di LUCA FISCARIELLO
Alexandra Rose nasce a Cagliari nel 1991. Appassionata di manga e romanzi fin da piccola, ha sempre amato creare storie e mondi lontani, complice la sua smisurata fantasia. Crescendo, il suo amore per la lettura e la scrittura si è intrecciato a quello per la medicina e la biologia. La scienziata che è in lei abbraccia la scrittrice: la sera ama rifugiarsi nei suoi universi immaginari dove l’amore, il coraggio e la determinazione sono in grado di superare ogni ostacolo e dissipare le tenebre.
Una piacevole conferma per Alexandra Rose, che, al suo quinto romanzo, torna al passato, mantenendo inalterato il suo stile brillante.
Alexandra, per te è un ritorno al romance, dopo aver scandagliato le profondità del genere fantasy. Sì, il romance e il fantasy sono i generi con cui riesco a esprimere meglio me stessa e quello che voglio comunicare attraverso le mie storie. Credo che il fantasy mi si addica di più, però talvolta sento l’esigenza di spaziare e raccontare l’amore in modo semplice, senza incantesimi o antagonisti da sconfiggere.
Hai voluto sottolineare, attraverso una storia d’amore, l’importanza di essere sempre se stessi? Sono fermamente convinta che prima di amare qualcuno sia necessario capire e accettare se stessi. Solo così si è in grado di stare bene con un’altra persona. È una parte del messaggio che ho inserito nel romanzo.
Che donna è Isabella? Isabella è una donna che ha dovuto soffocare chi voleva essere davvero, per cercare di compiacere le altre persone. Ha un orgoglio smisurato e finge di essere forte anche quando non lo è. Ha paura della sua debolezza e la nasconde. È molto coraggiosa, perché decide di abbandonare una vita opprimente per inseguire i suoi sogni. La ammiro molto per questo.
E Lorenzo? Lui ha molte cose in comune con me. Prima di tutto è un lettore e uno scrittore. Infatti, alcune sue considerazioni circa la scrittura sono miei pensieri. È un uomo che, come Isabella, a causa delle circostanze ha dovuto reprimere se stesso e le sue passioni. Sarà proprio l’amore per lei a permettergli di familiarizzare con quella sua parte nascosta.
Quanto è difficile voltare le spalle a una vita agiata per inseguire i propri sogni? Secondo me tantissimo, ci vuole un coraggio immenso. Io non sono sicura che, al suo posto, sarei riuscita, ma forse Isabella era davvero stufa di vivere una pantomima, qualcosa che non le apparteneva, e quindi ha agito di conseguenza. Un po’ come se si fosse reciso un filo già teso.
Hai evidenziato le dinamiche di una coppia dei nostri tempi dai due punti di vista, senza pendere, emotivamente, dall’una o dall’altra parte. Come hai maturato un tale equilibrio? Sinceramente non saprei. Scandagliare il punto di vista maschile mi viene abbastanza spontaneo. Sono i personaggi a parlarmi, sono loro che vivono e pensano, non io. Mi limito semplicemente a riportare i pensieri e gli stati d’animo. A volte, come nel caso di Dorian ne “Il Destino della Rosa Blu”, ho più confidenza con l’animo del coprotagonista. Forse perché le protagoniste femminili tendono ad assomigliarmi tutte un po’.