di CRISTIANA MAMELI
“L’unione fa la forza” recitava un detto che al giorno d’oggi, nella nostra società caratterizzata da diffidenza e individualismo, dovrebbe essere ricordato più spesso. In tal senso l’ultimo libro di Michela Murgia, Noi siamo tempesta, edito da Salani, risulta una lettura non solo piacevole ma preziosa.
Il libro raccoglie venti storie di cooperazione, solidarietà, partecipazione collettiva, andando controcorrente rispetto all’esaltazione dell’atto eroico di un singolo cui ci hanno abituati la letteratura e il cinema di consumo.
Con una scrittura scorrevole l’autrice originaria di Cabras fa rivivere alcuni momenti in cui si è intuito che essere gli uni accanto agli altri, agire come collettivo, avrebbe portato migliori risultati e maggiori benefici. Vengono così ripercorsi episodi della Storia come la battaglia delle Termopili, la caduta del Muro di Berlino o la protesta degli atleti afroamericani alle Olimpiadi di Messico ’68. Si ricordano eventi che hanno costituito uno svolta importante nell’ambito della scienza e della tecnologia – dalla creazione della macchina di Turing da parte di un pool di ricercatori rimasto segreto alla decisione dei due creatori di Wikipedia di consentire la compilazione e la verifica delle definizioni della loro enciclopedia libera a tutti gli utenti. O, ancora, si evidenzia l’impegno di coloro i quali, con le loro iniziative, costituiscono un esempio – si pensi al Coro de ManosBlancas di Caracas o all’Orchestra di Piazza Vittorio, entrambi modelli di inclusione, rispettivamente nei confronti delle persone con disabilità sensoriale o intellettiva e degli immigrati, attuata attraverso la musica.
E tra le vicende che la scrittrice ha scelto di raccontare non manca un pezzo di Sardegna. Viene infatti ricordata l’opera di Maria Lai dal titolo “Legarsi alla montagna”, di fatto la prima opera a livello internazionale di arte relazionale, nella quale il coinvolgimento del pubblico e l’effetto che questo produce sono parte integrante della creazione artistica. Per rappresentare la forte unione del suo paese alla montagna sovrastante – e, per esteso, il legame con la propria terra d’origine – nel 1981 l’artista di Ulassai convinse i suoi compaesani a partecipare senza eccezioni, legando in un filo unico tutte le case alla montagna.
La voce di un coro arriva più lontano di quella di un solista: è questo in definitiva il messaggio di un libro che, di questi tempi, ha una valenza quasi pedagogica.