di PATRIZIA BOI
“Il mio nome è Donna” è un documentario della Regista Alessandra Peralta, autori Pietro De Gennaro e Alessandro Greco – Speciali Rai Scuola -, a cui il Gremio dei Sardi domenica 10 marzo dedicherà l’apertura dell’incontro “Contro la Violenza sulle Donne”, ore 17,30 Via Aldrovandi, 16, Sala Roma.
Il documentario nasce da un progetto realizzato dall’ITIS Torricelli di Sant’Agata di Militello, guidato dalle professoresse Mariangela Gallo e Dominga Rando.
I documentari di Alessandra Peralta, anche su temi scottanti come la violenza di genere e la Parità dei Diritti, riescono ad essere delicati e toccanti. La sua denuncia è sempre originale e costruttiva, volta al ‘Benessere’ piuttosto che ad individuare le colpe di qualcuno. Le musiche che accompagnano i temi scelti dall’infaticabile Pietro De Gennaro – che ha dedicato la sua vita alla giustizia sociale, anche nel suo albero genealogico vanta un importante apporto alla Resistenza – con l’ausilio di Alessandro Greco – Autore e Produttore cinematografico – le inquadrature eleganti e raffinate, quel tocco nel passaggio delle immagini, rendono i documentari della Peralta sempre istruttivi per il mondo dei giovani, ma anche per quello degli adulti.
In questo documentario è la Donna ad effettuare la sua Resistenza, è l’Antigone moderna che, forte della sua consapevolezza, si ribella al potere di un uomo che non si dimostra maturo per la comunicazione assertiva a due vie. Non ci sono colpe, ma solo Responsabilità, necessità di documentarsi, magari per venire a sapere che, come afferma l’archeologa lituana Marija Gimbutas nel suo “Linguaggio della Dea”, circa Ottomila anni fa, le Società erano Matrilineari – gineree – luoghi dove la Donna possedeva il Potere di partecipare alle scelte socio-politiche della sua società con Pari Opportunità rispetto all’Uomo di quei tempi. Lo testimoniano le statuine rappresentanti una Donna Opulenta nella sua forza e bellezza, materna e rassicurante, dispensatrice di vita e di piacere, ritrovate dovunque nel magico mondo del Mediterraneo.
Il documentario parte dall’art. 3 della nostra Costituzione che afferma:
«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
Vi ricordate il Mito di Apollo e Dafne? Dafne era una fanciulla che conduceva la sua vita libera e selvaggia a contatto con la Natura, respirando l’aria pulita dei boschi, trastullandosi nelle acque, seguendo il suo ritmo interiore, come molte Donne, Sacerdotesse o Dee, ma il Dio Apollo ne rimane stregato. E la vita di Dafne si trasforma in un dialogo violento tra un predatore e una fuggitiva. Apollo, come afferma Erika Maderna, è «un usurpatore, un dio giunto da un altrove, che ha trovato una nuova dimora in cui insediarsi e lo ha fatto con modi lusinghieri, da vero seduttore». La ninfa fugge e più lei fugge, più lui la rincorre, finché le forze l’abbandonano. Per non subire la violenza di essere strappata dalla sua vita libera «invoca l’unica supplica possibile, l’aiuto della Madre Terra, implorandola di dissolvere quelle fattezze che l’hanno resa troppo amabile». E così Dafne si trasforma in una pianta di Lauro di cui, poi, Apollo, si orna i capelli.
Che bella metafora di una trasformazione sociale molto antica. Come evidenzia la Maderna: «Dietro la fuga disperata della ninfa prende vita la rappresentazione scenica di uno scontro tra civiltà». Come è sottile la nostra scrittrice, esperta di Mito e di simbolismi del mondo vegetale! C’è in questo mito un vero e proprio tentativo di stupro, la significativa «metafora di una violazione più vasta e profonda». Chi sono questi antagonisti del mondo greco? Sono i portatori di valori di due epoche lontane. «Lui è il portatore di una nuova modernità, fondata sui valori maschili della guerra, della conquista e del possesso. Logos. È la cultura greca così come la conosciamo. Lei, l’antica dea in fuga, è l’anima del mondo conquistato, impreparato a reagire. Natura».
Ecco Donne perché dobbiamo conoscere il Mito, prima ancora della Storia, la Storia la scrivono quelli che sono rimasti, il Mito è simbolo di antichi valori, che il dio Apollo non potrà cancellare, fagociterà l’era arcaica, dissimulando lo stupro con una abbraccio. Sarà maestro nell’arte del compromesso e della diplomazia. «Si appropria dei simboli, consapevole che il passaggio di pochi secoli basterà a farli credere suoi da sempre».
Vi rendete conto che anche le parole sono state sottilmente trasformate in modo da rendere le Donne una vera costola del mondo maschile?
Perché la parola Ingegnere si usa solo al Maschile, mentre il femminile “Ingegnera” è considerato un termine che suona male? Come mai, invece, negli altri mestieri si può dire “operaio” e “operaia”, “parrucchiere” e “parrucchiera”, “ragioniere” e “ragioniera”? Perché suona bene “Editore”, ma non “Editora”, come ci insegna, invece, la nostra Neria De Giovanni? Si tratterà per caso di una grammatica puramente sessista?
Voglio davvero, però, evitare la lamentela per non scadere in uno dei ruoli del “Triangolo drammatico” di cui parla lo psicologo statunitense Sfefan Karpman, “Vittima, Carnefice, Salvatore”.
La Peralta sembra dirci in maniera sottile “Noi Donne non vogliamo sentirci Vittime”, perché significherebbe sentirsi inferiori agli altri, vivere passivamente in un mondo ostile e svalutare i propri talenti. La Donna non deve essere alla ricerca inconsapevole di un Carnefice o Salvatore che la assecondi in questa posizione.
E non vuole nemmeno farsi prevaricare da un Carnefice che, per la sua rabbia e disperazione, assuma un atteggiamento punitivo nei confronti del mondo femminile, sminuendo le sue qualità e considerandolo invisibile.
E non si accontenta di essere liberata da un Salvatore che si prodiga per aiutare gli altri, anche quando il suo aiuto non è richiesto, perché questo significa non essere in grado di difendersi da sola. Non le piace nemmeno essere la Salvatrice delle altre Donne, perché il suo valore non si misura essendo utile alle altre, non le serve riconoscenza e gratitudine per aumentare la sua autostima.
Se la Donna diventa Vittima non solo disconosce il suo valore, ma rischia di richiamare a sé, il Carnefice e il Salvatore che non attribuiscono valore agli altri.
Quindi, care Donne, perché continuare a richiamare a sé le violenze subite? Perché invece, non organizzare incontri che ricordano, tutti i giorni, solo la nostra “Bellezza” Interiore e i nostri Talenti?
Infatti, sembra che la nostra Regista, sottilmente, suggerisca “Donne, dobbiamo solo insegnare e insegnarci a ricostruire la nostra Grandezza ed integrarla con la Grandezza dei nostri Uomini”.
Innanzitutto un grazie convinto. Ti ho letto con attento interesse e grande coinvolgimento emotivo. Mi hai dato l’opportunità di entrare nella giusta prospettiva di fronte alla femminilità da intendere esattamente come tu l’hai così ben tratteggiata! Ancora un grazie non solo per Sandra, ma soprattutto per me.
Sarò di parte, ma il documentario della Peralta è di una poesia unica.
Complimenti all’autore dell’articolo!
che onore conoscerti…..brava😘
Interessante e stimolante articolo della mia cara amica Patrizia Boi, penso che le donne non sono pari agli uomini ma complementari, che sia questo il presupposto della coscienza nuova della donna!
Quanti ancora ce ne vorranno di documentari per far capire al mondo che esiste la parita’ di genere? Sono passati secoli e la differenza intellettuale tra uomo e donna resiste nel tempo. Quindi continuare a documentare ed essere sempre sul pezzo”dimensione donna”. Bisogna coinvolgere soprattutto l’uomo, attenzionarlo al tema, sfrugugliando nei meandri del suo intimo psicologico e fisico. Brava la regista, ottima presentazione dell’opera.
Che fossi brava, cara Alessandra, lo sapevo già! Quanto ho letto me lo conferma! Brava , complimenti, fai un lavoro straordinario.😍😍😍