di TONINO OPPES
Una cosa colpisce, subito, ancor prima di
immergersi nella lettura del libro di poesie Lentores di Anna Cristina Serra, editrice Soter di Villanova
Monteleone: la musicalità dei versi che paiono danzare e ammaliano il lettore.
La lingua
madre dell’autrice, il sardo, vi accompagnerà, con delicatezza, per tutto il
percorso prima di concedersi ad altre due lingue: l’italiano e il greco moderno,
e questa è un’altra sorpresa.
In quest’opera, abitata da forte sentimento, la vita emerge con forza, tra passioni e amori, mentre le tre lingue, apparentemente distanti, regalano nuove sensazioni. A sfogliare Lentores, rugiade, si ha la percezione che sardo-italiano-greco vogliano offrirsi con sorprendente vitalità per sconfinare in un terreno universale, come è quello della poesia, transitando con naturalezza da una lingua all’altra.
Un’intuizione unica e imponente quella che ci dona Anna Cristina Serra, poetessa affermata e vincitrice di numerosi premi, in questo libro alquanto singolare.
Sfogliamo allora le sue pagine come si sfogliano i petali di una margherita, seduti su un prato.
Quante domande, quanti sogni, quante speranze custodisce “Un albero, un probabile sentiero”: la nostra vita è un viaggio; ed eccolo quell’incrocio che è insieme quesito e scelta, e diventa specchio che riflette noi e il tempo. In quel sentiero retto dal passato certo e profondo, come le radici di un albero, si scopre la vita mentre l’amore ci accoglie con tutti i suoi perché.
Sono rime che accarezzano e scuotono il cuore e la mente.
La poetessa ci porta ad esplorare un mondo vicino
e intimo: “quando il mio tempo si è frammentato/ mandando in frantumi
consapevolezza/scienza e saggezza?” si interroga Anna Cristina Serra nella
silloge “Quando.”
il suo è un
canto di dolore, ma anche un canto alla vita.
Le trentatré liriche profumano di passato, ma sono ricche di quel domani che regala certezze al Mondo proprio grazie alla poesia che è “sorgente e rugiada.”
Il silenzio, da una parte, e il mistero della parola che diventa arte e incanto, dall’altra. Piano piano il poema diviene parte di noi e si veste di essenza. E allora, tu lettore, rimani solo nella tua stanza a fissare un punto senza senso e, come in una pellicola ingiallita, rivedi immagini che cancellano la morte e donano eternità all’effimero apparente: “mi sembra di averti lasciato lì/dentro una foto/e due date che comprimono/ i passi tuoi di terra/tra quelli di ieri/e quelli confinanti/ con il domani e l’azzurro”.
Un bel libro per chi ama la poesia e vuole interrogarsi sulla profondità dell’esistenza. La prefazione è di Duilio Cocci e la traduzione in neogreco di Pierre Guy-Stephanopolus.