IL CANNONAU: IL RE DEI VINI DI SARDEGNA

immagine di Gianna Mazzei
di VIRGILIO MAZZEI

Se è vero il detto che “Il vino Barolo è il Re dei vini, e il vino dei Re”, il nostro Cannonau può essere considerato il Re dei vini rossi di Sardegna.

Sia per gli amatori, che per gli intenditori, si tratta di un vino di grande interesse. Le sue particolari caratteristiche organolettiche, lo rendono infatti il vino rosso più conosciuto dell’Isola.

Inoltre, il suo vitigno ha una storia particolare.

Per molto tempo, si è stati convinti che il vitigno del Cannonau fosse stato importato in Sardegna durante la dominazione spagnola, escludendo così l’origine sarda. Oggi, grazie a studi recenti e a nuove scoperte archeologiche, tutto questo è stato messo in dubbio. Le scoperte dimostrerebbero infatti che il vitigno del Cannonau è in realtà autoctono dell’Isola, e che siano stati gli spagnoli – invece – ad averlo scoperto in Sardegna durante il loro dominio, per poi coltivarlo nella penisola Iberica col nome di Garnacha-Tinta.

La convinzione della territorialità del Cannonau in Sardegna sarebbe emersa con un certo grado di attendibilità a seguito del ritrovamento di vinaccioli di Cannonau risalenti al 1200 a.C., nei siti archeologici del Campidano. Per cui appare evidente che la supposta origine spagnola trovi sempre meno credibilità.

Il Cannonau viene prodotto da un vitigno a bacca rossa, a foglia reniforme-orbicolare, totalmente glabra, e con dentellatura regolare. I suoi grappoli sono di media grandezza, e di forma cilindrica. I suoi acini, di colore nero-violaceo, sono caratterizzati da una buccia spessa e pruinosa.

Questo vino appartiene ad una delle 19 DOC di cui si fregia l’enologia sarda, col nome di “Cannonau di Sardegna”. Il disciplinare per l’attribuzione della DOC (Denominazione di Origine Controllata) al vino Cannonau, è stato più volte modificato a partire dal 1972; oggi è regolato dal DM. 30.11.2011.

Secondo l’attuale normativa questo vino può essere prodotto in diverse versioni:

  • Cannonau di Sardegna rosso
  • Rosso riserva
  • Liquoroso
  • Passito
  • Classico

Quest’ultima tipologia è consentita per i vini prodotti nelle provincie di Nuoro e Ogliastra.

Per quanto riguarda l’uvaggio, il disciplinare stabilisce l’85% di uva Cannonau con l’eventuale aggiunta di altre uve provenienti da vitigni a bacca nera non aromatici, fino ad un massimo del 15%.

Nel tipo “classico” – come anzidetto, riservato ai vigneti della provincia di Nuoro e Ogliastra – la presenza minima di uva Cannonau deve essere del 90% alla quale si può aggiungere altra uva a bacca nera, non aromatica, in misura non superiore al 10%. La produzione di uva per questa tipologia di vino non deve superare i 90 quintali per ettaro di vigna. La densità dei ceppi non può essere inferiore a 3.500 per ettaro, e non è ammesso il sistema di allevamento a tendone.

La produzione di uva per il Cannonau di Sardegna non deve superare i 110 quintali per ettaro.

Un particolare importante: nella zona di Oliena si produce un eccellente Cannonau, noto però con il nome di Nepente di Oliena. Questo termine ormai affermato e diventato storico gli è stato attribuito da Gabriele D’Annunzio.

Il significato della parola nepente trae origine dal termine greco “NEPENTHOS” e sta ad indicare un tipo di erba che cresceva in Egitto. Questa erba, mischiata col vino, rallegrava il cuore e alleviava le afflizioni dell’animo.

In che modo D’Annunzio entra in gioco con la storia del Nepente?

Nei primissimi anni del 1900, un giovane tedesco di nome Hans Barth chiese a D’Annunzio di curare la prefazione di un suo libro dal titolo “Guida alle osterie d’Italia”. Il Vate accettò l’invito e lodò il lavoro svolto, ma chiese allo scrittore se conoscesse i vini di Sardegna. Il giovane rispose di no. Al che il Poeta proseguì dicendo:

“Non conoscete il Nepente di Oliena neppure per fama?

Ahi, lasso! Io sono certo che, se ne beveste un sorso, non vorreste mai più partirvi dall’ombra delle candide rupi, e scegliereste per vostro eremo una di quelle cellette scarpellate nel macigno che i Sardi chiamano Domos de Janas, per quivi spugnosamente vivere in estasi fra caratello e quarteruolo.

Io non lo conosco se non all’odore; e l’odore, indicibile, bastò a inebriarmi”

Il giudizio di D’Annunzio è stato sicuramente un bel biglietto da visita per il percorso del Cannonau/Nepente di Oliena. Ma indipendentemente dalla “presentazione” del Poeta, questo è un vino molto particolare chedeve le proprie caratteristiche organolettiche al terreno, e al clima, che la zona di Oliena esprime. Tutto questo,favoriscela coltivazione della vite.

L’augurio mio, e di tanti altri amatori del buon vino, è che un giorno non lontano possa fregiarsi della DOCG. Questo ritardo, infatti, appare incomprensibile.

Ma lasciamo il Nepente, e torniamo al Cannonau di Sardegna, protagonista di questo articolo.

La gradazione alcolica del Cannonau varia da zona a zona, perché condizionato dalle caratteristiche del suolo, del clima, e dall’esposizione delle vigne. Normalmente va da 12,5 a 16 gradi.

All’esame visivo si presenta di colore rosso rubino, brillante, tendente al granato con l’invecchiamento.

Il suo profumo, composito, ha sentori piacevoli di viola, prugna matura e frutti di bosco; a volte è leggermente speziato.

Al gusto è asciutto, di struttura, armonico, con lieve retrogusto amarognolo. Nel tipo “riserva” si possono avvertire sfumati sentori di liquirizia.

Il Cannonau secco è un vino che si presta a essere abbinato ad un’ampia varietà di piatti, non solo della cucina sarda, ma anche a piatti impegnativi della variegata cucina italiana. In Sardegna, il suo utilizzo ormai consolidato, lo vede protagonista insieme alle pietanze a base di cacciagione, selvaggina, arrosti e bolliti; ma anche con alcuni tipi di formaggi sardi stagionati. E’ perfetto con le pappardelle al ragù, o con sugo di salsicce, ed in generale con tutti i salumi saporiti.

Se si tratta di Cannonau invecchiato o di una Riserva, si consiglia di stappare la bottiglia almeno due ore prima della mescita, per consentire la giusta ossigenazione. Ne godranno sia l’olfatto che il palato.

Anche la temperatura di servizio deve essere valutata a seconda della tipologia del vino, può infatti variare da 12 a 18-20 °C.

Altra cosa importante, da non trascurare, è la scelta del bicchiere. Ogni tipo di vino per esprimere appieno la propria personalità deve essere servito nel bicchiere adatto alle caratteristiche del vino stesso.

Può sembrare strano, ma un bicchiere non appropriato potrebbe sminuire il pregio del nostro nettare, e di conseguenza compromettere il giudizio finale.

Nel nostro caso, il bicchiere deve essere assolutamente in vetro liscio, privo di colore, di forma panciuta, e con stelo alto; e andrà riempito solo per un terzo della sua capacità.

Questa forma di bicchiere serve ad esaltare al massimo il profumo del vino, ma anche il suo effetto cromatico, perché anche l’occhio vuole la sua parte!

Virgilio Mazzei sommelier AIS (Associazione Italiana Sommelier).

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6 commenti

  1. Alla foto ….un pezzo di pane ed è completa.

    • Virgilio Mazzei

      Nella pratica (mangiare) sarebbe il massimo. Magari pane carasau. Sotto l’aspetto tecnico non si è voluto appesantire la foto. Grazie.

  2. Maurizio Prete

    Vino buonissimo con tante pietanze , anche dolci…

    • Virgilio Mazzei

      Signor Maurizio. Grazie.
      Il cannonau versione liquoroso dolce si sposa bene con amaretti e alcuni tipi di biscotti sardi. Se ha la fortuna di avere questo vino lo provi e io la invidierò.

  3. A proposito dell’origine della parola Cannonau.
    Sembra che il termine derivi da una tecnica di vinificazione che si diceva:cannonare su mustu, cioè cannonare il mosto, le uve sottoposte a cannonatura erano chiamate uve cannonate ed il vino derivatone, vino cannonato.
    Questa tecnica sarebbe antichissima e veniva utilizzata solo per quelle uve che cedevano con difficolta il colore ed i tannini, come appunto le uve cannonau.
    Il cannone era un attrezzo che serviva a rimestare le uve pigiate, Massimo Pittau,, storico, filosofo etc. docente all’Università di Sassari, oggi ultra novantenne, dice che la parola Cannonau deriverebbe dall’uso di una grossa canna che serviva a rimestare il mosto; il diplomatico spagnolo Martin Carrillo, in una sua relazione al re di Spagna, nel 1626, dice che in Sardegna ci sono dei buoni vini che i Sardi chiamano “Cannonates” , di vini Cannonates parla anche il Francescano Pietro Aleo, in una sua opera nel 1633.

    • Virgilio Mazzei

      Ciao Tonino. Grazie delle precisazioni storiche sul Cannonau. C’è sempre da imparare e quando le notizie nel campo enologico vengano da te sono ancora più gradite e fanno cultura. Sei grande!
      Un abbraccio. Virgilio.

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