segnalazione di ALDO ALEDDA
Ai giovani deve essere consentito di recarsi a studiare e lavorare all’estero senza alcun pregiudizio pressioni sociali di alcun tipo, anche da parte delle istituzioni nella misura in cui vorrebbero scoraggiarli con programmi d’impiego fasulli e illusori. Nella misura in cui i flussi migratori presentano fisiologicamente una quota di rientro che si aggira tra il terzo e la metà degli espatriati, la soluzione migliore è fare in modo che la parte di loro orientata a ripercorrere all’inverso la strada dell’emigrazione possa farlo senza intralci, anzi vada incoraggiata in tutti i modi. Questo è emerso nel seminario organizzato, venerdì 28 u.s., alla Facoltà di scienze politiche, giuridiche ed economiche dell’Università di Cagliari in collaborazione con centri studi specializzati, dalla FASI e sotto l’egida del Comitato nazionale 11 ottobre d’iniziativa per gli italiani nel mondo tra studiosi, amministratori locali, dirigenti di associazioni e rappresentanti della Regione, presentato e coordinato da Annamaria Baldussi, Gianfranco Botazzi del Dipartimento di scienze sociali e politiche dell’Università e da Aldo Aledda, presidente del CEDISE e coordinatore del Comitato 11 ottobre. Le relazioni iniziali condotte dai ricercatori Francesca Mazzuzi, Antonello Podda e Martino Contu, infatti, hanno dimostrato che i giovani rientrati in Sardegna hanno rivitalizzato le attività di maggiore vocazione dell’isola, soprattutto nei campi del turismo e dell’agricoltura di qualità. Le opportunità non mancano, anche in termini di utilizzazione del patrimonio edilizia sardo fatto di circa 28.000 abitazioni abbandonate, ha assicurato il Presidente dell’ANCI, Emiliano Deiana, che tuttavia ha aggiunto che il rientrante non sempre trova la giusta accoglienza nei paesi della Sardegna, troppo spesso con una popolazione scettica e chiusa in se stessa. Tuttavia la quantità di buone pratiche e il successo delle giovani generazioni che rientrano con una forte esperienza maturata non sempre trova riscontro in una società lenta a capire e a reagire anche davanti alle prospettive di un indotto che può provenire dall’accoglienza di frange di popolazione più avanti negli anni, pensionata e bisognosa di servizi per la terza età, che rappresenta l’altra faccia, anche se non la sola, del rientro. In questo senso occorre che anche la Regione faccia la sua parte adeguando la sua politica e gli strumenti normativi, ha sostenuto la consigliera regionale Maria Laura Orrù, essa stessa nata in Olanda da madre olandese dove ha compiuto i suoi studi di ingegneria e poi ha deciso di misurarsi nella terra di origine del padre. Le politiche di rientro possono essere agevolate dall’attività delle associazioni dei sardi in Italia e all’estero, già impegnate a sostenere la Sardegna sul fronte dei trasporti, della diffusione della sua cultura e la promozione dei suoi prodotti, ha precisato la presidente della Federazione delle associazioni dei sardi in Italia, Serafina Mascia. Ha dato un forte contribuito al dibattito anche la folta rappresentanza dei sindaci sardi, ciascuno dei quali ha riferito la propria esperienza sia sul versante dell’accoglienza di stranieri e sardi rientrati e stranieri nel loro territorio sia delle iniziative per promuoverlo rispondendo alle sfide del mondo globale.
In conclusione si è deciso di continuare nelle prossime settimane su questa iniziativa con appositi tavoli tecnici e portando il più gran numero possibile di testimonianze sulla riuscita del rientro di professionalità nell’isola che si è trasformata in imprenditoria e valorizzazione delle attività, compresi i vecchi mestieri, in modo da dare agli stessi giovani sardi più preparati indicazioni sul loro futuro che non sia solo di rassegnata attesa di qualche “posto”.