La speranza che quel cartellino giallo diventasse verde si è infranta di fronte agli sguardi persi e ai tanti “non so” delle persone – amministratori e semplici cittadini – interpellate dalle commissarie dell’Unesco durante il loro tour nel mese di agosto in Sardegna. Nella relazione conclusiva le due ispettrici hanno evidenziato che nell’isola non c’è la percezione del Geoparco, la gente non sa nulla delle sue attività, segno che non esistono o non sono comunicate a dovere. Una pecca molto grave che è valsa, caso unico, l’esclusione del Parco geominerario dalla rete internazionale dei parchi, il “Global geopark network” dell’Unesco. Via il bollino blu, fuori da un circuito prestigioso nel quale il Geoparco era entrato nel 2001, primo tra i 38 parchi europei. Una bocciatura amarissima ma parzialmente attesa dopo l’ultima ispezione che non aveva soddisfatto le commissarie. Ieri il verdetto: cartellino rosso. Tra 40 giorni si conosceranno le motivazioni ufficiali ma la ragione dell’esclusione si sa già: in questi anni il Geoparco non ha raggiunto l’obiettivo principale, cioé quello di fare sistema e favorire la nascita di un sentimento identitario nella comunità.
La delegazione sbarcata a Siviglia è stata accolta dal verdetto glaciale, unico negativo tra quelli emessi dall’Executive Board Unesco Global Geoparks. L’unico cartellino rosso è stato quello per il Parco geominerario, per gli altri 37 è arrivato il via libera con altrettanti cartellini verdi. Significa che continueranno a fare parte, almeno sino alla prossima ispezione tra quattro anni, della rete Unesco. La Sardegna no: potrà riprovarci se vorrà, ma è chiaro che l’approccio dovrà essere diverso. Il primo a dirlo è Tarcisio Agus, da un anno presidente del Parco: una eredità pesante la sua, con all’orizzonte la scure della Commissione che aveva già avvisato l’ente con due cartellini gialli e la scritta “rivedibile”. Agus non nasconde l’amarezza: «Una missione quasi impossibile, ma ci avevano lasciato una speranza. Invece è arrivata la conferma dell’enorme difficoltà nel gestire in maniera unitaria un Parco di 24mila quadrati, la cui superficie corrisponde a quella dell’intera isola, con all’interno circa 400 geositi distribuiti in quasi tutti i Comuni della Sardegna. Dal Sulcis all’Argentiera, dalla Maddalena a Lula, da Lanaittu al Molentargius: abbiamo avviato un percorso di gestione unitaria, gettato le basi per la creazione di una rete. Ma il tempo a disposizione è stato pochissimo ed è mancata la collaborazione tra le varie forze del territorio. La bocciatura si spiega così. Ma ora ci riproveremo, seguendo un’altra strada». Se Agus rimarrà al timone del Geoparco, riprenderà un discorso interrotto: «Riavvierò l’iter per ottenere il riconoscimento del patrimonio minerario come patrimonio dell’umanità Unesco».
Nella fase iniziale le dimensioni del Parco geominerario erano limitate all’area delle miniere corrispondenti al territorio di 87 Comuni e 3800 chilometri quadrati. Poi le regole sono cambiate e l’Unesco ha imposto il requisito della contiguità tra le diverse aree del Geoparco. Un problema che si pensava di risolvere affidando all’ente la gestione di tutti i siti, pur se molto distanti tra loro. Facendo coincidere i confini con quelli regionali. Ma non è stato sufficiente, perché il corpo unico non è diventato unitario. Nonè stato creato un sistema, non è stata favorita la nascita di un sentimento comune da un capo all’altro dell’isola intorno al Geoparco e alla sua missione. Il Parco è rimasto un corpo estraneo nel territorio. E per questo non può, ha stabilito la Commissione, fregiarsi del sigillo Unesco.
Il geoflop!
Non è giusto la Sardegna merita più attenzione.