di ALBERTO MEDDA COSTELLA
Est partiu in Continenti! Quante volte l’abbiamo sentito dire in riferimento a parenti e amici che hanno fatto le valigie per lavoro o studio? Anch’io mi sono ritrovato in questa situazione. La più importante quando, 14 anni fa, scelsi la città di Trieste per l’università. Avevo lasciato la Sardegna senza troppi rimpianti, portandomi di essa un’idea approssimativa. Furono gli stessi compagni di corso e i professori a suscitare in me un interesse nuovo circa le mie origini, facendomi percepire come un privilegiato, che arrivava da una terra bellissima e che esprimeva una cultura sui generis. In principio furono i libri e le trasmissioni ascoltate in streaming su Radio Rai Sardegna. Fu in quel contesto che entrai in contatto col primo circolo sardo, di cui avevo appreso l’esistenza grazie a una targa all’esterno di un palazzo. Tornai in Sardegna, pur essendomi stata offerta la possibilità di trattenermi ancora nella città giuliana. Noi sardi siamo come i brasiliani. Soffriamo di saudade, mi ha detto lo scorso dicembre Saverio Vidili, presidente del circolo dei sardi di Mestre, a proposito della mia decisione.
A distanza di molti anni sono ripartito, ma questa volta con più consapevolezza di ciò che stavo lasciando. Così, lo scorso ottobre, non potendo più contribuire localmente al nostro giornale, il direttore mi ha proposto di realizzare una serie di interviste sui circoli. Inizialmente avevamo pensato di realizzarle telefonicamente, senza tenere in considerazione un criterio geografico. Ritenendo che questo avrebbe potuto omettere più di qualche particolare che solo le sensazioni olfattive, tattili, uditive, etc, possono dare, abbiamo concordato di concentrarci su una determinata zona, consapevoli che facendo base a Seren del Grappa, un paesino del Bellunese dove attualmente mi trovo, non avremmo dovuto impiegare più di tre ore di macchina per raggiungere le sedi del Triveneto, che sono accomunate per storia e fattori economici. Abbiamo rispettato la tabella di marcia, iniziando proprio col capoluogo alpino del Veneto, per proseguire con Treviso, Vicenza, Padova, Rovereto, Verona, Venezia, Udine, Tolmezzo, Bolzano, Trieste e Pordenone. Anzi, siamo riusciti persino a sconfinare a Fiorano Modenese, per noi il punto di arrivo, ma per chi volesse riprendere il viaggio un punto di partenza.
Se in territori come l’Emilia o nel Nordovest i circoli sono sorti come enti di assistenza agli emigrati impiegati nelle fabbriche, nel Nordest sono nati per la presenza dei militari. Ognuno di essi ha comunque saputo crearsi un’identità propria, dovuta alla prevalenza territoriale delle provenienze degli emigrati e all’influenza che questi hanno avuto dal contesto in cui si sono insediati. Un domani i loro discendenti potrebbero giocare un ruolo chiave per le sorti della politica e della economia isolana, un po’ come è avvenuto per il ruolo svolto dagli americani di origine irlandese nella terra di San Patrizio.
Oggi, i circoli, ricevono ingiustamente poca attenzione dai sardi stessi, che spesso ne ignorano l’esistenza o, nella migliore delle ipotesi, pensano che siano un peso per la RAS (Regione Autonoma della Sardegna), quando alla prova dei fatti l’impegno che profondono per la Sardegna è enorme, veicolando turisti e facendo cultura. Una riforma da parte della Regione che porti a un vero e proprio coordinamento della promozione sarebbe auspicabile. Per quale logica sconosciuta ancora oggi i rapporti con i circoli siano ancora gestiti dall’Assessorato al lavoro non è dato sapere. Il Veneto ha un assessorato competente, ma non sarebbe sconveniente che a fronte dei 60 consiglieri di via Roma a Cagliari, ve ne fosse almeno uno che li rappresenti, riunificandoli idealmente alla terra che hanno lasciato fisicamente, ma che col cuore non hanno mai dimenticato.
per gentile concessione de https://www.arborense.it/