di MAURIZIO ONIDI
In una regione dove il
lavoro è un miraggio e chi riesce a trovarlo se lo tiene ben stretto, sembra
impossibile trovare chi lo abbandona per appagare e realizzare quello che aveva
da sempre desiderato. Eppure è accaduto.
È il caso di Gabriele Burranca, 42 anni, originario di Guspini che, ultimati
gli studi, lascia l’isola per fare esperienze lavorative nella penisola. Come
tutti i sardi emigrati anche il giovane Gabriele soffre di “mal di Sardegna”
che si manifesta nella fase più acuta quando se ne è lontani.
Nel 2007 vi fa ritorno e trova occupazione in alcune aziende isolane che non soddisfano a pieno la sua particolare attrazione per il mondo della creatività, della vena artistica.
Capisce che è arrivato
il momento di realizzare il sogno che per lunghi anni ha custodito nel
cassetto.
In una straordinaria location ricca di storia, situata in una delle strade più
importanti di Guspini, dove Cesare Mandis, uno dei più noti e apprezzati
maniscalchi dell’ex centro minerario ha svolto l’attività per quasi
cinquant’anni, chiudendo la bottega alla fine degli anni settanta.
In questa antica e famosa mascalcia, diventata museo del fabbro-maniscalco per volere delle figlie di Mandis, Burranca espone e commercializza le opere artistiche degli artigiani più accreditati in ambito regionale nel settore della coltelleria, pelletteria, ceramica, metalli e legno.
Tra gli attrezzi propri
del maniscalco, la fucina e una enorme incudine, è possibile ammirare vere e
proprie opere d’arte prodotte da Federico Coni di Ales, conosciuto come il
“Maestrodascia” che da forma a scarti di lavorazione reperiti nella
falegnameria di famiglia; da Francesca Serra e Massimo Mei di Siliqua che con
la loro idea del recupero dei materiali talvolta raccolti sulle spiagge danno
vita alle opere de “Is femmineddas”; da Francesca Frau di Serrenti che prosegue
la tradizione di famiglia del ferro battuto sia tradizionale che artistico.
Originali e particolari i lavori di Sara Montisci di Sardara meglio
conosciuta come “La ragazza del fico d’india” che con le foglie di questa e di
altre piante autoctone crea degli accessori unici come pure quelli di Cintia
Orrù di Mogoro, produttrice di opere artistiche in vetro lavorato a lume e di
Valeria Tola di Macomer che con le sue ceramiche crea monili e complementi
d’arredo con identità, tradizione e romanticismo come pure le realizzazioni di
Valentina Pisu di Oristano creatrice di opere in ceramica dall’impronta sia
tradizionale sia altamente artistica grazie alla sua formazione all’istituto
d’arte di Oristano e alla specializzazione in illustrazione perseguita a Reggio
Emilia.
Non poteva mancare, in
un tale contesto, il prodotto identitario della zona, il coltello, con la
storica coltelleria “Arburesa” degli eredi di Francesco Pusceddu e la
coltelleria di Andrea Lecca nota come “coltelli tipici Sardi Arbus”.
Uno spazio è dedicato anche alle novità rappresentate dalle creazioni di
Carlotta Franzini di Sant’Anna Arresi che dopo studi in architettura completa
la sua formazione in tecniche sartoriali dando vita agli accessori del
Carlottinalab con i suoi zaini, borse e astucci portatutto dallo stile
inconfondibile tutto rigorosamente fatto a mano e conquista un pubblico di
tutte le fasce di età e di Aurora Angius di Isili che tiene in vita la bottega
artigiana di famiglia proseguendo il percorso da Calzolaia.
«Questi artigiani e alcuni hobbisti », dichiara Gabriele Burranca, «pur avendo imprinting artistico moderno grazie a questo progetto condiviso trovano posto in un contesto storico quale è lo stabile che ci ospita, rispettando il più possibile l’unicità del luogo e conservando la memoria dell’autentica officina di fabbro-maniscalco che costituisce uno spazio espositivo nel quale concentrare manufatti provenienti da diverse zone dell’Isola». Alla luce di quanto ci ha raccontato è soddisfatto della scelta fatta «direi proprio di sì. Bisogna valorizzare l’artigianato e le risorse locali a maggior ragione nella nostra isola dove le opportunità non sono tantissime. L’importante è crederci fino in fondo e io ci credo».