UN NUMERO 10 DELLA CULTURA: UN ANNO FA LA SCOMPARSA DI PAOLO PILLONCA, GRANDE STUDIOSO DI POESIA SARDA

ph: Paolo Pillonca
di TONINO OPPES

L’ARTICOLO PUBBLICATO PER IL NUMERO SPECIALE DI LACANAS INTERAMENTE DEDICATO A PAOLO PILLONCA, NEL 2018,

Paolo e quel debole per i numeri 10 della sua squadra. Da Sivori a Platini, da Baggio a Del Piero, infine Dybala, e non poteva essere diversamente. Gli piacevano i calciatori capaci di regalare solo bellezza. Proprio come faceva lui, che sapeva coniugare le cose belle con lo splendore della Cultura e dell’amicizia.

Un grande tifoso della Juventus, Paolo; io della Fiorentina. Lui sempre a gioire dei successi della sua squadra, a me solo qualche rarissima soddisfazione. E fu proprio lui a regalarmela, un giorno di tre anni fa, quando mi telefonò per dirmi che la moglie gli aveva comprato un maglione viola. “Dove l’ha preso?” gli domandai. Una settimana dopo ne avevo uno uguale anche io e, senza metterci d’accordo,ci trovammo vestiti allo stesso modo, dalla cintola in su, alla presentazione di un libro. E non perse l’occasione per rimarcare, con sottile ironia, il suo omaggio alla mia fede calcistica.

Oltre all’amore per la Juventus, che aveva condiviso con il suo amico carissimo Giovanni Lilliu, Paolo coltivava altre passioni: l’insegnamento, il giornalismo, la poesia, il canto, la lingua, la letteratura, la scrittura.

Nei suoi interventi c’era sempre tutto quello che amava: intanto la Sardegna, i tesori della sua Storia e dell’Ambiente, gli uomini fieri della propria sardità, quella pura e libera da ogni folklore.

Abilissimo narratore,a me pareva un Omero contemporaneo,catturava subito gli ascoltatori ai quali donava, con l’umiltà dei Grandi, spicchi del suo sapere costruito sulla profonda conoscenza della millenaria Cultura Mediterranea.

Un’adorazione per le Lingue: Greco Antico e Latino (materia, quest’ultima, che aveva insegnato al Liceo di Seui prima di dedicarsi a tempo pieno alla professione giornalistica), e poi il Sardo, amata Lingua Madre, quella della culla e della tomba, che difendeva in ogni luogo ma senza esasperazione: “E’ dentro di noi, nel nostro Dna. Non possiamo rinunciare a noi stessi.” E in Limba si esprimeva con fierezza e una erudizione inaudita. Erano parole musicate le sue!

Un giorno, a Pozzomaggiore, oltre venti anni fa, andammo nella scuola Media a presentare un libro. Gianni Piu – che è stato anche un mio ottimo insegnante- gli chiese proprio di rivolgersi agli alunni in Sardo. Ammaliò tutti, tranne due ragazzini che, sia pure sottovoce, e convinti che nessuno li potesse sentire, bisbigliarono: “Questo signore non sa parlare in Italiano!”. Lo dissero proprio mentre passava Paolo che, molto divertito, mi raccontò l’aneddoto sulla strada del ritorno. E con il sorriso mostrò, ancora una volta, la sua sensibilità d’uomo. Eccome se sapeva parlare l’Italiano!

Era un incanto ascoltarlo. Come nel febbraio del 2017, per il premio Alziator, a Cagliari, quando nel ricordo di Nereide Rudas, appena scomparsa, esordì toccando il cuore dei presenti:“Il destino era già nel suo nome mitologico: ninfa marina, figlia di Nereo…”

Trovava sempre le parole giuste, senza eccessi. In ogni suo intervento trasparivano semplicità e tanta competenza: un binomio raro, ma non per lui che cercava continuamente di coinvolgere tutti, nessuno escluso, e non certo nelle cose banali.

Sapeva introdurre e guidare l’uditorio nei sentieri dell’anima.

Paolo “Samaritano delle Parole e di Umanità”: proprio così lo ha splendidamente definito don Mario Cugusi, a Seui, il paese che,con presenza e affetto, lo ha accompagnato alla sua ultima dimora, sotto le carezze setose del cielo.

L’ho visto alcune volte in ospedale, aveva qualche tenue momento di lucidità ma, ormai, le sue janas lo aspettavano per cullarlo intonando, solo per lui, una dolce ninna nanna.

Paolo mancherà tanto alla Cultura sarda e, soprattutto, mancherà a chi ha a cuore i grandi temi dell’identità. Però, ne sono convinto, lui troverà un modo per continuare ad esserci e attraversare ancora la sua Isola, come ha fatto fino all’ultimo, per presentare libri o partecipare ai tanti premi di poesia nei quali era spesso coinvolto come presidente di giuria.

Continuerà a farlo, spostandosi sulle ali delle janas, e i suoi amici saranno la sua voce.

Come dimenticare gli innumerevoli viaggi fatti insieme per parlare di Sardegna,questa Terra che tanto amiamo e che tanto ci fa soffrire.

C’era una sosta obbligata, nei nostri viaggi: il bar di un distributore di carburanti, a metà strada, tra Cagliari e Sassari. Dieci minuti, appena: giusto il tempo di un caffè e, per lui, anche quello di una sigaretta rollata a mano e fumata a metà. Sinceramente non era, almeno per me, il luogo migliore in cui fermarsi. Non ho cambiato idea, ma ora è diventato il posto delle mie fermate di cittadino viaggiante sulla 131.

Così mi sembra di ricordarlo ancora, mentre prende il tabacco dalla busta, prepara la sigaretta e parla con la sua voce soave.

Chistiona ancora, Paulu caru. Deo già ti isculto.

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Un commento

  1. Ciao Paolo, ti ritrovo nel presente quotidiano con l’ affetto che si prova verso un caro amico. Un amico speciale: pur essendo io sconosciuta al grande pubblico, non hai esitato un istante e sei venuto al circolo Gennargentu di Nichelino a presentare il mio libro “Mille lire”. Le tue parole, che nella circostanza incantarono il pubblico intervenuto numeroso a omaggiarti, vivono nei miei ricordi…e ognia tanti ti ascurtu ancora fueddendi… .

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