di MARCELLO NAPOLI
“Universo che mi spazia e m’isola: poesia.” In queste poche parole, edite nel 1932 come incipit del primo libro di poesie di Alfonso Gatto, ritroviamo il “ponte” culturale, il legame forte tra il poeta italiano, nato a Salerno nel 1909 e lo scrittore, sceneggiatore e documentarista, poeta, fotografo Marcello Serra, nato a Lanusei nel 1913. E’ il ponte, l’unione, l’alchimia, l’abbraccio di persone non comuni che hanno la parola, l’impegno, l’umanità e sensibilità come motore e fuoco della vita. Come scrisse Montale (lapide per Alfonso Gatto, 1976) quelle stesse parole valgono e varranno per Marcello Serra: “A loro due per cui vita e poesia furono un’unica testimonianza d’amore”.
Via Aldovrandi 16; ore 17 e 30 sotto una pioggia intensa la sala del Gremio dei Sardi, associazione presieduta da Antonio Maria Masia, si riempie sino a coprire ogni posto a sedere.
Il primo “omaggio” è alla memoria, alla Shoa, a Mnemosyne, con una poesia di Marcello Soro.
Serata di memorie e di speranze e proiezioni verso il futuro se ci sarà sempre qualche cantore di poesie, qualche tedoforo di cultura e qualche sensibile testimone di vita. (Nella sala ci sarà, come vedremo un concentrato di tutto ciò)
“Nel 2016 conosco per mezzo di una telefonata Marcello Napoli, che mi si presenta come giornalista e scrittore di Salerno, la città natia di Alfonso Gatto. E’ impegnato a ricercare le tracce di un’amicizia tra Gatto e Marcello Serra, documentata già in un articolo e poi nella prefazione del libro “Sardegna quasi un continente” (seconda edizione Fossataro, 1970) e mi chiede di collaborare, condividere con lui in questa ri-scoperta. Non sapevo di questo rapporto iniziato nel 1955, attraverso i giorni in cui Gatto come reporter, accompagnato da un fotografo di fama come Mario De Biasi, attraversava la Sardegna in lungo e largo per il settimanale Epoca (luglio). Così la mia testimonianza e amicizia e stima è racchiusa anche nella postfazione al libro “Alfonso Gatto e la Sardegna”, che Marcello Napoli ha pubblicato presso le Edizioni dell’Ippogrifo e presentiamo stasera.” A cementare il rapporto e l’amore per questa terra il presidente Masia, dopo una emozionante prolusione, ha mostrato ai convenuti una parte del documentario del 1961, proveniente dalle Teche Rai, “Sardegna quasi un continente” di Marcello Serra, che appare a conclusione del filmato. Un quasi continente “fermo ai proverbi” come scisse Alfonso gatto che apriva le porte al turismo e al futuro che è il nostro presente, non tutto azzurro, ma con ampi squarci di speranza.
A dare testimonianza del rapporto tra Gatto e Serra, in un filrouge che passa per Grazia Deledda, Virgilio Lilli e le presenze di D’Annunzio, Quasimodo, Levi, tra gli altri è stata Neria De Giovanni, presidente dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari. E’ proprio la Deledda e Lawrence, su fronti letterari e visoni diverse, a dare la spinta propulsiva alla conoscenza del “continente” Sardegna.
Nel 1955, ha raccontato Marcello Napoli, all’apice della carriera poetica e letteraria, Alfonso Gatto, padre dell’Ermetismo (certo con Luzi, Ungaretti e Quasimodo), si trova sulla balaustrata di un passato fermo ai proverbi, alla storia e ad un affaccio al futuro, rappresentato dai primi aerei che atterrano ad Alghero. Ma la Sardegna umana e paesaggistica e cronachistica di Gatto è filtrata, accompagnata dall’amico poeta e Virgilio, Marcello Serra. La scrittura diventa poesia: “Qui in Barbagia, la fiaba s’incide nel vetrato della neve e nella dura ganga del legno, che nella sua usura diventa eterno”, scrive Gatto. E racconta di fari, di storie (come quella di Saboedda che non si sposò perché era la più bella e di nuraghe (Barumini, Arrubiu, che Giovanni Lilliuscoprirà nel 1947): “ La Sardegna fa tutto giovane il suo passato; è appena scalfita dal vomere archeologico. “
Ma l’incontro organizzato dall’associazione Gremio, da Antonio Maria Masia, ha stanato altre emozioni: la testimonianza di Giuseppe Liuccio, salernitano, residente a Roma da anni, giornalista, poeta e scrittore, (autore di decine di saggi e libri di poesia in lingua italiana e dialetto cilentano) collaboratore della Rai che ha raccontato di Gatto in Costiera Amalfitana e ancora Francesca Bellino, anche lei salernitana residente a Roma, giornalista e scrittrice. Autrice di trasmissioni alla radio su Alfonso Gatto “Il poeta con la valigia”. A rendere viva la parola, le testimonianze, i racconti del come e perché e quando, la lettura di brani dei reportage e di poesie di Alfonso Gatto e di Marcello Serra. A interpretarle e renderle memorabili, emozionanti, l’attore Alessandro Pala. “La cultura unisce e rendere gli uomini migliori, liberi e fratelli”; questo lo slogan palpabile della serata.
Tra i numerosi presenti una donna si allunga verso il tavolo fasciato della bandiera dei quattro Mori: “E Paola Maria Minucci, docente di Letteratura Contemporanea presso l’Università di Roma; emozionata ringrazia, con due librini sotto braccio appena acquistati. Basta uno sguardo per rivedere la falce della morte tagliare la vita di Alfonso Gatto. Era l’8 marzo del 1976 ad Orbetello. Era lei alla guida, è lei la testimone degli ultimi giorni e ore e minuti della vita di un grande poeta del mondo, italiano e “fratello” di un altro grande e dimenticato poeta e uomo del mondo come Marcello Serra.
IL PENSIERO DI MARCELLO SORO
Che dire, riprendo il commento fatto durante la presentazione di sabato 2 febbraio presso il Gremio, nel definire piccolino questo libro.
Piccolino sì, solo nel numero delle pagine, ma dai contenuti così profondi su scritti e immagini di una terra dall’impronta di un piede umano, come fu definita la Sardegna dai Greci, isolata nel mare, nei suoi silenzi anche storici e nei propri costumi, scritto con uno stile narrativo che ricorda il primo grande narratore di viaggi, quel grande Erodoto padre della Storia.
Una attenta ricerca su appunti e scritti di altri grandi scrittori e giornalisti come Serra o Gatto collegati con uno stile gradevole in un mix letterario e giornalistico tale da produrre una carica emozionale, dalla quale traspare quella passione per la terra del sud, soprattutto quando recupera alcuni determinanti accenti su articoli di Gatto come “una ingiusta sorte toccata a questa terra”, di “vicende del sangue” o di “una esistenza consumata nell’anonimo” .
Marcello Napoli, nella sua ricerca selezionata di scritti dei suoi colleghi, armoniosamente posizionati su tempi e luoghi, forse non si accorge di avere creato un piccolo capolavoro letterario non solo di sintesi ma di creazione di un vero e proprio viaggio emotivo sapendo entrare in profondità nell’animo di Gatto vivendolo in prima persona e trasmettendolo al lettore attento .
I miei più sinceri complimenti.