di ROBERTA CARBONI
Uno dei luoghi più affascinanti della Sardegna orientale, immerso in uno scenario surreale e fuori dal tempo. È il piccolo villaggio dei pescatori di San Salvatore, a pochi chilometri da Cabras, a lungo utilizzato come set cinematografico per i film western italiani degli anni ’60 e ‘70 e che ogni anno porta avanti la tradizione secolare della “corsa degli scalzi”.
La borgata medioevale, il cui aspetto attuale risale alla dominazione spagnola, deve il nome alla chiesa di san Salvatore, che sorse nel XVII secolo, eretta su un santuario preistorico scavato nella roccia. Attorno alla chiesa si articolano alcuni filari di cumbessias, piccole casette in pietra costituite da uno/due piani che servivano da alloggio per i pellegrini durante la novena di San Salvatore, la più importante festa del borgo.
Tra gli anni Sessanta e Settanta, con l’avvento del cinema western, il villaggio fece da set cinematografico per numerosi film, viste le sue strade caratteristiche che ricordano i paesaggi messicani. Il borgo fu affittato a produttori cinematografici, diventando un villaggio dell’Arizona o del New Messico in film come ‘Giarrettiera Colt’ del 1968.
La chiesa, preceduta da una piccola area porticata, è caratterizzata da una serie di ambienti ipogeici utilizzati ed ampliati a partire dall’epoca nuragica. Tra questi un antico pozzo sacro legato ai culti delle acque ed alcune camere ricavate nel corso del IV secolo d.C., che mostrano i segni di numerose stratificazioni culturali e religiose. Tra queste alcune iscrizioni arabe che recitano versetti del Corano, unite ad immagini di Marte e Venere, a dimostrazione di come l’area sia stata interessata da varie frequentazioni e differenti culture, restando sempre un punto di riferimento per il luogo.
Dopo l’utilizzo nuragico, in epoca punica l’area fu dedicata al dio Sid, guerriero e guaritore, e sulla stessa scia i romani vi insediarono il culto di Esculapio.
Dal IV secolo d. C. l’ipogeo fu trasformato in santuario paleocristiano in onore del Salvatore. Sono ancora presenti, in due vani, alcuni altari con ai lati un grosso bacino nuragico, riusato come acquasantiera.
Alcune immagini sulle pareti dei vani, tra cui si riconosce una quadriga
A poca distanza dalla chiesa sono ancora visibili i resti di un antico complesso termale, oggi detto Domu ‘e Cubas, che risale all’età imperiale con pavimento in mosaico policromo, e le tracce di un antico granaio del II secolo a.C.
Nei nove giorni che precedono la prima domenica di Settembre il borgo si anima e prendono vita le celebrazioni in onore del Cristo Salvatore, che culminano con la celebre “corsa degli scalzi“, uno degli eventi identitari più suggestivi e sentiti della Sardegna.
La processione coinvolge oltre 800 curridoris in saio bianco, che accompagnano a piedi nudi su un lungo sterrato il simulacro del santo dalla chiesa di santa Maria Assunta di Cabras alla borgata e la riportano nella parrocchiale il giorno seguente. Il percorso, lungo 7 km, si svolge interamente a piedi scalzi, per ricordare un avvenimento leggendario e perpetuare nel tempo la devozione popolare nei confronti del Salvatore.
Nel 1619 un gruppo di pescatori che abitavano il borgo, sorpreso dall’imminente invasione saracena sulla costa, a piedi nudi corse fino a Cabras per mettere in salvo il prezioso simulacro.
Per affrontare la lunga fuga di corsa, i pescatori legarono ai piedi nudi rami di frasche, in modo da sollevare più polvere possibile e sembrare così molto più numerosi. Lo stratagemma funzionò in pieno, in quanto i saraceni, spaventati all’idea di essere di fronte a un grande esercito, si ritirarono. Il villaggio e il simulacro furono salvati. Da allora, ogni anno, in ricordo dell’episodio miracoloso, per rinnovare il voto fatto al santo, il rito viene ripetuto identico. E con regole ben definite: sono 14 i gruppi di curridoris, composti a loro volta da 14 ‘mute’, ciascuna di cinque corridori. Sette corrono il sabato, sette la domenica. La sorte decide chi porta il santo al villaggio di San Salvatore e chi lo riporta a Cabras.
Il titolo non onora il contenuto dell’articolo.
Basta con questa cosa del far West!! Per favore… È un posto che ha una sua storia e identità ben precise. Nell’articolo ne parla ma il titolo non gli rende onore. Come se il fatto che essere stato un set cinematografico gli aggiunga un qualche valore. Non ne ha bisogno. Quel borgo piccolissimo è un gioiello di storia e tradizioni. Il resto è fuffa al confronto!!
Mamma e babbo fecero il ricevimento del matrimonio a locale che c’era lì 😍 foto bellissime… e quando ci ho portato mio marito Australiano era entusiasta. Sembra davvero di essere in un luogo anacronistico… lo adoro!