperimentazione, e non di salvaguardia di meccanismi e modelli organizzativi anacronistici e inefficienti, di sacche di clientelismo e sprechi. Nessuno, in Italia e in Europa, accetta più l’idea che i problemi si risolvano con l’improvvisazione o con la petulanza; e nessuno è più disponibile all’elargizione di elemosine fini a se stesse.

Questa è la sfida più importante e noi dobbiamo essere pronti a raccoglierla.

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