L’ARTISTA E STILISTA ILENIA SARA PERRA DI SERRAMANNA SI RACCONTA TRA FIORI, CAMPI DI GRANO E PASSERELLE

ph: Ilenia Sara Perra

di MICHELA GIRARDI

Una donna dai mille talenti, che irradia intorno a sé grazia e profondità. Un’artista che è anche una rigorosa artigiana che ha realizzato con incredibile determinazione i propri sogni. Stiamo parlando di Ilenia Sara Perra, una stilista, una sarta e una ricamatrice di Serramanna, che della sua passione per la natura, l’arte e la moda ha fatto un lavoro che le sta regalando tantissime soddisfazioni.

In questo secondo appuntamento con la rubrica “Le donne che ci piacciono” parleremo con lei della sua visione dell’universo femminile, dello stile e del difficile settore nel quale ha iniziato a muovere i primi passi da giovanissima, complice una vecchia macchina da cucire Singer…

Stilista, sarta, ricamatrice e artista. Le tue creazioni hanno sempre un tratto in comune, quello di essere ispirate e legate visceralmente alla Natura e alle sue meraviglie. Quando e come è nata questa tua passione per la moda e per l’arte? E quando si è sposata in modo così efficace con le magie della natura? L’amore per la Natura è nato con me. Da bambina ho vissuto tra il giardino di casa e le campagne adiacenti, osservando e contemplando gli animali, i fiori ed il cielo. I miei studi infatti non sono artistici, ho conseguito la maturità classica che mi ha aperto la mente all’arte e alla poesia. Dopodiché ho studiato Biologia e pur avendo lasciato il corso di laurea a pochi esami dalla fine e con la tesi già scritta, ho potuto respirare profondamente le leggi della natura sentendola ancora di più come la nostra Madre degna di assoluto rispetto. La passione per la moda è arrivata intorno ai quattordici anni grazie alla Singer a pedale datata 1921 avuta in eredità dalla mia bisnonna materna, eccezionale sarta e modellista nel mio paese. Ma in realtà la mia, più che una passione per la moda, è sempre stata una grande voglia di esprimermi, di distinguermi ed infatti non ho mai seguito i dettami del fashion che mi avrebbero fatta sentire omologata. Al liceo, forse per sfuggire alle troppe e rigide regole, indossavo capi reinventati, t-shirt dipinte da me e addirittura l’abito da sposo doppio petto di mio padre. Gli abiti per me nient’altro sono che una forma di libertà.

Che rapporto hai con la tua terra di origine, la Sardegna? Quanto ha influito sul tuo percorso artistico?  Amo la Sardegna in modo viscerale e sto investendo tutta la mia vita qui, cercando di crearmi un posto di lavoro per non dover andare via. Questo amore influisce quotidianamente nel mio percorso e, seppur di rado, utilizzo tessuti o tagli tradizionali. L’Isola scorre nelle mie mani attraverso i suoi colori unici, i fiori endemici, il cielo senza interruzioni visive. Sento un richiamo ancestrale dalla terra ed infatti coltivo personalmente ogni giorno l’orto di famiglia perché ho bisogno di sentire le zolle tra le mie mani. Ascolto il richiamo del fiume e il silenzio che unisce il mare al cielo creando in me quel vuoto creativo necessario per disegnare mentalmente le mie creazioni.

Quale percorso conduce alla realizzazione di un tuo capo? Dove trovi la tua ispirazione? Che materiali prediligi usare? Raramente disegno il figurino del capo che devo realizzare, a meno che non serva al cliente per avere un’idea concreta. Questo perché nella mia testa vedo il capo già finito ma devo ammettere che spesso, in corso d’opera, lascio parlare i tessuti o la luce del momento e qualche dettaglio lo cambio. A livello pratico le tappe sono sempre queste: realizzazione del cartamodello sulle misure del cliente, prova su tela, taglio del tessuto e confezione eseguita praticamente tutta a mano. Il mio tessuto preferito in assoluto è il lino ma qualsiasi tessuto naturale e possibilmente non colorato artificialmente è per me di grande stimolo ed in generale realizzo da me la fantasia del tessuto stesso con ricami, pittura e decorazioni varie, spesso e volentieri, riciclando altri abiti o scarti di lavorazione.

Raccontaci del tuo matrimonio artistico con Giampaolo Gabba e dell’importanza, per un artista/artigiano di andare “a bottega” al giorno d’oggi. Nel 2009, decisa a diventare una sarta professionista non bastandomi più l’essere sartina, iniziai a scrivere a diverse sartorie note della nostra Isola ma solo Giampaolo Gabba da Nuoro mi rispose con questo messaggio: “Vuoi percorrere un sentiero aspro e faticoso? Ti porterà però verso l’indipendenza e la libertà di gridare e dire al mondo ciò che sei e ciò che vuoi dare”. Dopo qualche giorno avevo già una stanza in affitto a Nuoro, dove ho vissuto per circa cinque anni. Giampaolo è stato il maestro che auguro a tutti, mi ha insegnato tutti i segreti della sartoria sia maschile che femminile, dalla modellistica alla confezione secondo le metodiche della sartoria artigianale di una volta. Grazie a lui sono in grado di realizzare da sola un abito dall’inizio alla fine adattandolo alla fisicità dei clienti. Aveva ragione: nonostante i sacrifici, le domeniche a rifare i modelli e le incerte prospettive di futuro, sono diventata indipendente.Questo vorrei fosse il messaggio per tutti i giovani che si affacciano sul mondo dell’artigianato e dell’arte: siate umili e affidatevi ad un maestro, siate gioiosamente allievi e sacrificatevi per i vostri sogni. Solo “a bottega” potrete toccare con mano tutte le sfaccettature di un lavoro manuale e rendervi conto se veramente fa per voi. Prima di essere artisti siate artigiani e considerate l’artigiano al pari dell’artista perché per un buon lavoro è necessaria la simbiosi ed il rispetto tra queste due figure.

Cosa consigli alle donne che si rivolgono a te per la creazione di un abito speciale? Di essere uniche, di scegliere liberamente e di non sacrificare mai la comodità per sembrare più magre o più alte ed in generale per somigliare a canoni estetici imposti. Per me non esistono le taglie o i difetti fisici, vedo solo corpi con differenti caratteristiche fisiche che li rendono unici ed il mio lavoro serve appunto solo a valorizzare queste caratteristiche. Il primo incontro con una cliente in genere verte proprio a spiegarle questo – che non è poi così scontato – e a capire la sua vita e i suoi gusti in genere davanti ad un caffè o ad un bicchiere di vino.

Alle spalle puoi vantare un discreto numero di collezioni. Facciamo una panoramica di ciò che è stato il tuo percorso fino ad oggi.  I miei abiti non sono mai legati alla moda attuale anche se cerco di adattarli a ciò che già un cliente possiede nell’armadio. In generale sono influenzata ovviamente dalla Sardegna ma anche dalla Cina e dal Giappone e dallo stile vintage ’40-’50. Tre anni fa ho realizzato una collezione di abiti da sposa e da cerimonia che erano tutti ideati con il plissè nero tradizionale in contrasto con dei tessuti maschili tipo gabardine o lana pettinata bianchi e grigi che ho ricamato, dipinto e decorato con fiori tridimensionali fatti con lo stesso tessuto. Da due anni fa a questa parte, grazie all’amicizia con il mio secondo maestro, Emilio Ortu Lieto, grande costumista ed esperto di tinture naturali (realizzate solo con le nostre piante sarde) ho creato una collezione di abiti ed accessori chiamata “I fiori di Ilenia Sara” utilizzando il lino, la lana ed il cotone tinti con le erbe, dove poi sono intervenuta ricamando ad esempio l’asfodelo o la ferula oppure semplicemente dipingendo un tramonto.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Pensi ad un atelier tutto tuo? Certamente in futuro avrò il mio atelier artistico-sartoriale per portare avanti la mia linea ispirata alla natura ma so che continuerò sempre ad ascoltare i clienti per cercare di realizzare principalmente i loro sogni. Per il momento mi godo la collaborazione con la Sartoria Gabba che ha ancora tanto da darmi e da insegnarmi.

Anche il settore dell’abbigliamento è complice dell’inquinamento e dello sfruttamento delle risorse del pianeta. Tu sei meravigliosamente attenta al riuso, al riciclo ed al rispetto della Natura. Partendo dalle piccole azioni, cosa potremmo fare tutti, in quest’ottica, per frenare questi terribili fenomeni a valanga?  Questo è decisamente un argomento a me molto caro. Non ci rendiamo conto di quanto danno facciamo ogni volta che compriamo in una catena d’abbigliamento a basso costo. Siamo schiavi dell’usa e getta, ci sembra di spendere poco ma in realtà stiamo sempre buttando e ricomprando. Come può costare dieci euro un pantalone? Lev Tolstoj diceva che se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani. Mi sento di dire che se tutte le fabbriche tessili avessero pareti di vetro non compreremmo più a basso costo. Sfruttamento minorile, inquinamento derivato dalla produzione di tessuti sintetici, inquinamento per lo smaltimento. Inoltre, essendo tessuti sintetici e di scarsa qualità ci fanno ammalare di allergie e, forse non ci pensiamo, ci fanno usare più deodoranti nocivi antitraspiranti e detersivi profumati per togliere l’odore sgradevole che le fibre di plastica causano. Cosa possiamo fare tutti nel nostro piccolo? Riciclare, far adattare o trasformare vecchi abiti, comprare nei meravigliosi mercatini dell’usato e del vintage dove si fanno affari d’oro e soprattutto comprare di meno scegliendo la qualità, possibilmente da un artigiano. Prima di buttare un capo pensateci mille volte! Siamo tutti responsabili del declino del nostro pianeta ma il mondo cambia appena ognuno di noi inizia a cambiare.

Cosa significa, secondo te, essere donna oggi? Quali i diritti, i doveri, i limiti e le peculiarità dell’altra metà del cielo?  La donna oggi è apparentemente più libera. In realtà si sono solo aggiunti dei ruoli: al ruolo di madre e moglie ora c’è quello di lavoratrice e professionista. Ruoli scelti liberamente nella maggior parte dei casi ma pur sempre ruoli, e se non ne rispetti qualcuno o non li adempi in ordine temporale allora sei comunque giudicata sbagliata, imperfetta. Ed il problema è che siamo noi stesse a giudicarci severamente e a non pensarci prima di tutto come esseri umani che hanno il diritto di esistere a prescindere da ciò che rappresentano nel mondo. Si è veramente libere quando non pensiamo a noi come ruoli, quando non ci identifichiamo come “moglie di” o “madre di”, ma con il nostro semplice nome. Siamo libere ogni volta che deleghiamo ai nostri partner anziché distruggerci dimostrando che siamo in grado di fare tutto da sole.Siamo libere ogni volta che facciamo gruppo con le colleghe anziché pensare solo a diventare le numero uno. Siamo libere ogni volta che educhiamo i nostri figli maschi allo stesso modo delle figlie e quando scegliamo un compagno di vita che sia collaboratore quanto noi nella piccola comunità che è la famiglia e non quando elemosiniamo un suo aiuto quasi fosse un ospite. Siamo libere ogni volta che denunciamo e ogni volta che capiamo e aiutiamo un’altra donna senza giudicarla. Credo fermamente nella parità di diritti,di doveri e più che nella peculiarità di genere mi piace pensare all’unicità di ciascun individuo che dovrebbe vivere per completarsi e non per essere il completamento di qualcun altro. L’unico limite che, come donna, sento di avere è la paura di uno stupro: la paura di uscire da sola in certe ore ed in certi luoghi, la paura di non sapermi difendere. Pur facendo sempre tutto, sono consapevole di farlo con uno stato d’animo pieno di rabbia perchè ciò che può causarti una violenza sessuale ti uccide per sempre. Da una rapina ci si può riprendere ma dal trauma di uno stupro no e questo credo sia un limite gigantesco per la nostra libertà ed ancora molto difficile da sradicare.

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