di GIULIA COCCO
Giuseppina Pisu, cagliaritana a Copenhagen, è una sarta proprietaria di “Piccola Così”, una piccola boutique vintage nella quale potersi prendere una pausa dalla vita frenetica caratteristica della sua città.
Giuseppina Pisu è una donna solare e piena di vita che un giorno, come tanti nostri conterranei, ha deciso di fare le valigie e guardare oltre il suo orizzonte visibile, partendo dalla sua amata Cagliari, andando a nord e fermandosi a Copenhagen. È qui che ha coltivato il suo sogno, quello di aprire “Piccola Così”, la sua piccola boutique tutta a tema Vintage, della quale ne è anche sarta. Questo però non è solo un punto vendita dove potersi rifare gli occhi con le stoffe e gli abiti del passato, ma un luogo d’incontro che Giuseppina ha creato a poco a poco con cura e amore, nel quale poter sorseggiare un bicchiere di vino nostrano o chiacchierare davanti a una tazza di caffè,un porto sicuro dove potersi rilassare dalla frenesia della grande città nella quale abita.
Giuseppina, presentati e parlaci di te.Abito a Copenhagen da circa 4 anni, ho circa 40 anni e sono nata e cresciuta a Cagliari. Ho iniziato a viaggiare per lavoro circa 10 anni fa, arrivando alla fine qui a Copenhagen, nella quale ho aperto il mio “Piccola Così”.
Di cosa ti occupi nella tua attività?Il mio è un negozio prevalentemente Vintage nel quale in seguito ho voluto unire altre cose, come un angolo caffè per il quale ho selezionato una tipologia di caffè fiorentino, credo il migliore mai provato in vita mia, e un angolo con prodotti italiani e vini solo ed esclusivamente sardi. In questo caso li ho selezionato da due tenute, una del sud Sardegna e una dell’Ogliastra, questo perché ci tengo a mostrare ai miei clienti e amici cosa abbiamo noi, perciò ho pensato che caffè e vino potessero essere un ottimo collante!
Secondo te, come vedono i danesi la Sardegna?I danesi sono persone che viaggiano tanto, mio marito in primis che è danese, conosceva la Sardegna da quando era bambino, ma è ancora vista come un posto magico, un po’ selvaggio. Recentemente sono stata a una conferenza su i Nuraghi insieme a degli amici, e quando hanno capito che fossimo sardi hanno iniziato subito a farci tante domande. Insomma, è un po un mix di emozioni diverse. La conoscono bene solo a livello di villeggiatura e turismo. Sono molto attratti dall’aspetto culinario, ad esempio in una trasmissione da poco hanno parlato del Casu Marzu e, chi sa che sono sarda, mi ha subito chiesto informazioni a riguardo!
Differenze di vita fra la tua città natale, Cagliari, e quella adottiva, Copenhagen? Ce ne sarebbero tantissime e non saprei sinceramente da dove iniziare. Sicuramente il bello di vivere in una città come Copenhagen è che è grande, molto europea e ci si può adattare trovando quella che è la propria dimensione. È strano come certe cose siano comunque comuni, come la voglia di passare del tempo insieme, prendere un caffè insieme o la semplice voglia di passare una bella serata. Certo la socializzazione è diversa, perché non sono così aperti come i cagliaritani, ma c’è comunque questa voglia di socializzare e di conoscere cose diverse. Ovviamente le differenze ci sono, le senti, perché sei comunque “diversa”, sud europea.
Ma ora torniamo a parlare di te, raccontaci del tuo negozio “Piccola Così”.È un progetto che spazia tantissimo, amo dire di me stessa che sono una sarta empirica, perché sono una sarta ma non ho mai seguito un corso di taglio e cucito, tutto quello che so l’ho imparato sul campo, quindi tutti i vestiti che ho in negozio che sono prevalentemente di due decadi anni 60 e 70 sono tutti riparati e sistemati da me. Non li modifico mai, anzi, cerco di usare dei filati della stessa decade del vestito. Sono un po una purista, ci tengo. Tutti gli abiti sono trovati in giro per mercatini perché sono trent’anni che li colleziono e viaggio tanto, almeno una volta al mese, ho diversi posti in Europa dove mi rifornisco raccogliendo anche le storie delle persone che hanno precedentemente usato questi abiti. Credo che sia anche fondamentale dargli una tracciabilità, nei cartellini quindi c’è scritto il nome del proprietario precedente, cosa faceva, quando e dove ho trovato il capo, la sensazione che ho provato quando ho trovato quel vestito.
Quali sono i tuoi mercatini preferiti?Viaggio spesso verso il Belgio, la Francia e la Germania. Però quando viaggio da sola o con mio marito devo per forza fare un giro nei mercatini della città che sto visitando e a proposito, da poco ho potuto visitare quelli di Praga, nei quali ho trovato qualcosa di davvero interessante. Ho diversi posti anche qui in Danimarca e Svezia ma amo avere a che fare con i privati, perché solo così posso parlare e conoscere i proprietari dei capi che comprerò, così da averli più vicini al cuore. Ovunque ci sia qualcosa da frugare io devo esserci!
Ti occupi anche del vintage sardo? Sì certo ho anche alcuni fornitori sardi, signore e signori che conosco da anni con i quali si è stretto un rapporto d’amicizia meraviglioso. C’è da dire che quando ai miei clienti propongo qualcosa arrivato e “vissuto” in Sardegna rimangono esterrefatti e quasi increduli.
Cosa ti manca di casa?Mi manca tantissimo, sai cosa mi manca di più? Mi manca l’odore. Ho questi ricordi olfattivi di Cagliari legati all’infanzia che ho vissuto con mio padre, lui lavorava come restauratore di beni librari alla Biblioteca Universitaria e Cagliari l’ho vissuta ai suoi piedi da quando ero bambina. Quindi queste estati bellissime di quando papà mi portava in giro per Castello, sai l’odore del minestrone, dei panni stesi… mi manca quello. E poi mi manca il cielo. Sono queste le cose che mi mancano in assoluto, legate alla mia infanzia e alla mia giovinezza. Mi manca la famiglia e gli amici, che anche se ti li fai qui, non è la stessa cosa. Il semplice fatto di parlare in sardo con l’amico o andare al Poetto a scambiare due parole, insomma quasi sciocchezze. Si vive anche di gelati e cappuccini, poi ci sta spostarsi e crearsi la propria vita altrove ma ci saranno cose fondamentali che ti mancheranno sempre, e queste sono le mie.
Hai un sogno nel cassetto?(Ride) I miei cassetti sono talmente incasinati che non ne ho idea, ne ho tantissimi. Però il mio sogno del cassetto era quello di crearmi un posto mio, un posto dove poter stare bene, chiacchierare, e il mio negozio sta diventando proprio questo, un punto di socializzazione, e come dicevo per i danesi non è così semplice. In fondo ho chiamato il mio negozio “Piccola Così” perché è una pausa piccola così dallo stress quotidiano, dalla vita frenetica di questa città.