di PAULA PITZALIS
Maurizio Sanna un atleta e pilota tra i più stimati nel panorama dell’agonismo sardo e italiano. Lo abbiamo voluto incontrare al Centauro di Cagliari, concessionaria ufficiale della Yamaha, per conversare sul mondo delle due ruote e sull’immaginario collettivo che questo mezzo ha sempre suscitato nei pensieri di tutti. La moto è sempre stata il sogno di molti per percorrere strade di libertà e viaggiare con il vento e nel vento, quasi a liberarsi dalle catene delle quotidianità per rinnovarsi il cuore e l’animo dalle fatiche di ogni giorno. Dialogare con l’atleta Maurizio Sanna ci ha permesso di ricostruire momenti indimenticabili della storia dei protagonisti del nostro sport nazionale a due ruote.
Cosa rappresenta per te la moto?La moto è uno stile di vita. È una sensazione bellissima che ti da un senso di libertà di movimento e di avventura. È difficile da descrivere perché sono quelle passioni e sentimenti interiori che raramente puoi rispondere a domande di queste tipo, e perciò difficile da elaborare e rispondere. La moto è parte di me stesso.
A che età iniziasti ad andare in moto?Da ragazzino. Ero adolescente. Avevo mio padre Giovanni che era un motociclista e perciò tieni conto che in casa avevamo già il “malato per la moto”. Insomma da 10 anni o dodici anni il motorino era la mia passione fino a quando a quattordici anni ho iniziato a partecipare alle gare motociclistiche a livello sportivo.
Cosa è cambiato dai tempi di tuo padre, da quando eri più giovane, fino ad oggi? Come si rapportano oggi i giovani di quel tempo rispetto ai giovani d’oggi con le moto che sono dei “mostri tecnologici”?Ahi qui affrontiamo un discorso molto dolente. Fino a dieci anni fa i giovani seguivano le nostre tendenze , le nostre passioni e consigli sportivi. Adesso non ci sono ragazzi che seguono con così tanta passione nonostante possediamo dei mezzi bellissimi, super sicuri e super tecnologici. Sono veramente belli. Niente in confronti a quelli di dieci anni fa. È un fenomeno che stiamo studiando in tanti. Anche io che faccio parte del CONI mi sorprendo. Probabilmente oggi i ragazzi con in tasca un cellulare e un Tablet spengono le loro passioni per gli sport e altre discipline. È un problema che si riflette in molte discipline. Nel mondo del motociclismo vi è oggi una carenza di talenti. Infatti Valentino Rossi ha creato il VR46 per cercare di sensibilizzare i giovani a questo sport e al mondo delle moto perché non si riesce più a trovare degli appassionati del motociclismo e dei nuovi giovani dediti a questo sport.
Perciò manca un vivaio di giovani atleti? Anche perché il motociclismo come sport presuppone un continuo allenamento ed un impegno fisico e mentale. Si c’è proprio la carenza di ragazzi che sia appassionino alla moto e questo sport. Noi che siamo in questo ambito lo vediamo nel motociclismo ma è più o meno in tutti gli sport che c’è uno scarso interesse. È sceso il livello dell’impegno, del fare sacrifici per raggiungere degli obiettivi agonistici in ogni sport. Se parliamo della mia disciplina, sia l’alimentazione, l’allenamento ed un corretto modello di vita richiedono un sacrificio quotidiano costante.
È un fenomeno sardo, italiano o di più ampio spettro europeo e mondiale?In Italia è molto sentito il problema. All’estero molti stati si stanno impegnando per affrontare il problema. Infatti già esistono diverse cure per le assuefazioni da cellulare e da dipendenze dettate dalle nuove tecnologie in molti paesi. In Spagna s stanno creando dei vivai di giovani per la disciplina offrendo varie possibilità ai giovani per avvicinarsi allo sport. In Italia c’è questa carenza da sopperire. Lo vediamo anche nel settore lavorativo. Anni addietro i ragazzini si appassionavano al mondo delle due ruote e dei motorini. Oggi il mercato dei motorini non ha più quel commercio attivo.
Tu hai partecipato a gare internazionali importantissime. Qual è quella che ti ha dato più emozioni non solo a livello agonistico ma anche come insegnamento di vita?Sicuramente la Dakar. La Dakar perché è una gara quasi impossibile. È difficilissima e vai ad impostare una sfida con te stesso. Ogni tappa e ogni arrivo sono immensi sacrifici, ma ciò che è anche profonda emozione umana è che si diventa tra piloti tutti fratelli. Lì ci si deve aiutare. Non c’è né pensiero politico o religioso che divide. Bisogna essere solidali ognuno con l’altro. Si rimane amici per sempre dopo che si è affrontati la competizione insieme agli altri. Un’altra bellissima esperienza è stata la “6 Giorni” di enduro ed è come partecipare alle olimpiadi dei motociclisti, ma la Dakar rimane la competizione più indescrivibile. Nonostante passino gli anni e l’età avanza si lavora sempre al progetto della Dakar tanto che nel 2020 e 2021 saremo di nuovo alla Dakar.
La moto è anche un viaggio. Oggi chi viaggia ha sempre dentro se uno spirito di avventura. La moto crea e rafforza lo spirito d’avventura? Come ci si deve comportare?Assolutamente si. La moto è viaggiare. Al di là della competizione che tutta un’altra cosa la mota è viaggiare e poter ammirare i posti che si attraversano. Se si gestisce la moto con cura ed attenzione è una perfetta compagna di viaggio perché ti permette di raggiungere luoghi fantastici non raggiungibili con altri mezzi. Ti puoi avventurare in montagne bellissime, e luoghi dove non disturbare nessuno e usufruire delle bellezze della natura. Si la moto è il viaggio.
Cosa si potrebbe fare in Sardegna per favorire dei percorsi in moto come progetto Moto e turismo?La Sardegna sta lavorando tanto in questo campo. Ogni anno arrivano molti motociclisti nell’isola, ma seguono dei percorsi “fai da te”. La Regione potrebbe fare sicuramente di più e tanto presentando dei percorsi indicati per le moto, ed offrendo così anche la possibilità di visitare molteplice località. È vero che oggi la tecnologia con Google ti aiuta, però presentare percorsi con pacchetto turistico e località archeologiche sarebbe ottimale. Permetterebbe ad un motociclista di visitare borghi e paesini che sono dei gioielli della nostra isola. Spesso io stesso quando viaggio in moto in tour scopro dei paesini fantastici in Sardegna che si potrebbero tranquillamente far conoscere a tutti.
Perciò il pacchetto Moto, Festa, Cucina e Archeologia, Natura, Montagna e Mare funziona?Si certo se si organizzassero degli itinerari collegate alle sagre e feste dei paesi sarebbe bellissimo.
Perciò non vivere solo la moto in estate?La moto la si può vivere tranquillamente 365 giorni all’anno. Basta organizzarsi bene e adeguatamente e si può viaggiare con serenità.
Cosa non deve fare un motociclista?Un motociclista prima di tutto deve rispettare le norme stradali e non fare le gare in strada. La moto va goduta per la libertà che ti da e con la prudenza che le si addice: il potersi muovere in velocità da un posto all’altro, percorrere strade che con l’auto non puoi fare, ma sempre con prudenza e serietà.
Oggi abbiamo molte donne che si avvicinano alla guida della moto. Si sono tantissime.
Un tempo sembrava fosse solo un privilegio maschile. Oggi esistono delle scuole o dei percorsi di apprendimento della guida delle moto? Cosa si deve fare se qualcuno volesse avvicinarsi al mondo della guida motociclistica?Ci sono le scuole guida con degli istruttori preparati ed oggi si ha anche la fortuna che le molte case motociclistiche producono molte moto adatte alle donne.
In genere che cilindrate si propongono per le donne?Ci sono da 400, 500 e 600, ma non è quello il problema. Ci sono moto molto piccole e maneggevoli che permettono lo stabilirsi un feeling e confidenza con il mezzo in modo immediato. Da lì in poi una ragazza può arrivare anche ad un 1000 perché oggi le moto sono veramente belle da guidare. Questa estate ho incontrato tante coppie non con una moto ma con due moto, una per ogni persona. Marito e moglie con due moto. Questo è un indice che fa capire quanto la donna ha fatto sua la guida della moto.
Una ragazza a quale età si può avvicinare alla guida della moto?All’età che vuole. Ormai l’età del viaggiare si è allungata. Si incontrano settantenni che viaggiano tranquilli e sereni in moto.
C’è un sogno di Maurizio Sanna?Diciamo che per fortuna me lo sono realizzato partecipando alla Dakar , ma rimane sempre quello sogno da ripercorrere.
Però oggi di questi tempi non si può ritornare in Africa?È un momento difficile per l’Africa. Si può percorrere il fronte senegalese. Oggi si percorre quello. La Dakar è un marchio che oggi organizza in Sud America la gara, mentre in Africa si percorre invece la vecchia Dakar in territorio mauritano, marocchino, e Senegal. Molti altri percorsi per problemi di sicurezza non possono organizzarsi nel centro africano. Dipende dagli equilibri politici e geopolitici degli stati interessati.
Un tempo i piloti venivano rapiti?No non è mai accaduto che un pilota sia stato sequestrato, ma derubati si. Perciò i rischi sono tanti. Credo che per il momento sia difficile riproporre la Dakar con il marchio di un tempo con il percorso di un tempo.
Un pilota che ti è rimasto nel cuore?Non mi stancherò mai di dirlo è Fabrizio Meoni. Tutti noi piloti abbiamo scoperto le sue doti migliori dopo che è morto.
Cosa aveva questo piloto da essere così amato?Era un grandissimo uomo. Era un filantropo e aiutava tantissime persone. Era impegnato in tanto opere di beneficienza con profonda discrezione nonostante stavamo con lui 24 ore al giorno.
Perciò fare del bene è farlo con discrezione e in silenzio e in dignità?Certo anche quello. Sicuramente se sei un personaggio puoi utilizzare la fama ed il successo per impegnarti nel sociale, però Fabrizio Meoni era così. Lui di tutto quello che guadagnava in Africa non si portava niente a casa, lo impegnava in beneficienza. Lui viveva sole dalle gare che partecipa fuori dall’Africa non quelle africane. Tutto quello che guadagnava in Africa lo impegnava per l’Africa.
Voi piloti lo ricordate sempre?Certamente. Ogni 15 giorni c’è una cena pro Meoni, raccogliamo fondi e sono più di una decina le scuole a nome di Fabrizio Meoni in Africa.
L’ultima domanda. Arrivano gli extraterrestri sul pianeta terra e devi spiegare agli alieni che esistono le moto, come le devono usare e che piacere possono trovare nel guidarle.È difficilissimo spiegare agli alieni tutto, ma di sicuro consiglierei quello che direi ad un umano. Spiegherei con la stessa gioia che riporrei in un umano che cosa è la moto e le soddisfazioni che questo mezzo ci concede. La moto è emozione.
Perciò il sogno di Maurizio Sanna è la Dakar e continuare ad emozionare?Certo. La moto è emozione.
Educazione e moto?Tantissima. È importantissima.
Perché non si insegna nelle scuole pubbliche l’educazione stradale e motociclistica?Forse è un problema italiano. C’è tanto ancora da fare in questo campo. La moto fa ancora paura e ancor di più i motorini. Oggi piloti fanno ancora paura. Penso sia una questione culturale. Bisogna impegnarsi ancora per l’educazione stradale nelle scuole pubbliche. Oggi per fortuna si è giunti alla cultura del casco e piano piano si è raggiunto un traguardo rispetto al periodo che non si usava dove molti giovani persero la vita a causa di ciò. L’educazione stradale è importante sia per i motociclisti e che per chi in futuro guiderà l’auto. Si la scuola può contribuire ad approfondire l’educazione stradale per i giovani.