di VIRGILIO MAZZEI
Il Nuragus è un vitigno “storico” della Sardegna. Pur essendo presente in diverse zone dell’Isola, è la zona del Campidano di Cagliari ad esserne particolarmente ricca.
La sua uva dà origine a un vino bianco secco di notevole pregio che contribuisce ad impreziosire tutto il vigneto sardo.
Questo vino si pone fra i DOC più noti del territorio sardo, collocandosi ai primi posti in graduatoria – dopo il Vermentino di Sardegna – tra i vini bianchi vinificati nell’Isola.
Secondo gli storici, il vitigno Nuragus sarebbe stato portato dai Fenici intorno al XII secolo a.C.
Altre fonti che si basano sulla analogia dei nuraghi, invece, ritengono sia un vitigno risalente all’età neolitica, che dalla zona dell’alta Marmilla si sarebbe diffuso nella Trexenta per poi espandersi via via in altre zone del Campidano, e nel Sulcis Iglesiente.
Questo ceppo è noto con vari sinonimi: Abbondosa, Axina scacciadeppidus (uva scacciadebiti), Axina de is Paberus (uva dei poveri), Axina de margiani (uva della volpe).
Considerato il lungo periodo di presenza di questo vitigno nell’Isola, anche per i più attenti studiosi è difficile – almeno sino ad oggi – stabilire con certezza l’origine del vitigno stesso, nonché quello del nome con cui è oggi è conosciuto.
Di conseguenza, quando si parla del Nuragus non dobbiamo dimenticare che siamo di fronte a un vitigno certamente autoctono della viticoltura sarda. L’ipotesi autoctona è sostenuta anche da Michele Vitagliano che lo chiama “Burdu” – madre ignota – ovvero, “selvaggio” come nel dialetto del Sulcitano.
Il termine Nuragus – attribuito al vino – compare per la prima volta nel 1700, in quanto associato a un vino maggiormente prodotto in quel periodo, conosciuto con il nome di “Muscadeddu de Nuragus”.
Lo studioso Moris lo inserisce tra le uve a bacca bianca giallo-rosata, e lo definisce “Vitis Abbundans Ver- Nuragus Frequentissime Culta”.
Sante Cettolini lo descrive accuratamente nel 1893, sottolineando l’incerta origine e i numerosi sinonimi con cui è conosciuto.
Tutto ciò sta a dimostrare non solo la difficoltà nel tracciare un esatto percorso storico di questo vitigno, ma anche l’interesse che nel corso dei secoli ha suscitato fra gli storici del settore.
Il vitigno Nuragus, ancora oggi, è oggetto di accurate indagini ampelografiche al fine di poter giungere a una definitiva – o quanto meno, quasi certezza – dei suoi nobili natali, e del percorso storico compiuto per giungere in maniera così “autorevole” sino a noi.
Per quanto riguarda il percorso storico del vitigno Nuragus possiamo affermare che col rinnovamento del vigneto sardo – dopo il tragico evento della fillossera – venne restituito a questo vitigno il suo prestigio, e col tempo, la capacità di inserirsi fra i vitigni più importanti della Sardegna centro-meridionale.
Fa piacere ricordare, in proposito, che in occasione del Convegno vitivinicolo svoltosi a Cagliari nel 1933, il grande studioso Sante Cattolini affermò che il “vino Nuragus si colloca, tra i bianchi asciutti, ai primissimi posti”.
Il vino Nuragus di Cagliari DOC ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata (DOC) con D.P.R. 28.11.1974, ma più volte modificato. Oggi è regolato dal D.M. 7.3.2014 che stabilisce due tipologie del prodotto:
Nuragus di Cagliari DOC
Nuragus di Cagliari frizzante.
Il disciplinare prevede che l’uvaggio sia per l’85% di uva Nuragus, e che al restante 15% concorrano altri vitigni a bacca bianca non aromatici, riconosciuti idonei ad essere coltivati nella regione Sardegna, e iscritti al Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino di cui al D.M. 7 maggio 2004.
Di massima, vengono utilizzate uve Trebbiano, Vermentino di Sardegna e Semidano.
Detto regolamento stabilisce che la produzione del Nuragus di Cagliari DOC avvenga nel territorio delle provincie di Cagliari, Carbonia, Iglesias, Medio Campidano e Oristano. Entrano a far parte di questi territori anche alcuni comuni della provincia di Nuoro.
L’impianto di una vigna a base di Nuragus prevede la messa a dimora di 3500 ceppi per ettaro.
La resa di uva per ettaro non può superare le 16 tonnellate. A sua volta, la trasformazione dell’uva in vino non deve oltrepassare il 70%. Se supera questo limite, ma non l’80% l’eccedenza non avrà diritto alla DOC.
Oltre l’80% si esclude qualsiasi denominazione per tutto il prodotto, e viene declassato a vino comune.
In base all’articolo 7 del disciplinare è vietata all’aggiunta di qualsiasi altra qualificazione oltre alla dicitura DOC.
E’ obbligatorio indicare l’annata di produzione delle uve.
Il vitigno Nuragus ha una foglia di media grandezza di forma pentagonale ed orbicolare quinque lobata; seno peziolare a lira con semi-laterali superiori a U, e pagina superiore di colore verde carico, bollosa e rugosa; pagina inferiore di colore verde-grigiastro, molto lanuginosa.
Il suo grappolo è di media grandezza, serrato, o semi-serrato, di forma conica o cilindrica; spesso alato e piramidale con peduncolo corto e semi-legnoso.
L’acino si presenta di media grandezza, sub-ovale, con buccia di colore giallo dorato, e sfumature rosa all’atto della completa maturazione; mediamente pruinoso.
Le caratteristiche organolettiche di questo vino sono:
Colore giallo paglierino tenue con riflessi verdolini
Odore vinoso e gradevole
Sapore dall’amabile al secco con una leggera vena acidula, sapido, armonico, gradevole. Rispecchia e ricorda le caratteristiche delle uve che lo compongono.
Il Nuragus è un vino che si presta a una vasta gamma di abbinamenti della cucina sarda, ma soprattutto è indicato con gli antipasti di pesce in genere e crostacei; minestre, carni bianche con eventuali salse leggere ed eleganti; formaggi non piccanti o erborinati di media stagionatura. Non disdegna le anguille arrostite alla sarda leggermente insaporite con foglie di alloro.
La temperatura ottimale di servizio rimane fissata sui 10-12°C per meglio esaltare le caratteristiche organolettiche di cui è dotato questo splendido vino.
E’ importante ricordare l’utilizzo di un appropriato bicchiere per un servizio completo. In questo caso, si consiglia un calice tipo tulipano svasato per meglio godere dei profumi che il Nuragus è in grado di offrire ai commensali.
Per concludere: è vero che per vari motivi non si dovrebbe mai esagerare nell’uso del vino, ma trattandosi del Nuragus si potrebbe fare una eccezione prendendo a prestito un detto dai Precetti della Scuola Salernitana che così recita: Bonum est inebriari semel in uno mense” (non fa male ubriacarsi una volta al mese).
Con questa citazione non vorrei essere frainteso. Lungi da me l’idea di istigare all’alcolismo!
Nella vigna di famiglia c’erano cinque filari, ottima uva e ottimo vino.
Lo potete trovare anche a Roma presso il ns punto vendita in Via Val Santerno 24….e non solo vino….Vi sequestreremo il Palato!!